Un ragazzo e sua sorella vivevano con la nonna.
Un giorno questa li mandò a portare un po’ di cibo a un vecchio loro vicino, e il vecchio raccontò ai fanciulli una storia in cui la nonna, quando gliela riferirono, credette di riconoscere una avance dissimulata.
Fingendo di essere indignata, si precipitò dal vicino – ma fu lei a prendere l’iniziativa dei rapporti amorosi. Al ritorno, anche per spiegare il disordine del suo abbigliamento, sostenne di essersi ferita.
Dopo vari episodi simili a questo, i ragazzi scoprirono la sua cattiva condotta e ne furono profondamente impressionati; decisero perciò di fuggire.
La lesina, di cui avevano sollecitato l’aiuto, dapprima prese le loro difese di fronte alla nonna, ma alla fine li tradì. La vecchia si lanciò al loro inseguimento e venne a sapere da vari indizi che erano diventati coniugi incestuosi. Effettivamente essi erano cresciuti, e si erano sposati; ebbero anche un figlio, e nei suoi confronti si dimostrarono genitori esemplari.
Trasformata in un’orsa feroce, la nonna sorprese il nipote in cerca di spiriti tutelari durante l’isolamento rituale e lo uccise. La giovane vedova vendicò il marito facendo perire l’assassina. Poi volle morire anche lei insieme al figlio; ma il bambino fu salvato da Gmukamps (Kmúkamch) che lo adottò e lo chiamò Aisis (Aishísh).
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Diversa all’inizio, questa versione si ricollega assai presto al racconto Klamath sulle gesta di Aishísh, in cui la nonna, irritata per l’uccisione della figlia a opera dei nipoti e informata dalla lesina, li insegue prendendo l’aspetto di un’orsa. È chiaro dunque che differiscono soltanto le ouverture; esse sono costituite, nel primo caso dall’episodio della nonna libertina, nell’altro dalla storia della Donna Colimbo.
Sia in forma indipendente, sia ricollegandosi ad altri racconti, la storia della nonna libertina occupa un posto considerevole nei miti delle popolazioni del West e del Nord. La sua area di diffusione si estende anche verso oriente e verso sud. Un’analisi esauriente di tutte le versioni conosciute esigerebbe perciò un lavoro considerevole.
Noi ci limiteremo a distinguere le tre forme che può assumere il medesimo racconto, a seconda della regione considerata. Per maggior chiarezza, daremo a ognuno dei tre tipi un titolo convenzionale: 1) il vicino provocatore; 2) il pene del grizzly; 3) la nonna incestuosa.
La versione Klamath qui riferita offriva già un esempio del primo tipo. Ne presenteremo ora un’altra, molto più ricca, proveniente da un gruppo Sahaptin del nord-ovest in un territorio a non più di trecento chilometri dalla regione Klamath.
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Klikitat – La nonna libertina
Il giovane Lince viveva con la nonna. Un giorno essa lo mandò da un vecchio loro vicino, per sapere in che mese si fosse e quando sarebbe venuta la primavera. «Dille – ribatté il vecchio – che questo mese si chiama: si fotte – fotte – fotte».
Umiliato da una risposta così volgare, il ragazzo fuggì via piangendo e riferì il messaggio. La nonna fece finta di arrabbiarsi, si mise i vestiti migliori e disse che andava a rimproverare il vicino.
Non appena fu arrivata, il vecchio senza neanche ascoltarla la invitò a montargli addosso, e lei acconsentì. La nonna aveva avvertito il nipote che, mentre lei dava una lezione a quello screanzato, si sarebbero sentiti rumori di ogni genere. Ma dalla capanna usciva un tal frastuono che egli accorse e sorprese la nonna in una posa indecente.
Disgustato da quello spettacolo, il giovane spalmò di resina la capanna e le diede fuoco. Se ne andò, solo quando sentì che la vescica della nonna scoppiava al calore dell’incendio.
Strada facendo, trovò un bel pezzo di carne cotta e se la mangiò. Poi volle bere l’acqua di un ruscello vicino ma, con sua grande sorpresa, gli uscirono dagli alveoli tutti i denti e caddero nell’acqua. Il giovane li raccolse, ne fece un pacchetto e se ne andò.
