Yates – Raimondo Lullo e la memoria artificiale

Nato intorno al 1235 in Maiorca, Raimondo Lullo trascorse la sua giovinezza come cortigiano e troubadour (non ebbe mai regolare educazione clericale). Circa nel 1272 ebbe un’esperienza illuminante sul monte Randa, nell’isola di Maiorca, in cui vide gli attributi divini (bontà, grandezza, eternità, ecc.) pervadere l’intera creazione, e intuì la possibilità di costruire un’arte fondata su questi attributi, capace di validità universale, Baù-Raimondo-Lulloperché basata sulla realtà. Poco dopo stese la prima versione della sua arte; e dedicò tutto il resto della sua vita a scrivere libri sull’arte, di cui fece parecchie versioni (ultima, l’Ars Magna del 1305-1308), e a propagandarla col massimo zelo. Morì nel 1316.

In uno dei suoi aspetti l’arte lulliana è un’arte di memoria. Gli attributi divini, che ne costituiscono il fondamento, prendono forma in una struttura trinitaria, grazie alla quale l’arte diventava, agli occhi di Lullo, un riflesso della Trinità; ed egli intendeva che essa venisse messa a profitto da tutte e tre quelle facoltà dell’anima, che Agostino aveva definito come il riflesso della Trinità nell’uomo.
Come intellectus, essa era arte del conoscere e trovare la verità; come voluntas, era arte dell’educare il volere all’amore per la verità; come memoria, era un’arte della memoria per ricordare la verità. […]

Sebbene l’arte di Lullo, in uno dei suoi aspetti, possa essere definita un’arte di memoria, si deve però fortemente sottolineare il fatto che esistono le più radicali differenze fra essa e la mnemonica classica quasi sotto ogni aspetto.
Anzitutto, il lullismo, in quanto arte di memoria, non scaturisce dalla tradizione retorica classica, ma da una tradizione filosofica, quella del platonismo agonistiano, a cui si sono aggiunti altri influssi, più nettamente neoplatonici. Esso pretende di conoscere le cause prime: nella terminologia di Lullo, le dignità di Dio. Tutte le arti lulliane sono basate su queste Dignitates Dei, che sono nomi divini o attributi, pensati come cause primarie, come nel sistema neoplatonico di Scoto Eriugena, di cui Lullo subì fortemente l’influsso. […]

Benché la vita di Lullo sia trascorsa nella grande età della scolastica, egli fu in spirito un uomo del secolo XII, piuttosto che del XIII, un platonico rivolto al tramontato platonismo cristiano di Anselmo e dei vittorini, a cui si aggiungeva una vigorosa dose di neoplatonismo più estremista, attinta a Scoto Eiugena. Lullo non fu uno scolastico, fu un platonico, e nel suo tentativo di basare la memoria sui nomi divini (che nella sua concezione si approssimano alle idee platoniche), è più vicino al Rinascimento che al Medioevo.

Lullo-francescano

In secondo luogo, nel lullismo, almeno come fu insegnato da Lullo, non c’è nulla che corrisponda alle immagini della mnemonica classica, nulla di quello sforzo di scuotere la memoria per mezzo di simboli corporei, emozionanti e drammatici, che crea la fruttuosa interazione fra arte della memoria e arti figurative. Lullo designa i concetti usati nella sua arte, con una lettera dell’alfabeto, il che conferisce al lullismo una caratteristica quasi algebrica o di scientifica astrattezza.

Infine, e questo è forse l’aspetto più significativo del lullismo nella storia del pensiero, Lullo introduce il movimento nella memoria. Le figure della sua arte, in cui i concetti sono rappresentati con lettere alfabetiche, non sono statiche, ma rotanti. Una delle figure è formata di cerchi concentrici, siglati con le lettere che rappresentano i concetti, e quando queste ruote girano su se stesse, si ottengono combinazioni di concetti. In altre figure mobili, triangoli inscritti in un cerchio raccolgono i concetti collegati. Si tratta di artifici modesti, ma rivoluzionari nel loro tentativo di rappresentare il dinamismo della psiche.

Pensiamo ai grandi schemi enciclopedici del Medioevo, con tutto il sapere sistemato in sezioni statiche, rese più statiche ancora nella mnemonica classica, dagli edifici memoriali, zeppi di immagini. E poi pensiamo al lullismo, con le sue notazioni algebriche, che spezza gli schemi statici nelle sempre nuove combinazioni delle sue Lullo-doppia-scalaruote mobili.
Il primo metodo è più artistico, ma il secondo è più scientifico.

In quanto a Lullo, il grande fine dell’arte era per lui un fine missionario. Credeva fermamente che, se fosse riuscito a indurre ebrei e musulmani a praticare l’arte con lui, li avrebbe convertiti al cristianesimo. Perché l’arte era basata su concezioni religiose comuni a tutte e tre le grandi religioni, e sulla struttura elementare del mondo naturale, accettata universalmente nella scienza del tempo. Muovendo da premesse comuni a tutti, l’arte avrebbe dimostrato il carattere necessario della Trinità.

