Un uomo aveva un nipote che era stupido: non capiva niente ma non aveva paura di nulla. Quell’uomo partì e lasciò detto al nipote che stesse attento ai ladri, che non portassero via la roba di casa. E lui: «Che sono questi ladri? Che cos’è questa roba di casa? Io non ho paura di niente».
Vengono i ladri, gli dicono: «Cosa fai qui, ragazzo? Noi dobbiamo rubare».
«E be’, e con ciò? E rubate pure, chi ve lo impedisce? Credete che io abbia paura?», e li lasciò rubare tutto.
Torna lo zio e vede la casa svaligiata. Dice al nipote: «Hai fatto venire i ladri?».
«Io? Io ero qui sulla porta. Sono venuti i ladri. Hanno detto: “Cosa fai qui? Dobbiamo rubare”. “E chi ve lo impedisce – gli ho detto – guarda che tipi” e loro hanno rubato. Io non c’entro».
L’uomo pensò che aveva un fratello prete, che avrebbe potuto educarlo meglio. «Devi andare da tuo zio prete», gli disse.
«Che cos’è questo zio prete? io non conosco zii preti, io non conosco nessuno, se vogliamo andare dallo zio prete su, andiamoci!».
Lo zio prete la prima sera gli disse: «Stasera devi andare a spegnere i lumi in chiesa».
E il nipote: «Cosa sono questi lumi? che cos’è questa chiesa? Io non conosco lumi, io non conosco chiesa; andrò dove volete non ho paura di niente».
Lo zio aveva detto al sacrestano che mentre il nipote spegneva i lumi calasse un corbello pieno di candele accese e dicesse: «Chi vuole vedere il Regno dei Cieli, venga qui dentro».
Il nipote vede il corbello, sente la voce e dice: «Che cieli, che cieli, io non conosco cieli, aspettatemi che vengo».
Prende un coltello e taglia la fune. Il sacrestano tira e gli rimane la fune in mano.
La sera dopo lo zio prete comandò al sacrestano che si mettesse in una bara e si fingesse morto per poi far paura al nipote. «Questa sera vai a vegliare un morto», disse al ragazzo.
«Che cos’è questo morto? Che cos’è questo vegliare? Io andrò in tutti i posti». E andò in chiesa a vegliare il morto.
C’era un lumicino fioco fioco vicino al morto, e tutto il resto buio. Il morto comincia ad alzare una gamba. Il ragazzo lo guarda e non si fa né in qua né in là.
Il morto alza la testa, e il ragazzo sbadiglia. Allora il morto dice: «Ehi tu! sono vivo ancora!».
Il ragazzo dice: «Se sei vivo, morirai ora». Prende uno spegnitoio, glielo dà sulla testa e l’ammazza. Torna dallo zio prete e gli dice: «Sai, quel morto, non aveva finito di morire, e l’ho finito io».
(Calvino, Fiabe italiane: 80)