A forza di camminare arrivò da un’Orsa Grizzly che lo chiamò suo sposo e gli chiese i denti in cambio dei suoi che erano molto grossi; l’eroe acconsentì e se li inserì nelle gengive.
Il giorno dopo, arrivò da un’Orsa di un’altra specie, e anche questa gli si offrì in sposa. Ma prima ancora di potersi coricare, videro arrivare la moglie Grizzly che voleva restituire all’eroe i suoi denti.
La seconda moglie-orsa desiderò subito averli e li ottenne in cambio dei suoi. La stessa cosa si verificò l’indomani presso una Donna Puma, con l’irruzione di Orsa che veniva a restituire i denti avuti il giorno prima, e poi presso una Donna Lontra, con l’arrivo precipitoso della Donna Puma per restituire il solito prestito.
Alla fine l’eroe incontrò cinque sorelle Topi, graziose e bianche, e le sposò. Sopraggiunse Lontra e rese all’eroe i suoi denti reclamando i propri; ma quelli che il giovane le restituì erano in realtà i primi ricevuti, cioè quelli dell’Orsa Grizzly. Temendo la collera dell’orchessa offesa, i Topi si misero a scavare un sotterraneo per fuggire insieme al marito.
Nel frattempo l’Orsa Grizzly dava la caccia alle altre spose animali. Non trovò la seconda Orsa che prudentemente era andata a fare il bagno nel fiume, ma uccise le altre mogli. Attaccò poi le mogli Topi e le uccise una dopo l’altra. Prima di soccombere, ognuna affidava l’eroe a quella che la precedeva nel sotterraneo. La più giovane, che era la capofila, riuscì a scappare con lui.
Sfinita per la fatica, il caldo e la sete, l’Orsa Grizzly si volle rinfrescare nell’acqua di un lago, e qui ella scorse il riflesso delle due vittime a cui dava la caccia. Ne dedusse che si fossero rifugiati sul fondo, ma in realtà essi erano riusciti ad arrampicarsi molto in alto salendo verso il cielo, e si prendevano gioco di lei.
Furono però tanto imprudenti da permettere all’Orsa di raggiungerli e là, col pretesto di spidocchiarsi reciprocamente, essa li uccise e gettò nell’acqua i loro cadaveri.
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In quanto al secondo tipo (il pene del grizzly), ecco quest’altro racconto:
Sahaptin del fiume Cowlitz – La nonna libertina
Incaricato dalla nonna di raccogliere le ghiande, Procione-Lavatore lascia cadere il secchio, le ghiande raccolte si spargono tutto intorno, ed egli le mangia sul posto. Al suo ritorno riceve una severa punizione che lo lascia tutto ammaccato e privo di sensi. Quando rinviene se ne va tutto solo a pescare e a mangiare i granchi lungo un corso d’acqua.
Un orso grizzly lo chiama dall’altra riva e gli chiede dov’è il guado. «Dove ti si apre il culo per scorreggiare!», risponde il ragazzo. Il grizzly infuriato traversa il fiume a nuoto, si getta su quell’insolente e lo inghiotte tutto intero. Ma questi gli conficca nel cuore un coltello di pietra che porta con sé e scappa attraverso l’ano. L’orso divora il suo avversario varie volte di seguito con lo stesso risultato e alla fine soccombe.
Procione-Lavatore ritorna dalla nonna e si vanta della sua impresa. Vanno insieme a scuoiare e a squartare il mostro ma, quando si tratta di portar via la carne, la nonna scarta uno dopo l’altro tutti i pezzi tranne quello in cui si trova il pene. Ma sembra indugiare per la strada e l’eroe torna sui suoi passi per aiutarla. La sorprende in una «stufa» vuota, tutta intenta a masturbarsi col pezzo di orso che avrebbe dovuto portare. Il ragazzo le somministra un sacco di botte.
