Deleuze – Come la mente diventa una natura umana

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Come la mente diventa una natura umana? si domanda Hume.
La mente non è una natura, non ha una natura […]. È una collezione di idee, non un sistema.
Sicché, la domanda precedente potrebbe essere riformulata così: come fa una collezione a diventare un sistema?
La collezione di idee si chiama immaginazione nella misura in cui designa non tanto una facoltà, ma un insieme, l’insieme delle cose, nel senso più vago del termine, che sono ciò che appaiono: collezione senza album, messinscena senza teatro, o anche flusso delle percezioni:

E non si fraintenda il paragone del teatro […], noi non abbiamo la più lontana nozione del posto dove queste scene vengono rappresentate, o del materiale di cui [la mente] è composta.
(Hume, Trattato sulla natura umana)

Il luogo non si distingue da ciò che ha luogo, la rappresentazione non ha luogo in un soggetto. In termini più precisi, la questione potrebbe anche essere questa: come la mente Klee-Engel-Pierrotdiventa un soggetto? come l’immaginazione diventa una facoltà?

Certo, Hume ripete costantemente che l’idea si trova nell‘immaginazione. Ma in questo caso la preposizione non designa l’inerenza a un soggetto qualsiasi, ma è utilizzata metaforicamente per escludere dalla mente in quanto tale un’attività diversa dal movimento dell’idea, per assicurare l’identità tra la mente e l’idea nella mente. Il che significa che l’immaginazione non è un fattore, un agente, una determinazione determinante; ma un luogo che si deve localizzare, cioè individuare, è qualcosa di determinabile.

Nulla si fa attraverso l’immaginazione, tutto si fa nell‘immaginazione. Non è nemmeno una facoltà di formare delle idee: la produzione dell’idea attraverso l’immaginazione non è che la riproduzione di un’impressione nell’immaginazione. Certo, l’immaginazione ha una sua attività; ma questa attività è senza costanza e senza uniformità, fantasiosa e delirante, è il movimento delle idee, l’insieme delle loro azioni e reazioni. […]

L’immaginazione non è una natura, ma una fantasia. La costanza e l’uniformità non si trovano nelle idee che io ho. Non più di quanto si trovino nella maniera in cui le idee sono collegate nell’immaginazione: questo collegamento avviene a caso. La generalità dell’idea non è un carattere dell’idea, non appartiene all’immaginazione: è un ruolo che ogni idea può svolgere sotto l’influsso di altri princìpi, non la natura di un tipo di idee.

E quali sono questi altri princìpi? Come l’immaginazione diventa una natura umana? La costanza e l’uniformità si trovano soltanto nella maniera in cui le idee sono associate nell’immaginazione. L’associazione secondo i suoi tre princìpi (contiguità, somiglianza e causalità) supera l’immaginazione, è qualcosa di diverso. Perché la affetta. Nell’immaginazione trova il suo correlativo e il suo oggetto, non la sua origine. L’associazione è una qualità che unisce le idee, non una qualità delle idee.

(Deleuze, Empirismo e soggettività)

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Uebermut
Klee – Esuberanza

È nell’ultimo «mese di gestazione» (quello passato nella Coscia di Zeus) che a Dioniso è data una mente umana. Dioniso, finché è nella pancia di Semele, non ha nessuna «umanità». La «mente umana» non è una facoltà naturale del nostro corpo «così come mamma l’ha fatto». Essa in origine è soltanto una «collezione di impressioni» patite – pure passività, esercizi di sola pazienza.
Dici il Dioniso «selvatico» dei Greci o dici il Gesù patibile dei manichei, di fatto non dici che quell’indeterminato linguaggio patetico che caratterizza «il fanciullo divino» fino allo svezzamento. Linguaggio capace di farsi scrivere addosso le sensazioni, capace di farsi appuntare e di registrare (in una memoria del tutto involontaria) le immagini che, nel bene o nel male, nel piacere o nel dolore, lo hanno impressionato.

Perciò, la domanda è: come fa ad attivarsi un’immaginazione che, di sua natura, è soltanto ricettiva? – nient’altro che un’ammucchiata di semi? Ti ricordi di Psiche? Se vuole ritrovare il suo «sposo» sconosciuto, deve mettere in ordine, sistemare e orientare, i chicchi che giacciono sparsi, senza tempo né luogo, in quel «posto» misterioso che è la sua mente ancora «non umanizzata».

