Deleuze – Il potere del viso

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Il problema che ci poniamo fin dall’inizio del nostro corso è di tentare di comprendere come si costituisce e come funziona un tipo di potere particolare: il potere del viso.
Una società non funziona solo col manganello di un poliziotto. Bisogna essere cretini a crederlo. Funziona anche con un viso di fondo, funziona anche con un viso d’insegnante. I bambini alla scuola materna dicono: «La maestra mi ha guardato». C’è un potere in quel viso.
Non intendiamo dire che il potere si genera a partire dal viso, ma che il viso o la viseità è presa nei sistemi di potere. Non bisogna perciò analizzarla per forza, si potrebbe anche parlare d’altro; e se la si analizza, bisogna analizzarla come un pezzo in certi meccanismi di potere.

Viso o viseità. I visi dei poliziotti non sono solo sopra i loro manganelli, non sono solo per la strada. Non occorre che ci sia [fisicamente] un maestro. C’è comunque una presenza. In questo senso usiamo la parola viseità. Non è metafisica.
Che cos’è? Serve a indicare che non occorre neanche che il viso sia presente in carne e ossa. La maestra può anche andarsene dalla scuola. Ci sarà lo stesso un qualcosa, un Royer-visoingranaggio di potere che non ha bisogno di essere incarnato attualmente. Se domandiamo se funziona come un Super-io, alcuni psicoanalisti diranno di sì. Noi invece pensiamo che nozioni come il Super-io non valgano nulla e che gli ingranaggi di potere non funzionino così. Ma com’è che funzionano?
Se poi ci viene chiesto a cosa porta tutto questo, ecco: alla scelta. A farli funzionare, a farli disfunzionare. Ad analizzare i rapporti di forza che si stabiliscono in una sala come questa, e non solo quelli. Tutto questo, come si dice, è politica.

Sia in Lacan che in Sartre, anche se in due modi molto diversi, le storie dei visi e degli sguardi sono situate in funzione, e, aggiungo, molto attivamente, di una certa posizione e di un certo problema della soggettività. Direi quasi che noi vorremmo fare il contrario e che, se scopriamo dei processi di soggettivazione, devono essere in funzione del viso, e non deve essere il viso rapportato a delle funzioni del soggetto.
In Sartre è evidente: tutta la teoria dello sguardo è al servizio della concezione sartriana del cogito. In Lacan, tutta la teoria esposta nel saggio sullo Stadio dello specchio, mi sembra implicare (lo dico male, in modo rudimentale) una specie di raccolta dell’immagine che raggruppa l’immagine affinché alla fine essa sia messa in rapporto tra l’ordine detto simbolico, quello che Lacan chiama «ordine simbolico», e un soggetto scisso nell’ordine simbolico.

Perché noi abbiamo un problema differente?
Perché quello che grossomodo ci interessa sono i rapporti della viseità e del potere, e non i rapporti del viso o dello sguardo con un soggetto, in qualsiasi modo lo si concepisca.
Cosa significa il problema dei rapporti viso-potere? Significa parlare, come intendo fare ora, del ruolo e della funzione del viso negli apparati di potere. Una volta dunque detto che gli apparati di potere non sono riducibili a un’unità, provo a esporre ora i miei pensieri in disordine.

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Il potere politico è il viso del capo. A un tratto il capo non è più solo il nome del capo, c’è tutto un ruolo del manifesto, del ritratto. C’è tutta una storia del ritratto: la pittura. Se è complice degli apparati di potere, la pittura (sia pure a modo suo, quando per esempio si tratta di Goya o di Velasquez), la pittura in quanto tale, se ha una funzione, è fare il ritratto, il ritratto del re, il ritratto del capo. Oggi si ricorre alla fotografia.
Possiamo sbarazzarci di tutto questo dicendo che sono fenomeni ideologici? L’ideologia è un concetto molto brutto, non perché designa dei fenomeni d’illusione, ma perché è il concetto di ideologia che è assolutamente falso. Non esiste l’ideologia. Esistono dei pezzi nelle organizzazioni di potere.
Dunque il viso del capo, la viseità politica, forse è un pezzo nell’apparato di potere politico.

Secondo esempio: il potere passionale.
Se c’è un potere della politica, c’è anche un potere della passione. È persino un tema classico.
Il potere passionale è il viso dell’amata.
Quando si è realizzato questo? Non è affatto scontato. Quando il viso dell’amata prende realmente l’aspetto di un pezzo in un apparato di potere, il potere-passione? Quando Cheney-diva-mutoavviene questo?
A grandi linee, forse ci sono dei precedenti… dalle parti dell’amor cortese. È lì che il viso dell’amata assume un ruolo, tra l’XI e il XIII secolo. Sembra davvero una botta di follia. Si può dire che sorge qualcosa di nuovo.
Dunque questa è la seconda forma di viseità: il viso dell’amata.