La vecchia chiama i figli del fratello, che sono anatre e vivono dall’altra parte del fiume, perché vengano a prenderla con la loro piroga. Ma invece di salire, essa si trasforma diverse volte di seguito in un sasso pieno di anfrattuosità finché i nipoti, spazientiti, ci infilano dentro un bastone; questo la fa starnutire. Alla fine si decide e appena arrivata accusa l’altro suo nipote di averla brutalizzata.
Si cerca il colpevole, occupatissimo a far seccare tutta la sua carne, e lo si costringe a fornire delle spiegazioni. Il ragazzo denuncia la condotta della nonna e distribuisce la carne agli zii. Così riforniti, essi lo approvano per quello che ha fatto.
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La risposta volgare che Procione-Lavatore dà alla domanda di orso grizzly: «dov’è il guado?», traspone evidentemente in termini spaziali quella che il vecchio del racconto Klamath dà al ragazzo che vorrebbe sapere in che momento dell’anno siamo e quando arriverà la primavera, la stagione attraverso la quale si passa più facilmente quasi fosse anch’essa un guado.
Nel primo caso la provocazione nasconde una bramosia di ordine alimentare, nell’altro una concupiscenza sessuale; la prima volta si riferisce all’ano che si apre per emettere gas, la seconda alla vagina che si apre per ammettere il pene. Il sasso che starnutisce prefigura, con un’inversione dello stesso tipo, quell’incesto fra la stessa nonna e il nipote presente in altre versioni (del terzo tipo).
Parimenti, la traversata sotterranea dell’eroe Klikitat guidato dai topi – una fuga che non gli consente di salvarsi dal grizzly omicida – fa da pendant alla traversata che egli compie quando cerca di uccidere lo stesso orco passando dal suo corpo per quell’altra galleria che è il tubo digerente.
È chiaro che i miti giocano costantemente sull’ambiguità del concetto di consumazione, considerata ora in senso proprio e alimentare, ora in senso figurato e sessuale; questo risulta con piena evidenza nel rimprovero rivolto dall’eroe alla nonna in una versione Salish, quando il ragazzo la sorprende nei suoi giochi illeciti con l’unico pezzo di carne che aveva acconsentito a portare: «È fatto – le dice – per essere mangiato e non per essere sposato!». Al che la vecchia risponde: «Dovevo pur servirmene, dal momento che tu rifiuti di giacere con me!». E l’eroe a ribattere prontamente: «Nonna! Ho fame!», sottintendendo un appetito di ordine sessuale che inverte la consumazione alimentare della vulva della nonna.
Ora, questa battuta ci conduce alla terza delle tre forme annunciate.
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Clackmas (Chinook) – La nonna libertina
Non avendo più niente da mangiare, la nonna paterna di Scricciolo mandò il nipote a caccia. Mediante richiami magici, questi fece apparire degli animali, uno più grosso dell’altro. Quando si presentò il cervo, egli lo uccise passando varie volte attraverso il suo corpo dall’ano alla bocca e viceversa, ogni volta strappandogli il grasso intorno al cuore. Quando fu il momento di trasportare la carne, la nonna accettò di prendere soltanto la parte posteriore e, non appena fu sola, ci si mise sopra per copulare.
Scricciolo la sorprese e la strappò alla sua occupazione; tornarono a casa insieme, pranzarono e si distesero ai due lati del focolare. Il ragazzo si mise a sognare a voce alta: «Ah! se almeno una donna Klamath venisse a giacere con me!…». «Ma il mio corpo è per metà Klamath», dichiarò la nonna, e inforcò il nipote.
Ma subito dopo sentirono un rumore di pagaie. Si separarono a malincuore e il ragazzo andò incontro ai viaggiatori per conoscere le ultime novità. «Oh! – dissero quelli – si racconta che Scricciolo e la nonna hanno fatto l’amore insieme…».
Pieno di vergogna e di rabbia per essere stato scoperto, il ragazzo tornò nella capanna, avvolse la nonna nella pelle del cervo e la gettò nell’acqua. Il cadavere fu ripescato molto distante da lì, verso la foce, e fu riconosciuto.