Una collezione senza album – ecco cos’è l’immaginazione passiva: una raccolta di fotografie sparse alla rinfusa (questa e poi quest’altra … e poi ancora un’altra … e ancora mente-collezione… ancora …) in quel «non-dove» fascinoso che è la nostra, ancora disorientata, memoria: un insieme di impressioni disperse qua e là, per tutta la pazienza di cui è paziente la fantasia di un «bambinello», e per tutta l’eccitazione di cui si eccita quella strana «cosa» incomparabile coi nostri sentimenti adulti che è l’emozione infantile – libera di muoversi a suo gusto e piacimento da questa a quell’altra immagine, senza prendersi cura né darsi pensiero di nessuna di esse, pazziando a combinarle e scombinarle, ad associarle e dissociarle per vie imprevedibili, casuali, e perlopiù traverse, quando non innocentemente perverse.

Immaginazione passiva, dunque, e poi … (solo quando Dioniso ri-nasce per la seconda volta) Immaginazione attiva. O, come dice Hume, ciò che naturale non è [cioè, la «mente»], diventa poi, in un secondo momento, natura umana.
La mente, la mente che ancora non pensa, la mente che fantastica soltanto, la mente che registra, questa bene quell’altra male, le «scene» che l’hanno impressionata [Dioniso nel Grembo di Semele] – e poila mente costretta a pensare, la mente messa in agitazione e cogitazione, la mente che si riflette nelle «immagini» più impressionanti della sua «raccolta», la mente «stregata» dalla sua propria riflessione [Dioniso nella Coscia di Zeus, Dioniso allo specchio].

Ahi, Narciso! – tu, l’idea che «fa eco» fra te e la tua immagine riflessa, non la vedi. Tu, la distanza di tempo e di luogo, tu – la differenza fra te e la tua immagine, non la scopri finché un’«impressione» rimossa non ritorna.
Due tempi per una capriola: da immaginazione patetica a immaginazione poetica. O, forse, solo per un gioco di «ruoli», il gioco più umano, la pazziella che più «diverte» la natura umana – quella in cui a scambiarsi le parti in una reciproca fascinazione sono Dominazione e Amore.

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La parte che ogni immagine immagina di «recitare» in questa messinscena – la seduzione che ogni balocco esercita sulla fantasia dei bambini – è tutta la realtà che ci è dato incontrare sulla via dell’Uomo.
Ai nostri saggi occhi infantili, soltanto le «cose» che appaiono, solo i fenomeni, solamente le «apparizioni», sono. Solo quelle «cose» che li impressionano, sono. E tanto più sono, quanto più lasciano uno strascico, la coda (mozza) di un movimento, l’eco di un misterioso comandamento. Nulla, grazie a dio, vi è qui di oscuro, di profondo, di acque torbide. Tutto galleggia – dono della schiuma dell’onda, tutto trova posto in quelle (più che ermetiche) «scritture» che sono le impressioni di superficie, le epifanie, i miraggi, gli abbagli.

L’apparenza che s’imprime sui suoi occhi – questa è tutta la Realtà di Dioniso, finché Dioniso (nel Grembo di Semele) fantastica e registra frammenti di immagini di cui ha patito la Dominazione, frammenti di immagini che l’hanno messo in soggezione – tale e tanto fu lo stupore e/o il terrore che provò dinanzi alla loro evidenza.
Dioniso vide. Dioniso aveva visto. Dioniso continua a vedere, ma continua anche a non sapere che nelle vene di queste immagini scorre l’ardore di un divino Seduttore. Dioniso non immagina che quelle immagini vivono e seducono di luce propria, e che da sé esse si agitano e si cogitano, per vie sotterranee e sghembe, da un piano all’altro della surreal-bambino-ramo«collezione» che, intanto, si è scritta nei nervi delle sue fantasie.

Qualcuno (ma chi, se non l’Es, il Socio, il Padreterno o Sua Maestà?) ha messo in testa al «bambinello» certe strane idee.
Mannaggia a Lui. Gli ha infettato la «raccolta» di immagini suggestionanti. Gli ha suggerito il «modo» in cui ogni Psiche ha da ordinare le proprie fantasie, per assoggettarle alle «relazioni» sociali.
È così che si fa! vieni da questa parte! solo qui è possibile uno sbocco, un quando e un dove, per le tue utopie! Guarda quanti bei balocchi, dicono sottovoce i Titani al piccolo Dioniso. Su, prendine uno e fanne l’«oggetto» dei tuoi desideri!

