Negli uomini d’indole speculativa – scrive Teufelsdröckh – si manifestano periodi meditativi, ore dolci eppure terribili, quando, invasi da meraviglia e timore, si rivolgono questa domanda che non ha risposta: Chi sono Io?; chi è l’essere che può dire «Io»?
Il mondo si allontana con tutti i suoi rumorosi traffici e, attraverso le carte da parati e i muri di pietra, attraverso i tessuti finemente ripiegati del Commercio e della Politica e tutti i rivestimenti animati e inanimati (della Società e di un Corpo) che avvolgono la nostra Esistenza, – la vista si spinge nella vuota Profondità e l’uomo rimane solo con l’Universo, in silenziosa comunione con esso, come una misteriosa Presenza insieme a un’altra anch’essa misteriosa.
Chi sono Io; che cosa è questo ME? Una Voce, un Moto, un’Apparenza; – qualche idea incarnata e resa visibile nell’Eterno Spirito? Cogito, ergo sum. Ahimé, povero Cogitatore, questo non ci porta lontano.
Certamente, io sono; e poco fa, non ero; ma da Dove vengo? Come? Dove vado? La risposta è intorno a noi, scritta con tutti i colori e tutti i movimenti, pronunciata con tutte le sfumature della gioia e del dolore; nei mille segni e nelle mille voci dell’armoniosa Natura; ma dov’è l’occhio intelligente, dov’è l’orecchio intelligente a cui quell’Apocalisse scritta da Dio rivelerà un significato articolato?
Siamo seduti come in una Fantasmagoria sconfinata e in una Caverna dei Sogni: sconfinata perché la stella più fioca, il secolo più remoto non si avvicinano neppure alla sua soglia; suoni e visioni multicolori volteggiano intorno ai nostri sensi, ma non vediamo Lui, Colui che non dorme, Colui che fece sia il Sogno che il Sognatore; tranne in qualche raro momento di dormiveglia, non ne sospettiamo l’esistenza.
Il Creato, si dice, ci si spiega dinanzi come uno splendido Arcobaleno; ma il Sole che lo ha reso possibile è alle nostre spalle, nascosto ai nostri sguardi.
E allora, in questo strano Sogno, ci afferriamo alle ombre come se fossero sostanze, e dormiamo profondamente mentre immaginiamo di essere più desti che mai!
Quale dei vostri Sistemi Filosofici è qualcosa di diverso da un teorema onirico, un quoziente netto, espresso in buona fede, di cui si ignorano sia il dividendo che il divisore? Cosa sono tutte le vostre guerre nazionali con le loro Ritirate di Mosca, e le Rivoluzioni sanguinose piene di odio, se non Sonnambulismo d’irrequieti. Dormienti?
Questo Sognare, questo Sonnambulismo, è ciò che sulla Terra chiamiamo Vita, dove la maggior parte di noi indubbiamente vaga con sicurezza come se sapesse distinguere la destra dalla sinistra, mentre sono saggi soltanto coloro che sanno di non sapere nulla.
È un peccato che tutte le Metafisiche si siano finora dimostrate così indicibilmente improduttive! Il segreto dell’Esistenza Umana è ancora come il segreto della Sfinge: un enigma indecifrabile, la cui ignoranza ci procura la morte, la peggiore delle morti, quella spirituale.
Che cosa sono i vostri Assiomi, le vostre Categorie, i vostri Sistemi, i vostri Aforismi? Parole, parole, superbi Castelli in aria, abilmente costruiti con Parole, Parole ben fissate con un legame di Logica, dove tuttavia nessun Sapere prenderà mai dimora.
Il tutto è maggiore della parte; come è assolutamente vero! La Natura aborre il vuoto; come è assolutamente falso e calunnioso! Di più: Una cosa può agire soltanto dove è; e io vi chiedo di cuore: ma DOVE è?
Non essere schiavo delle Parole; ciò che è Distante, ciò che è Morto, mentre l’amo e sospiro per esso e per esso piango, non è forse Qui in senso vero e proprio, reale quanto il suolo che mi sorregge?
Ma quello stesso DOVE, col suo fratello QUANDO, sono, fin dall’origine, i colori principali della nostra Caverna dei Sogni o, per meglio dire, la Tela (l’ordito e la trama) su cui sono dipinti tutti i nostri Sogni e le nostre Visioni.
Eppure una più profonda Meditazione non ha forse insegnato a taluni, in ogni terra e in ogni epoca, che il DOVE e il QUANDO, così misteriosamente inseparabili da tutti i nostri pensieri, non sono che superficiali adesioni terrestri al pensiero; e che il Veggente può discernere il punto nel quale si elevano dal celestiale OVUNQUE e SEMPRE; non hanno forse tutti i popoli concepito il loro Dio come Onnipresente ed Eterno, come esistente in un universale QUI, un eterno ADESSO?