Tre sciamani si misero all’opera per risuscitarlo, ma soltanto l’ultimo ci riuscì. Egli riuscì anche a liberare la vecchia dalla sua pelle rugosa insieme alla pelle di cervo con cui si era ormai fusa, ma non gli fu possibile restituirle i denti. Finché teneva la bocca chiusa, la vecchia aveva l’aspetto di una ragazza giovane e bella. La proposero in matrimonio a Scricciolo; questi la vide, gli piacque e la sposò.
Gli avevano anche raccomandato di portare la pelle di cervo dovunque andasse insieme alla moglie, e lei stava attenta a non mettere in mostra le gengive, ma un giorno che Scricciolo le faceva il solletico troppo da vicino, non poté resistere e aprì la bocca.
Immediatamente la spoglia del cervo le saltò addosso e la ricoprì come una pelle rugosa. Il ragazzo riconobbe la nonna: «Si sono fatti beffe di me», disse, e la gettò nell’acqua una seconda volta.
Invano tentarono di risuscitarla ancora.
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[…] Si sarà notato che tutte le versioni si concludono col tema dell’invecchiamento prematuro o con l’impossibilità di risuscitare i morti.
Quando abbiamo discusso il tema della vita breve nei miti sudamericani, abbiamo constatato che esso veniva sviluppato sia sotto forma di impossibilità al ringiovanimento o alla risurrezione, sia nella forma, complementare alla prima, di una senilità precoce.
I miti nordamericani del ciclo della nonna libertina conservazione questa distinzione; infatti nel primo tipo (quello del vicino provocatore) un eroe giovanissimo perde d’improvviso tutti i denti e diventa perciò un vecchio precoce, mentre nel terzo tipo (quello della nonna incestuosa) la decrepita eroina riesce a eliminare le rughe, ma neppure i più celebri sciamani sono in grado di restituirle i denti e questa carenza è responsabile di una seconda morte, oltre la quale non c’è più risurrezione.
Il fatto che la caduta dei denti fornisca la prova della senilità precoce o della risurrezione impossibile si ricollega a una mitologia che ruota, come avviene nell’America tropicale, sull’opposizione tra gli occhi inamovibili per natura e gli escrementi amovibili per destinazione. Non ci si può impunemente separare dai primi, mentre gli altri devono essere evacuati a intervalli regolari.
I denti occupano una posizione intermedia fra gli occhi inseparabili e gli escrementi separabili; l’invecchiamento separa a poco a poco l’uomo dalla sua dentatura, benché essa appaia come parte integrante del suo corpo con le stesse prerogative degli occhi.
In quanto espressione negativa della periodicità che presiede alla vita umana, il dente inverte anche il feto, separabile dal corpo a cui sembrava appartenere e perciò è da considerarsi come un altro esempio della medesima periodicità, ma questa volta connotata positivamente, essendo il feto garanzia della continuità della specie. […]
I miti sudamericani associano l’origine della vita breve all’introduzione delle piante coltivate, a sua volta funzione positiva dell’unione di una stella con un mortale che colloca sull’asse cosmologico dell’alto e del basso.
Le tribù nordamericane che raccontano la storia della nonna libertina non coltivano la terra. Ma i loro miti evocano l’unione di una nonna e di un nipote – unione che si colloca sempre sull’asse dell’alto e del basso, questa volta di tipo genealogico – per trarne conseguenze fortemente privative: proibizione dell’incesto, che inaugura la vita in società, e perdita di una caccia miracolosa condotta con mezzi naturali da cui risulta quella caccia faticosa che costituisce l’unico modo con gli uomini giunti allo stato di cultura potranno praticarla. […]
Fra miti settentrionali e meridionali sulla vita breve sono possibili altri accostamenti tanto più significativi in quanto non interessano soltanto il messaggio, ma evidenziano certe proprietà comuni della loro ossatura.
Dobbiamo a questo punto riprendere dettagliatamente l’episodio durante il quale l’eroe scambia successivamente i propri denti con diverse spose animali. Nonostante l’artificiosità dello svolgimento, questo episodio presenta una logica indiscutibile nella costruzione e i miti dei due emisferi ne rispettano scrupolosamente lo schema.