Le «immagini», le «idee» non ci sono innate, vengono da fuori, dalla Tribù dei Titani in cui per caso siamo nati, cresciuti e pasciuti, vengono dal dialetto o, come qualche professore si compiacerebbe di dire a questo punto, dalla dialettica sociale.
Il Soggetto di quelle «immagini e/o idee», l’Assoggettato primo ai «miraggi» narcisistici, è Lui – il Socio che se le tramanda, la Macchina dei codici sociali che le registra a memoria – il SI fa così, il SI dice così, il SI che è divenuto ormai il nostro «istinto» – il Padreterno, il Fato, l’Onnipotente, chiamalo come ti pare e piace, è Lui il primo a credere in quelle «immagini e/o idee», ed è sempre Lui a pretendere la stessa credenza da ogni «bambinello» che viene alla luce. Il destino di Edipo non è forse già «segnato» dall’Oracolo, prima ancora che egli nasca?

Il Primo Soggetto è lo Stregato. È Lui, il Detto oracolare, che riproduce la diceria che lo ha stregato. E quanto più uno è bravo a riprodurla, quanta più arte ci sa mettere nella riproduzione di quelle «immagini e/o idee», tanto più s’illude d’essere lui lo Stregone di turno. E allora sì che si sente autorizzato a dire che queste meravigliose immagini, queste sublimi idee, queste libidinose trascendenze – ci sono innate. Lo dice e ne è così convinto che convince il «bambinello», gli mette in testa, gli appunta nel diario immaginale certe strane idee.

Stitched Panorama

Ma che cos’è, a questo punto, un’«idea»? Nient’altro, dice Hume, che un movimento tra le immagini, una movimentata relazione tra le impressioni che sono scritte nella «collezione» di una mente. Sono esse, le immagini, che da sé si muovono. Sono così cariche, a volte, di suggestione, così sottomesse a un’antica dominazione, che da sé tuttora si attraggono e/o si respingono dentro quella nebulosa ancora così vaga che è l’immaginazione infantile.

La stregoneria, d’accordo, funziona perché lo Stregone è il primo a crederci. Solo che a essere innati nel suo corpo «naturale» (è qui che lo Stregone si sbaglia!), non sono gli ideali che «legano», attraendole a sé, le immagini sparse.
Di «naturale», di «innato» ci sono solo dei movimenti linguistici. Movimenti abituali del nostro linguaggio naturale. Tendenze ad associare tra loro certe meteore vaganti per quella nebulosa che è la «collezione d’impressioni» nella mente del «bambinello».

Da un mucchio di fantasie Psiche deve selezionare i suoi chicchi. Ogni «bambinello» ha la sua propria selezione di fantasie e immagini. È con l’aiuto provvidenziale di una «formichina» comparsa da chissà dove, che le sceglie.
Di questo però, proprio perché la selezione è individuale, singolare, variabile da bambino a bambino, ed è tutta dovuta al caso dei suoi accidentali patimenti – di questo non si può fare scienza.
I princìpi invece, per cui le differenti immagini selezionate si associano tra loro, essi sì che possono essere «oggetto di scienza». Quali che siano i chicchi che ha ammassato Arp-sferaciascuno di noi nella sua immaginazione, la natura umana ha l’abitudine di associarli, metterli in ordine o in sequenza, e classificarli secondo somiglianza contiguità e causalità. Questi tre princìpi sono l’habitus con cui il linguaggio umano è abituato a «vestire» la scimmia che l’ha «partorito».

Il «bambinello» è già abituato, è naturalmente avvezzo a farsi impressionare da chi lo «nutre» di fantasie lassù, sulla Via Lattea. Ed è abituato ad associare le impressioni che patisce, dice Hume, secondo i tre princìpi di somiglianza, di contiguità e di causalità …
Il «bambinello» è già abituato a farsi portare su e giù per la sua collezione di immagini da certe strane cavalle quando, ecco, vede apparire le Sensuali, le Seducenti, le Figlie del Sole … e, miracolo!, ecco che un’antica impressione si riproduce nella nuova «evidenza»: la nuova si viene a scrivere sull’antica, e insieme l’antica riecheggia alla presenza d’una dominazione, l’antica risponde a una suggestione presente.

L’immaginazione fa così la sua prima esperienza, è allora che il «bambinello» fa l‘esperienza della sua vita – quando finalmente si attiva a fare quella che Kant chiama «la sintesi della riproduzione immaginale».
Questa sintesi [di due impressioni] è la prima «localizzazione» del non-dove fantasticato in una nebulosa d’immagini. Da questo momento in poi, si ha diritto a chiamarla come la chiama Kant: immaginazione empirica. Il che è come dire che l’immaginazione, adesso che ha fatto l‘esperienza di «sintetizzare» due distinte impressioni, ha un soggetto – adesso, è diventata l’immaginazione di un soggetto, a sua insaputa trascinato nei flussi delle molteplici passioni sociali. Ogni passione è un fatto sociale. Perciò, più si appassiona alle immagini della sua collezione, più il «bambinello» si socializza. Lui non lo sa, ma quelle immagini parlano il linguaggio del Socio.