Le concezioni comuni erano i nomi di Dio, che Dio è buono, grande, eterno, saggio, ecc. Tali nomi di Dio sono legati molto saldamente alla tradizione cristiana; molti sono menzionati da Agostino, e nel De divinis nominibus dello Pseudo-Dionigi se ne trova un lungo elenco. I nomi usati da Scoto Eriugena e da Raimondo Lullo si possono trovare quasi tutti, in questo libro sui nomi divini dello Pseudo-Dionigi.

I nomi di Dio sono fondamentali anche nell’ebraismo, e particolarmente in quel tipo di misticismo ebraico noto come Cabala. Gli ebrei spagnoli contemporanei di Lullo meditavano con particolare intensità sui nomi di Dio, sotto l’influsso della Cabala, le cui dottrine si andavano propagando in Spagna. Un testo fondamentale della Cabala, lo Zohar, fu scritto in Spagna al tempo di Lullo. Le Sefirot della Cabala sono in effetti nomi divini, intesi come princìpi creatori. Inoltre, il sacro alfabeto ebraico, misticamente parlando, si pensa che contenga tutti i nomi di Dio. Una forma di meditazione cabalistica, particolarmente sviluppata in Spagna in quel tempo, consisteva nel meditare sulle lettere dell’alfabeto ebraico, combinandole e ricombinandole per formare i nomi di Dio.

Anche l’Islam, particolarmente nella sua forma mistica, il sufismo, attribuisce grande importanza ai nomi di Dio. Questo aspetto è stato sviluppato specialmente dal mistico sufi Mohyiddîn [Ibn ‘Arabî (1165-1240)], di cui si è supposto un influsso su Lullo.

Lullo-Maiorca

Tutte le arti di Lullo sono basate su nomi o attributi di Dio, su concetti come bonitas, magnitudo, aeternitas, potestas, sapientia, voluntas, virtus, veritas, gloria. Lullo definisce queste nozioni «dignità di Dio»; quelle elencate costituiscono la base delle «nove» forme dell’arte. Altre forme dell’arte aggiungono a questa lista altri nomi divini o attributi, e sono basate su un numero maggiore di tali nomi o dignità. I nove concetti sopraelencati sono indicati con le lettere B C D E F G H I K. […]

I significati delle lettere denotative cambiano in relazione al livello a cui l’arte viene usata. Proviamo a vedere come ciò funziona nel caso di B per Bonitas, mentre scende lungo la scala della creazione o attraverso i nove «soggetti» elencati, nella «forma a nove lettere» dell’arte, come quelli che l’arte deve trattare.

LIVELLO SIGNIFICATO
DEUS B = bonitas come dignitas Dei
ANGELUS B = la bonitas di un angelo
COELUM B = la bonitas dell’Ariete e degli altri 11 segni dello zodiaco; e di Saturno e degli altri 6 pianeti
HOMO B = bonitas nell’uomo
IMAGINATIVA B = bonitas nell’immaginazione
SENSITIVA B = bonitas nella creazione animale, come bonitas in un leone
VEGETATITVA B = bonitas nella creazione vegetale, come la bonitas nella pianta del pepe
ELEMENTATIVA B = bonitas nei quattro elementi come la bonitas nel fuoco
INSTRUMENTATIVA B = bonitas nelle virtù, arti e scienze

[…] Che la bontà divina e altri attributi fossero presenti a tutti i livelli dell’essere, era una nozione che traeva origine dal racconto biblico della creazione, alla conclusione dei cui ruota-lulliana-auditu«giorni» Dio vide che la sua opera era «buona». L’idea del «libro della natura» come strada a Dio fu presente nelle tradizioni del misticismo cristiano, specialmente nella tradizione francescana. L’apporto specifico di Lullo consiste nella selezione di un numero determinato di Dignitates Dei e nel fatto di scoprire che esse «discendono» in una maniera esattamente calcolabile, quasi come ingredienti chimici, lungo i gradini della creazione. Questa nozione è, comunque, la costante del lullismo.

Tutte le arti sono basate su tali princìpi; essi possono essere applicati a ogni soggetto. E quando Lullo scrive un libro su un qualsiasi soggetto, il libro si apre con l’enunciazione del «B a K» di questo soggetto. Questo può generare noia, ma è la radice della sua pretesa di avere un’arte universale, infallibile per ogni soggetto, perché basata sulla realtà. […]

Sebbene il lullismo, come «memoria artificiale», fosse soltanto la memorizzazione del procedimento dell’arte, esso tuttavia introduce nella memoria qualcosa di nuovo: perché l’arte come intelletto era un’arte della ricerca, un’arte rivolta al reperimento della verità. E dunque essa formulava quaestiones, basate sulle categorie aristoteliche, su ogni argomento. E sebbene domande e risposte siano largamente predeterminate dai presupposti dell’arte (ci può essere, per esempio, una sola risposta al quesito: «Dio è buono?»), pure la memoria, fissando tali procedimenti, si avvia a diventare un metodo di ricerca e un metodo di ricerca logica.