Poi c’è il tema che è diventato un luogo comune della psicologia, della psicologia neonatale, e cioè la reazione del neonato al viso della madre. È curioso: non si dice allo sguardo.
È sempre il tema del viso materno: il neonato che si allatta o che viene allattato reagisce al viso della mamma. Il potere familiare e il viso della mamma. Ecco una terza forma di viseità, o un terzo caso di viseità.

Uno specialista della questione è un pediatra, psicoanalista, che si chiama Spitz. Ha mostrato l’importanza di una malattia alla quale attribuisce un valore determinante nella generazione di certi fenomeni schizofrenici nel bambino: il bambino, privato del viso materno, reagisce con una curiosa malattia, con turbe di tipo schizoide.

Potremmo aggiungere il viso della star. Curioso, il viso della star. Bisognerebbe che qualcuno che conosce la storia del cinema si domandasse per esempio questa cosa che dev’essere molto interessante.
Che ruolo ha avuto il viso della diva nel cinema muto? E con l’avvento del sonoro, è cambiato qualcosa nella funzione di viseità a livello del viso della star? La voce ha avuto il ruolo che si crede all’inizio del parlato? Ha sicuramente avuto un ruolo, ma forse non è quello che si potrebbe credere. L’individuazione della star, quando nasce il parlato, si fa attraverso la voce o no? La funzione di viseità si esplicita allo stesso modo nella star del muto e in quella del parlato?

Allora, supponiamo che queste funzioni di viseità, che queste viseità appartengano agli apparati di potere e si distribuiscano in essi con funzioni diverse e forse anche con figure Marilyn-Monroe-bndiverse.
Arrischiamo un piccolo legame verbale con alcune cose precedenti. Il viso non sarà una delle forme chiave? Ma quali forme? Una delle forme chiave della ridondanza? O, parlando meglio, il viso non sarà un nodo di arborescenza? E per entrare nei rizomi non bisogna disfare il viso? E, ancora, cosa significa disfare il viso?
Bene. È solo una domanda così, un punto di riferimento per dirci che forse più avanti ritroveremo delle cose.

Proviamo a dirlo in modo più preciso. Supponiamo che il potere necessiti, che i poteri necessitino, di produrre del viso. C’è della produzione di viso. Quando pensiamo a una storia come l’avvento di Hitler, perché Hitler e non lo Stato Maggiore che era pronto a prendere il potere? Perché Hitler? Cosa ha giocato a livello di micropolitica?
Ci sono stati dei tratti di viseità che hanno fatto ridondanza, risonanza con delle determinazioni politiche e delle determinazioni economiche. Per questo siamo ben lungi dalla semplice ideologia. Cosa ha fatto sì che il viso di Hitler fosse letteralmente pagante, non illusorio, non ideologico, ma redditizio e pagante?

C’è un’economia della viseità. È solo uno schema, non dico che stiamo dando la risposta. Cerchiamo di avanzare su questo tema: da dove viene il legame tra potere e viseità? Ancora una volta non fateci dire che la viseità è alla fonte del potere. Sarebbe un’idiozia che ricondurrebbe tutto alla psicologia o a non so cosa.
La viseità ha il suo posto come un pezzo negli apparati di potere. Da dove viene questo legame? Di sicuro non è un legame genetico. Di nuovo non diciamo: il potere deriva da un viso che s’impone. Non è affatto questo. Da dove viene quindi il rapporto intimo viseità-apparati di potere?

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Possiamo concepire dei sistemi dove non appare. Immaginiamo… procediamo per esperienza immaginativa, è la cosa migliore perché è sempre così che si fanno variare le cose. Ci sono delle semiotiche. Il viso fa ovviamente parte di una semiotica. Il viso, la viseità è una semiotica del potere, o fa parte di certe semiotiche del potere. Ci sono delle semiotiche che non passano per la viseità. La maschera è una nozione molto complicata perché bisogna fare per la maschera quello che Lévi-Strauss fece per il totemismo, e cioè a dire che la maschera è un falso concetto. C’è una tale molteplicità delle funzioni di maschera che parlare della maschera equivale a non dire niente. Ma ci sono casi in cui la maschera, lungi dall’essere un fenomeno di viseità, è al contrario un fenomeno il cui compito è fare della testa una vera funzione del corpo, e cioè scongiurare tutti i rischi di un’autonomia della viseità.

