Basile – L’oca di Lilla e Lolla

C’erano una volta due sorelle così ridotte sulla nuda terra che, in tanto riuscivano a campare, in quanto si sputacchiavano dalla mattina alla sera le dita, lavorando qualche Kramaric-oca-oropo’ di filato da vendere. Pure, nonostante questa misera vita, non c’era caso che la palla della necessità, truccando quella dell’onore, la spingesse fuori. E per questo il Cielo, che è così largo nel rimunerare il bene com’è sottile nel castigare il male, mise in capo a queste povere giovani di andare al mercato a vendere certe matasse di filato e, di quel poco che ne ricavavano, comprarsi un’oca.

Portata l’oca a casa, esse le posero tanto amore, che la governavano come se fosse loro sorella carnale, tenendola a dormire nel loro stesso letto. Ma spunta l’alba e fa buon giorno: la buona oca cominciò a fare scudi ricci, di modo che, a poco a poco, esse ne empirono un gran cassone; e fu tale quell’evacuazione che cominciarono ad alzar la testa e si vide loro rilucere il pelo.

Certe comari, che ciò osservarono, trovandosi un giorno insieme a far parlamento, dissero tra loro: «Hai visto, comare Vasta, Lilla con Lolla, che l’altrieri non avevano dove cader morte e ora si sono ripulite così bene che sfoggiano da signore? Le loro finestre sono sempre parate di galline e tocchi di carne, che ti danno all’occhio. Che cosa può essere? O esse hanno posto mano alla botte dell’onore o hanno trovato il tesoro».
«Io ci resto come una mummia – rispose Perna, – perché, laddove prima morivano di fame, ora le vedo nel grasso e risalite, e mi pare un sogno».

Queste e altre cose dissero, e, infine, stimolate dall’invidia, scavarono un pertugio, che dalla casa loro rispondeva in quella delle due giovani, per far la spia e vedere se potessero dar qualche pasto alla loro curiosità; e tanto stettero a spiare, che una sera, quando il Sole batte con la ferula dei raggi sulle barche del mare d’India per accordare feria alle Ore del giorno, videro Lilla e Lolla che, steso per terra un lenzuolo, vi misero sopra l’oca, e questa cominciò a schizzare flussi di scudi.

Schmid-oca

Alle comari lo spettacolo inaspettato fece uscire al tempo stesso il bulbo dagli occhi e il gozzo dalla gola; e alla mattina, quando Apollo con la verga d’oro fa lo scongiuro all’Ombra perché vada indietro, una di esse, Pasca, andò a far visita a quelle giovani, e, dopo mille preamboli e rigiri, tira e molla, venne al quatenus, e le pregò di prestarle per due ore sole l’oca, per far prendere amore alla casa a certe ochette, che aveva comprate. E tanto seppe dire e pregare, che le semplici delle sorelle, le quali, per essere di natura bonaria, non sapevano dir di no, e anche per non mettere in sospetto la comare, gliela prestarono, col patto che la riportasse al più presto.

La comare chiamò le altre, e tutte insieme stesero subito un lenzuolo per terra, e vi fecero entrare l’oca, la quale, invece di mostrare nel suo fondamento una zecca che coniasse scudi ricci, sturò un condotto di latrina e lavorò la biancheria di quelle donne a scudi di terra gialla, che l’odore ne andò per tutto il quartiere, come alla domenica quello delle pignatte maritate. Pensarono allora che, cibandola bene, farebbe sostanza di lapis Serrano-ocaphilosophorum per soddisfare le voglie loro; e la rimpinzarono tanto che rigurgitava dalla gola. Ma, quando l’ebbero posta sopra un altro lenzuolo di bucato, se prima l’oca si mostrò lubrica, ora addirittura si manifestò presa dalla dissenteria, nella quale la digestione aveva la sua parte. Sdegnate le comari, le torsero il collo e la gettarono dalla finestra in un vicoletto cieco, dove si ammucchiavano le immondizie.

Volle la sorte, la quale, quando meno te l’aspetti, fa nascere la fava, che passasse da quella parte un figlio del re, che andava a caccia. E proprio lì presso, essendoglisi sommosso il corpo, dié a tenere la spada e il cavallo a un servitore, ed egli entrò in quel vicoletto per deporre il soverchio del ventre; e, compiuta questa operazione, non trovandosi nella tasca carta per nettarsi, e vedendo quell’oca ammazzata di fresco, se ne servì all’uopo.

Ma l’oca, che non era morta, s’afferrò così forte col becco alle polpe del povero principe, che egli cominciò a gridare; e, accorsi tutti i servitori e volendo strapparla dalle carni, non fu possibile, perché vi si era attaccata come una Salmace di penne a un Ermafrodito di pelo. Il principe, non potendo resistere al dolore e vedendo riuscir vani gli sforzi dei servitori, si fece trasportare al palazzo reale. E furono chiamati tutti i medici della città, e, conferitisi sulla faccia del luogo, fecero essi tutte le prove loro per rimediare allo strano accidente, usando unzioni, adoprando tenaglie, spargendo polveri. Ma quell’oca era una zecca che non si staccava per argento vivo, una sanguisuga che non veniva via per virtù di aceto.

Il principe ordinò allora di gettare un bando a chi riuscisse a togliergli quel fastidio di dietro, se era uomo, avrebbe dato la metà del regno, e, se femmina, se la sarebbe presa per moglie.
E qui vedesti la gente correre in folla a mettere il naso in quell’imbroglio; ma, quanto più applicavano rimedi, più l’oca si stringeva e attanagliava il misero principe: pareva donna-e-oca-paintveramente che si fossero data l’intesa tutte le ricette di Galeno e gli aforismi di Ippocrate e i rimedi di Mesoè contro i Posteriori di Aristotele, per tormento di quello sventurato.

Tra i tanti e tanti, che vennero a quella prova, giunse per avventura anche Lolla, la più giovane delle due sorelle, la quale, non appena vide l’oca, la conobbe e gridò: «Intrufolatala mia, intrufolatina!». L’oca, che udì questa voce, subito lasciò la presa, e saltò in grembo a Lolla, facendole carezze e dandole baci, passando senza esitare dal deretano di un principe alla bocca di una villana.

Il principe, che ammirò questo strano caso, volle sapere donde la cosa procedesse; e, avuta notizia dell’inganno della comare, la fece frustare per la terra, e poi cacciare in esilio, e si prese per moglie Lolla, che portò in dote l’oca dalle evacuazioni d’oro, e dié un altro marito ricco ricco a Lilla.

Così rimasero la più contenta gente del mondo, a dispetto delle comari, le quali, andando per chiudere a Lolla una strada alla ricchezza, apertale dal Cielo, gliene aprirono un’altra a diventare regina, conoscendo alfine che

impedimento è spesso giovamento.

(Basile, Pentamerone, ovvero Lo cunto de li cunti)