Sicché, se qualcuno ancora è così appassionato che, la sua «identità», ancora si attarda a cercarla nelle oscure profondità della sua mente, è solo perché ancora crede d’esserne il sottoscritto, ancora vuole illudersi d’essere il soggetto a cui quella mente è innata, un «io-penso» in fondo a tutti i suoi pensieri. E così distratto, affatturato, tratto in inganno, Matta-arco-celestesedotto, spaventato, punito o premiato, perde di vista l’Evidente, il Socio, il Signore della Superficie, lo Stregone ai cui «codici» ha rimesso l’andamento (senza soggetto né oggetto) delle sue fantasie selvatiche e analfabete.

Non sono io lo Stregato. È semmai lo Stregato che diventa io. È l’Affascinato, il Sedotto che s’introna come «soggetto» nella collezione. È il Rintronato a farsi avanti e a dire: eccomi, io … il Seduttore!!!
Ma com’è potuto succedere? – questa è la domanda.
Per quanto suggestiva possa essere, nessuna immagine della raccolta ha, in sé, il potere di produrre questa metamorfosi nella mente del bambino, dove tra l’altro si è impressa a caso. Neanche se il diavolo gli consentirà di giacere con Elena, la Più Bella della Raccolta Immaginale, neanche allora Faust troverà in lei sola la ragione del suo antico mutamento.

È per sottrarlo alle grinfie di Mefistofele, che Hume lo avverte: non la singola immagine (fosse anche la più fascinosa) prenderai in esame, ma il «legame», la «relazione», l’«associazione», la «sintesi» di almeno due di esse. Questa fu la stregoneria che ti assoggettò a un «io»: «Elena e il Diavolo», eccoli i due cateti a cui il tuo «io» funge da ipotenusa.

Mio caro Faust, tu sei «quel diavolo di Elena» che ti agita e ti cogita nella mente. Sei quella «connessione» che mise in subbuglio la «collezione». Sei quel «movimento» tra impressioni e idee, che passò sì per la tua mente infantile, ma che da tempo immemorabile correva da un capo all’altro dell’Immaginazione Umana. Sei quell’«esperienza» che vivesti sovrascrivendo alla tua «privata» Beatrice la Donna Gentile. Sei quella «scossa» che prendesti a metterti tra le due. Una ti tirava di qua, e l’altra di là, ti ricordi? Comprendi? Sei quell’ambiguità relativa da cui la mente si tormentava a voler venire via. Sei il «soggetto» in cui essa, la Mente, beatificò la sua demenza. Il «burattino» che la Mente Sociale mandò a cercare una via di fuga da se stessa.

Gounod-Faust-Mefistofele-Elena

Perciò, al «bambinello» la Mente mise in testa certe strane idee e gli impose di ricordarle – perché si distraesse dalle sue individuali fantasie «incestuose», perché si tenesse alla larga dal «frutto proibito»: Elena è una diavoleria che nessun Faust deve più permettersi.
Questo è il chiodo della croce. Questa l’antica fissazione, il «centro fisso» dei movimenti immaginali e/o ideali che percorrono in lungo e in largo la Mente del SI, la Macchina Sociale, il suo Mito, la sua Storia, i «codici» dei suoi Desideri.

Il mucchio di «immagini e/o idee» che il «bambinello» ha raccolto, non è inerte. Quelle immagini, quelle memorie fantasiose, lui le ha prelevate da flussi d’immaginazione che orbitano intorno a un «centro di gravità» che è fuori di lui. Quelle idee non sono immobili, ma le attrae un «grave», le domina e le piega a sé la maestà di una Stella Nera, la Morte, che minaccia di fagocitarle nel suo arbitrio. Le «immagini e/o idee» trascinano, dunque, a sua insaputa il «bambinello» nei flussi sociali di paranoia e/o di desiderio, di repulsione e/o di attrazione. Sono esse, le «immagini e/o idee» che attivano la collezione immaginale in cui sono impressionate, che la sovvertono e la pervertono, che la scuotono e la mettono sottosopra.

Come? l’hai portato al cinema, e poi ti meravigli che il bambino è un po’ turbato …?