Così gli Apinayé raccontano che, per evitare che l’umanità sia in futuro afflitta dalla vita breve in cambio del fuoco di cucina che le concede il giaguaro, è necessario che l’eroe [Botoque], nel sentire tre diversi richiami, risponda soltanto ai primi due, provenienti dalla pietra e dal legno duro, ma non al «richiamo sommesso» del legno putrido.
Troviamo quindi, anche qui, tre prove successive della stessa natura, distinte solo dall’intensità acustica di ognuna di esse. Alle tre prove se ne aggiunge poi una quarta: l’eroe deve affrontare un orco che riesce a sorprenderlo avendo assunto l’aspetto di suo padre; ma egli riesce a fuggire con uno stratagemma. […]
Anche nel mito nordamericano riguardante la vita breve si presenta esattamente la stessa costruzione, con l’unica differenza che la quarta e ultima prova del mito sudamericano [sbarazzarsi dell’orco] diventa in esso la prima [sfuggire all’orchessa libidinosa]. Ma esaminiamo la questione più da vicino.
Dopo aver perduto tutti i denti ed essere diventato un vecchio votato a una morte imminente, l’eroe ritrova gli attributi della giovinezza ottenendo una dentatura sostitutiva: scambia i propri denti, raccolti con ogni cura dal fondo dell’acqua dov’erano caduti, con una donna Grizzly che diviene sua sposa.
Ora, noi sappiamo chi è questa donna o, per essere più precisi, che funzione abbia all’interno del gruppo: essa è l’equivalente della nonna che, in alcuni casi, uccide il nipote e si trasforma in grizzly, in altri casi – e allora la metafora sostituisce la metonimia – si comporta come un’orsa grizzly in quanto copula con la parte posteriore di un maschio.
In quanto alle altre tre prove, la terza si conclude sempre con un mezzo fallimento. Nel racconto Apinayé l’eroe commette l’errore di rispondere al richiamo del legno putrido nonostante le raccomandazioni del giaguaro e determina così l’apparizione della vita.
Nel racconto Klikitat riesce quasi a tenere i denti di grizzly al posto dei suoi; infatti se li inserisce nelle gengive fin dall’inizio e può quindi ottenere senza difficoltà i denti delle altre spose animali in cambio dei suoi divenuti disponibili per essere rifilati a ogni nuova compagna non appena la precedente li abbia restituiti. Commette però un fatale errore al momento dell’ultima transazione: in cambio dei propri denti, che essa gli riporta, egli consegna alla sposa Lontra i denti di Grizzly. Qual è il significato dell’intero episodio?
Il mito fissa questa differenza fra le altre esistenti tra gli uomini e gli animali: i primi perdono i denti invecchiando, i secondi no. In altre parole, gli esseri umani invecchiano, mentre gli animali rimangono giovani fino alla morte. Diventato vecchi anzitempo, l’eroe cerca, attraverso l’acquisizione di denti d’animale, non soltanto di ritrovare la propria integrità fisica, ma di garantirsi una lunga giovinezza.
Fallisce nel suo intento per due motivi. Prima di tutto egli compie le sue transazioni successive con animali sempre più modesti e più vicini all’uomo per il regime alimentare. Se la lontra appare alla fine della serie, la ragione non è dovuta soltanto alle sue dimensioni ridotte e alla sua indole pacifica, ma anche al fatto che essa si nutre di pesci, alimento principale per le tribù che possedevano o frequentavano le grandi stazioni di pesca sul fiume Columbia.
In secondo luogo, avendo inavvedutamente restituito i denti di grizzly in cambio dei suoi, l’eroe rimane, se così possiamo dire, con un palmo di naso e la sua speranza di lunga vita è spenta per sempre.
Noteremo rapidamente la simmetria di questo simbolismo rispetto a quello che prediligono i miti sudamericani sulla vita breve. L’invecchiamento ci sarebbe stato risparmiato, se gli uomini avessero potuto imitare quegli animali – come i rettili o gli insetti – che riescono a rimanere giovani perdendo la vecchia pelle. In quelli del Nordamerica invece la lunga giovinezza risulterebbe, ove fosse possibile, dall’imitazione di animali che, a differenza degli esseri umani, non perdono i denti vecchi.
(Lévi-Strauss, L’uomo nudo)