Riflettici bene e vedrai anche tu che lo Spazio non è che una modalità dei nostri Sensi umani, proprio come il Tempo; che non esiste Spazio, né Tempo: NOI siamo – non sappiamo che cosa; – scintille di luce fluttuanti nell’etere della Divinità!
Questo Mondo dunque, in apparenza così solido, non sarebbe dopo tutto che un’immagine inconsistente; il nostro IO l’unica realtà; e la Natura, con la sua innumerevole produzione e distruzione, non è altro che il riflesso della nostra Forza interiore, l’«illusione del nostro Sogno» o, come lo chiama lo Spirito della Terra nel Faust, «la veste vivente, visibile di Dio»:
Nelle onde frementi della vita,
nel tumulto dell’azione,
io sorgo e affondo,
vado e ritorno.
Nascita e morte: un mare
senza riva né fondo.
Una mobile trama.
Una vita rovente.
Così sul rumoroso telaio del tempo,
di mia man contesta,
è di Dio la visibile
inconsumabile veste.
(Goethe, Faust, 1: 501-509)
Dei venti milioni di persone che hanno letto e declamato questa tonante apostrofe dello Spirito della Terra, ve ne sono almeno venti tra noi che ne hanno appreso il significato?
Era pressappoco questo il mio stato d’animo quando, affaticato e spossato da tali elevate speculazioni, mi si presentò per la prima volta la questione degli Abiti. Mi colpisce come cosa già molto strana il fatto che esistano Sarti, e persone che si servono dei Sarti.
Il Cavallo che cavalco ha la propria pelle; se gli togliete il sottopancia, le cinghie e i tiranti che gli ho legato intorno, il nobile animale è il cucitore, il tessitore e il filatore di se stesso; di più, il calzolaio, il gioielliere e il modista; galoppa liberamente per le valli indossando un perenne abito di corte impermeabile, dove il calore e la comodità del taglio hanno raggiunto la perfezione; vi sono stati perfino presi in considerazione gli ornamenti, e non mancano volanti e frange dai colori svariati e allegri abilmente aggiunti al posto giusto: Invece io – Santo Cielo! – mi sono ricoperto con la lana di pecore morte, la corteccia di vegetali, le viscere del baco da seta, la pelle di buoi e di foche o le pellicce di altre bestie; e me ne vado in giro in guisa di un Attaccapanni semovente, sommerso di stracci e di cenci rastrellati dall’Ossario della Natura, dove sarebbero marciti, per marcire più lentamente addosso a me!
Giorno dopo giorno, devo coprirmi di nuovo; giorno dopo giorno, questa miserabile copertura perde qualche strato del suo spessore; qualche filamento, sfilacciatosi per uno strappo o perché consumato, verrà spazzato via. E io, produttore d’immondizie, Macinatore brevettato di stracci, prendo nuova stoffa da macinare.
O animale inferiore! Spregevole! Più che spregevole! Non ho forse anch’io una Pelle compatta che circonda tutta la mia persona, più o meno chiara o scura? Sono io forse un guazzabuglio di ritagli di sarti e di calzolai? o invece sono una piccola Figura umana omogenea, dalle articolazioni ben fissate tra loro, automatica, o meglio viva?
È abbastanza strano che le creature della specie umana chiudano gli occhi sui fatti più semplici; e che vivano comodamente in mezzo ai Miracoli e ai Terrori per la pura e semplice inerzia dell’Oblio e della Stupidità.
Certo l’uomo è, ed è sempre stato, uno sciocco e un ottuso; molto più pronto a sentire e a digerire, che a pensare e a riflettere. Il Pregiudizio, che egli finge di odiare, è il suo legislatore assoluto; egli si lascia ovunque menare per il naso dall’uso e dal bisogno; basta che il Sorgere del Sole o la Creazione del Mondo avvengano due volte e cesseranno di essere meravigliosi, di essere meritevoli di nota e perfino apprezzabili.
Forse neppure una sola volta nella vita capita al vostro bipede comune, a qualsiasi paese o generazione appartenga, sia egli un Principe dal mantello dorato o un Contadino dalla rustica giubba color ruggine, di pensare che il suo Vestiario e la sua Individualità non sono una cosa sola, né sono indivisibili; che senza abiti egli è nudo, finché non ne compri o ne rubi uno e debitamente lo cucia e lo provveda di bottoni.
Quanto a me, queste considerazioni sugli Abiti con cui ci copriamo, sul modo in cui essi, giungendo sino alle più intime fibre del nostro essere, ci foggiano e ci corrompono, mi riempiono di un certo orrore per me stesso e per l’umanità intera; quasi lo stesso sentimento che si prova nei confronti di quelle Vacche Olandesi che, durante la stagione piovosa, pascolano sui prati di Gouda, deliberatamente coperte con una specie di giubba e di gonnella (di rozza tela a righe).
