Schopenhauer – Il sogno e la vita reale

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Noi abbiamo sogni; non è forse tutta la vita un sogno? – o più precisamente: non c’è un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi ed oggetti reali? – Appigliarsi alla minor vivacità e chiarezza del sogno nei confronti dell’intuizione reale, è argomento che non merita neanche d’essere preso in considerazione, perché nessuno finora ha avuto presenti simultaneamente l’uno e l’altra per confrontarli, ma soltanto il ricordo d’un sogno da poter confrontare con la sua realtà presente.

Kant scioglie il problema così: «È il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge di causalità a distinguere la vita [reale] dal sogno».
Eppure, anche nel sogno ciascun particolare dipende egualmente in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo rapporto si spezza soltanto fra la vita e il sogno e fra i singoli sogni.
La risposta di Kant potrebbe quindi suonare soltanto così: il lungo sogno (la vita) ha connessione costante in sé secondo il principio di ragione, ma non ce l’ha coi sogni brevi; sebbene ciascuno di questi abbia in sé la [ragione della sua] stessa connessione; fra questi e quello è dunque rotto il ponte, e in base a ciò vengono distinti.

Tuttavia l’intraprendere una investigazione secondo questo criterio, per sapere se qualcosa sia sognato o veramente accaduto, sarebbe assai difficile e spesso impossibile; perché non siamo in alcun modo in grado di seguire anello per anello la concatenazione Ionut-sogno-carrozzinacausale fra quella circostanza passata e il momento presente, e tuttavia non possiamo per questo affermare che sia un sogno. Quindi nella vita reale, per distinguere sogno da realtà, non ci si serve ordinariamente di quel modo d’investigazione.
Il solo criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà è in verità quello del tutto empirico del risveglio, col quale infatti la concatenazione causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente viene espressamente e sensibilmente rotta.

Un ottimo esempio di ciò ci viene fornito dall’osservazione che fa Hobbes nel Leviathan, cap. 2, che cioè allora noi teniamo facilmente i sogni per realtà, anche dopo il risveglio, quando senza farlo di proposito abbiamo dormito vestiti; ma soprattutto quando si aggiunge che un’impresa o un proposito assorbe tutti i nostri pensieri e ci occupa nel sogno come nella veglia: perché in questi casi il risvegliarsi viene avvertito quasi tanto poco quanto l’addormentarsi, il sogno confluisce nella realtà e si confonde con questa.
Allora non rimane in verità altro che l’applicazione del criterio kantiano: ma se poi, come spesso accade, in nessun modo può venire scoperto il nesso causale col presente, oppure la sua mancanza, in tal caso deve per sempre rimaner dubbio se un fatto sia sognato o accaduto.

Qui in verità ci salta agli occhi la stretta parentela fra vita e sogno: e non ci vergogneremo di confessarla, dopo che è stata riconosciuta e dichiarata da molti grandi spiriti. I Veda ed i Purâna per l’intera conoscenza del mondo reale, che essi chiamano il velo di Maya, non conoscono miglior paragone né altro usano più di frequente, che quello del sogno.

Platone dice spesso che gli uomini non vivono che in sogno, e che il solo filosofo s’affatica a rimanere sveglio. Pindaro dice (II, η, 135): σχιας οναρ ανθρωπος [umbrae somnium homo, «l’uomo è il sogno di un’ombra»] e Sofocle:

Ὅρω γαρ ἡμας ουδεν οντας αλλο, πλην
Ειδωλ’, ὁσοιπερ ζωμεν, η χουφην σχιαν.
(Sofocle, Aiace, 125)

[Nos enim, quicumque vivimus, nihil aliud esse / comperio, quam simulacra et levem umbram. («Vedo coi miei occhi che noi viventi, chiunque siamo, non siamo nient’altro che simulacro e vana ombra»)].

Accanto ai quali sta più degnamente di tutti Shakespeare:

We are such stuff
As dreams are made on, and our little life
Is rounded with a sleep.
(Shakespeare, La Tempesta, III, 110)

[«Noi siamo tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno.»]

E infine Calderón era così profondamente preso da questo pensiero, che cercò di esprimerlo in un dramma in certo modo metafisico, La vita è sogno.

Dopo tutti questi passi di poeti sia ora anche a me concesso di esprimermi con un paragone.
La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) viene a finire e giunge il tempo Schopenhauer-caricaturadel riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora fiaccamente, senza ordine e connessione, a sfogliare or qua or là una pagina: spesso è una pagina già letta, spesso un’altra ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. È vero che una pagina letta così isolatamente è senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non sta molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata comincia e finisce egualmente all’improvviso, e si deve quindi considerare come un’unica pagina più lunga.

Sebbene dunque i singoli sogni siano distinti dalla vita reale per questo, che non entrano nella connessione dell’esperienza, connessione che si prosegue costante nella vita, e il risveglio riveli questa differenza; tuttavia appunto quella connessione dell’esperienza appartiene già come sua forma alla vita reale, ed anche il sogno ha da palesare egualmente una connessione, che è a sua volta in se stessa.
Ora, se per giudicare si prende un punto di vista fuori d’entrambi, non si trova nella loro essenza alcuna distinzione precisa, e si è costretti a concedere ai poeti, che la vita sia un lungo sogno.

(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)