Questo ci fa andare un po’ avanti.
In altre semiotiche di potere, in altri sistemi, ci sarà invece bisogno di un’autonomia della viseità. A beneficio di chi, e perché?
Ogni volta che una semiotica di potere avrà tendenza a negare o a sopprimere i riferimenti di corporeità, le coordinate di corporeità, avrà al tempo stesso la tendenza a donna-nera-erosionesostituire le semiotiche di corporeità con semiotiche di tutt’altra natura: di viseità.

Prendiamo quelli che, senza cercare nomi complessi, chiamiamo i primitivi, oppure, visto che è una parola comoda se cerchiamo di toglierle l’aspetto evoluzionista, chiamiamole per ora senza neanche giustificarci, semiotiche presignificanti. Semiotiche primitive.
Cosa succede nelle semiotiche primitive?
Succede che tutte le componenti si intrecciano tra loro, non si lasciano mai dominare da un Significante, e perciò possiamo chiamarle presignificanti: non si distribuiscono secondo delle catene significanti, ma rinviano simultaneamente a componenti gestuali, ritmiche, orali (che non significa componenti del viso: la bocca come cavità non è il viso).

Se cercassi di caratterizzare le semiotiche presignificanti, di dar loro certi caratteri, direi: corporeità, anche nei loro apparati di potere; animalità, rapporto intimo con dei divenire-animale; collettività delle enunciazioni; carattere collettivo degli enunciati. Nel contempo, queste semiotiche sono fortemente territorializzate. Gli apparati di potere primitivi sono fortemente territorializzati.
Ripeto alla rinfusa: corporeità, animalità, collettività, territorializzazione.

Dunque, ecco la nostra ipotesi.
Al contrario di quanto avviene nelle semiotiche di corporeità, o negli apparati di potere corporali di tipo primitivo o presignificante, la viseità diventa, o diventerebbe (è un’ipotesi che avanziamo senza capire dove ci porta: per ora va bene così), un elemento chiave degli apparati di potere, quando gli apparati di potere si s-corporano, diventano astratti, si de-territorializzano, e si fa quindi una ri-territorializzazione sul viso. Ci si ri-territorializza sul viso, sul viso del capo… su quello della star (hai visto Greta Garbo?).
Oh, siamo molto lontani dai problemi di sguardo, dagli occhiali neri, dai buchi di Greta Garbo…

Cosa vorrebbe dire questa ipotesi?
Magari scopriremo che è falsa. Mi stupirebbe, non è possibile. O scopriremo che è vera, nubiane-dancing-ZRTma per ragioni che ancora ignoriamo. È sicuramente vera, non può essere falsa.
Allora, questo a cosa ci porta?
A dire una cosa molto semplice. E cioè che, quando i codici primitivi si spezzano, quando crollano, quando i codici presignificanti, con la loro polivocità, con il loro misto di componenti gestuali, ritmiche, corporali, animali, territorializzate, ecc., quando avviene questo crollo, in breve quando scompaiono i selvaggi a vantaggio dei grandi Imperi, a vantaggio di tutto ciò che volete: della feudalità, di certe forme di feudalità africane, asiatiche, a vantaggio in seguito del capitalismo, ecc. – ebbene, la sessualità, o perfino i fenomeni di desiderio in generale, hanno subito una vasta decodificazione. Sono stati letteralmente decodificati [scippati al loro vecchio codice]. Trovavano il loro codice nella semiotica presignificante. Le donne, il carattere collettivo del matrimonio, i figli… tutto era ben situato, anzi era situato. Ma poi è stata fatta una decodificazione del desiderio, della sessualità, delle donne, dei bambini. Flussi di donne, flussi di bambini sono stati così decodificati.

La nostra ipotesi consiste solo nel dire questo: la viseità è ciò che è sorto come mezzo per surcodificare. Non a caso il viso: se non fosse gonfiato, è il meno immediatamente sessuale del corpo. Fa parte del corpo il viso?
Sì, no, non lo sappiamo, vedremo. In ogni caso, quando col crollo dei codici primitivi il desiderio attraversa questa prova di decodificazione, ecco che esso si fa surcodificare dal viso che assume allora, non una funzione di sublimazione, che non sarà direttamente sessuale, ma una funzione che apparterrà alla sessualità e ne sarà parte integrante. Sul piano formale, il viso sarà la surcodificazione della sessualità. E il nostro modo di surcodificare la sessualità seguendo la volontà e conformemente alle direttive degli apparati di potere incorporali, de-territorializzati, ecc… è il viso, sono gli occhi della tua bella, è lo sguardo del tuo capo, è il viso della star…

(Deleuze, dalle Lezioni di Vincennes)