Eppure, vi è qualcosa di grande nel momento in cui l’uomo, spogliandosi per la prima volta dei rivestimenti accidentali, si accorge davvero di essere nudo e di essere, come dice Swift, un animale biforcuto che avanza allargando le gambe storte; ma è anche uno Spirito e un inesprimibile Mistero dei Misteri. […]
Osservate due individui – scrive ancora Teufelsdröckh: – uno vestito di un tessuto Rosso di qualità, l’altro con un rozzo e logoro abito Turchino.
Il Rosso dice al Turchino: Che tu sia impiccato e anatomizzato.
Il Turchino ascolta rabbrividendo e (o meraviglia delle meraviglie!) si avvia mesto verso il patibolo. Lì gli viene messo il cappio al collo, e suona la sua ora; quindi il chirurgo lo seziona e ne sistema le ossa in uno scheletro che servirà a scopi scientifici.
Come può avvenire una cosa del genere? E dove entra in gioco il vostro assioma: Una cosa può agire soltanto dove è? Il Rosso non ha nessun appiglio fisico sul Turchino, nessuna presa su di lui; non è in alcun modo in contatto con lui; né lo sono gli Sceriffi che amministrano la giustizia, i Luogotenenti Generali, i Carnefici e gli Ufficiali Giudiziari, talmente legati al Rosso che comanda da poter essere spediti qua e là; ma ognuno è separato dagli altri e se ne sta dentro la propria pelle. Eppure, quello che viene detto viene fatto: la Parola pronunciata mette tutte le mani in Azione, e la Corda e il Patibolo perfezionato fanno il loro dovere.
A me pare, lettore pensante, che il motivo sia duplice: Primo, l’Uomo è uno Spirito ed è legato da vincoli invisibili a Tutti gli Uomini; Secondo, egli indossa Abiti, che sono l’emblema visibile di quel fatto.
Il vostro Impiccatore Rosso non indossa forse una parrucca di crini di cavalo, pelli di scoiattolo e una veste di felpa, grazie ai quali tutti i mortali sanno che si tratta di un GIUDICE? – La società, cosa che tanto più mi meraviglia quanto più ci penso, è fondata sull’Abito.
Spesso, quando sono di umore più irritabile, e leggo qualcosa a proposito di cerimoniali pomposi, d’Incoronazioni a Francoforte, di Salotti Reali, del Levarsi e del Coricarsi dei re, del modo in cui gli uscieri, i cancellieri e gli attendenti sono tutti a sua disposizione, di come il tale Duca viene presentato dal talaltro Arciduca, e il Colonnello A dal Generale B, e di come un numero sterminato di Vescovi, di Ammiragli e di Funzionari vari avanza galantemente alla presenza dell’Unto dal Signore, e mi sforzo, nel mio ritiro, di formarmi un quadro chiaro di quella solennità – a un tratto, come per effetto di una bacchetta magica – devo dirlo? – gli Abiti volano via da tutta questa performance teatrale; e Duchi, Grandi del Regno, Vescovi, Generali e perfino l’Augusta presenza, tutti, senza eccezione alcuna, se ne stanno lì a gambe divaricate, senza neppure una camicia addosso; e non so se ridere o piangere. […]
Che farebbe sua Maestà se realmente tutti i bottoni gli saltassero via simultaneamente, e se la solida lana evaporasse nella Realtà, come fa nel mio Sogno? Ach Gott! Certo ognuno andrebbe a rifugiarsi nel più vicino nascondiglio; la loro elevata Rappresentazione di Stato diventerebbe una Farsa lacrimevole, che è il peggior genere di Farsa. Le tavole della legge (secondo Orazio) e con esse l’intera struttura di Governo, Legislazione, Proprietà, Politica e Società Civile verrebbero abrogate tra grida e risate. […]
Resta infine solo da esaminare – aggiunge l’inesorabile Teufelsdröckh- fin dove lo SPAVENTAPASSERI, come Persona con indosso Abiti, non abbia esso pure diritto ai benefizi del clero e al processo all’Inglese con i giurati.
Considerando anzi la sua alta funzione (non è egli pure un Difensore della Proprietà, e un Sovrano armato dei terrori della Legge?), non avrebbe forse diritto ad una certa Immunità e Inviolabilità regale, che però le persone più avare e più meschine non sono sempre volontariamente disposte ad accordargli?
Amici miei, noi siamo (per dirlo con Yorick Sterne), «condotti come tacchini al mercato con un bastone e uno straccio rosso»; e se uno di quelli che ci conducono, come si fa nel Norfolk, prende una vescica secca e vi mette dei piselli, il rumore che questi fanno terrorizza i più audaci!
(Carlyle, Sartor Resartus)