Hölderlin – Come nel giorno di festa

Michelacci-contadino

Come nel giorno di festa il contadino
esce al mattino a visitare il campo,
perché incessanti nella notte calda
sono caduti i lampi che rinfrescano,
e ancora si ode il tuono di lontano,
e il fiume fa ritorno nel suo letto,
e il suolo alla frescura si fa verde,
e il ceppo della vigna allegramente
gronda pioggia, ma l’albero del bosco
s’alza lucente nel tranquillo sole:

così siete voi, nella buona stagione,
voi che educò non un maestro isolato,
ma la meravigliosa, l’onnipresente,
possente quanto lieve nell’abbraccio,
bella divinamente, la Natura.
Così nelle stagioni in cui sembra dormire
sotto il cielo o le piante o in mezzo ai popoli
quando anche il poeta è nel volto triste,
sembrano soli, ma sono colmi di presagi.
Lei pure ha un sonno colmo di presagi.

Masson-avvenimenti

Ma ora è il giorno! L’attesi, l’ho visto venire.
Quello che vidi, il Sacro, sia la mia parola.
La Natura più antica delle età,
sopra gli Dèi d’oriente e d’occidente,
si è ora destata con un suono d’armi,
e dall’Etere alto ai fondi abissi
secondo leggi ferme, come un tempo
quando la generò il sacro Caos,
sente in sé nuova
quella che tutto crea, l’estasi ardente.

Come un grande disegno infuoca l’occhio
dell’uomo, ora i nuovi segni, i nuovi
fatti del mondo accendono
una fiamma nel cuore dei poeti.
E ciò che prima accadde, a stento inteso,
ora si è fatto aperto,
e quelli che sorridenti dissodarono
con aspetto di servi il nostro campo,
sono ora conosciuti, sono
le forze sempre vive degli Dèi.

Van-gogh-corvi

Chi sono? Passa nella poesia il loro spirito
quando si desta dal sole del giorno, dalla terra calda,
dalle tempeste dell’aria, da quelle
preparate nelle profondità dei tempi
e più colme di senso e per noi più percepibili
che migrano tra cielo e terra e in mezzo ai popoli.
Il pensiero dello spirito comune
termina in silenzio nell’anima del poeta.

Ed essa, la subito colpita, la conosciuta
dall’infinito già da molto tempo,
trema di memorie,
e accesa da un sacro raggio
genera il frutto nato nell’amore,
l’opera degli Dèi e dei mortali,
il canto, perché ottenga di attestare questi e quelli.
Così, come i poeti dicono,
quando desiderò visibile il Dio
il suo fulmine cadde sulla casa di Semele
e la divinamente colpita generò
Dioniso sacro, frutto di tempesta.

Rubens-morte-Semele

Così i figli della terra ora
bevono il fuoco sacro senza rischio.
Ma è nostro, o poeti,
restare a capo scoperto
sotto la tempesta del Dio,
afferrare con la propria mano
il raggio del Padre,
porgere al popolo il dono divino
circonfuso dal canto.
Poiché siamo puri di cuore
come i fanciulli, e senza colpa
sono le nostre mani,

il puro raggio del Padre non ci brucia,
e sconvolto, dolente del dolore
di Uno più possente e quando è presso
il Dio in una caduta di bufere
perdura ancora il nostro cuore forte.
Ma guai a me! se di

Guai a me!

E dirò subito

se mi accosto ai Celesti per guardarli
loro stessi mi gettano nel fondo
tra i vivi falso sacerdote nella tenebra
perché canti il mio monito ai discenti.

(Hölderlin, Inni e frammenti)