Abbiamo qui un punto, e un punto molto importante, in cui il lullismo come memoria differisce fondamentalmente dall’arte della memoria classica, che cerca solo di fissare mnemonicamente il dato.
Manca poi al lullismo autentico in quanto memoria artificiale l’uso delle immagini mnemoniche al modo della mnemotecnica classica di tradizione retorica. Il principio di stimolazione della memoria attraverso l’appello emotivo a immagini umane suggestive Lullo-barcanon trova posto nell’arte lulliana come memoria; né appaiono mai, nella concezione di memoria artificiale elaborata da Lullo, le «similitudini corporee», che l’arte aveva sviluppato nella sua trasformazione medievale.

E in effetti: che cosa poteva sembrare più totalmente remoto dalla memoria artificiale classica, anche nella sua trasformazione scolastica contemporanea, dell’arte di Lullo nel suo aspetto di memoria artificiale?
Riflettere nella memoria le lettere connotative che si muovono su figure geometriche, mentre il meccanismo dell’arte opera verso l’alto o il basso della scala dell’essere, doveva apparire un esercizio di carattere totalmente diverso dalla costruzione di vasti edifici di memoria, stipati di similitudini emotivamente stimolanti.
L’arte lulliana opera per mezzo di astrazioni, riducendo alle lettere da B a K persino i nomi di Dio. È più simile a una geometria mistica e cosmologica, che alla Divina Commedia o agli affreschi di Giotto. […]

Il lullismo ebbe una vasta diffusione che soltanto recentemente si è cominciato a studiare sistematicamente. A causa del suo nucleo platonico neoplatonico scotista, costituì una tendenza che, inaccettabile per molti in età dominate dalla scolastica, trovò un’atmosfera assai più accogliente nel Rinascimento.
Un sintomo della popolarità che doveva conquistare nel pieno Rinascimento è l’interesse che gli dedica Nicola Cusano. Nella grande corrente neoplastica del Rinascimento, che si sviluppa da Ficino a Pico, il lullismo ebbe un posto d’onore. I neoplatonici rinascimentali furono in grado di ravvisarvi nozioni molto congeniali, derivate da fonti medievali, che essi, a differenza degli umanisti, non disprezzavano come barbare.

C’è persino, nel cuore del lullismo, un tipo di interpretazione degli influssi astrali che avrebbe destato interesse nell’età di Ficino e di Pico. Quando l’arte viene attuata al livello coelum, essa diviene una manipolazione dei dodici segni dello zodiaco e dei sette pianeti, in combinazione con le lettere da B a K, in modo da costruire una specie di benefica scienza astrale, che può essere adoperata come medicina astrale, e che, come sottolinea Lullo nella prefazione al suo Tractatus de astronomia, è materia ben diversa dalla consueta astrologia giudiziaria. La medicina lulliana non è stata ancora adeguatamente studiata. È possibile che abbia influenzato Ficino; fu certamente assunta da Giordano Bruno, che lo afferma esplicitamente, come afferma la persuasione che la medicina di Paracelso derivasse ampiamente da Lullo.

Raimondo-Lullo-statua

Il lullismo si insedia quindi nel Rinascimento come collegato con la filosofia di moda e si assimila a vari aspetti della tradizione ermetico-cabalistica. Particolarmente importante è la relazione tra lullismo e Cabala nel Rinascimento.
Secondo me un elemento cabalistico esiste nel lullismo fin dall’inizio. Per quanto ne so, la pratica di meditare su combinazioni di lettere fu, prima di Lullo, un fenomeno esclusivamente ebraico, sviluppato particolarmente in seno alla Cabala spagnola come meditazione su combinazioni dell’alfabeto sacro degli ebrei che, secondo una teoria mistica, include in sé, simbolicamente, l’universo intero e tutti i nomi di Dio.

Lullo non combina nella sua arte lettere ebraiche, ma combina le lettere da B a K (o un numero maggiore di lettere in arti basate su un maggior numero di dignità divine che quelle usate nella forma in nove lettere). Poiché queste lettere stanno in luogo degli attributi divini, o nomi di Dio, se ne può concludere, mi pare, che egli adatti un procedimento della Cabala a uso dei gentili. Questo avrebbe potuto essere, naturalmente, parte del suo invito agli ebrei ad accettare il cristianesimo trinitario attraverso l’uso di uno dei loro metodi sacri.
Il problema dell’influsso della Cabala su Lullo rimane, comunque, indeciso, e possiamo lasciarlo come una questione aperta, dal momento che a noi qui importa stabilire che nel Lullo-beato-tra-le-ruoteRinascimento il lullismo fu senza dubbio strettamente associato alla Cabala.

Pico della Mirandola fu il primo – per quel che mi risulta – che formulò esplicitamente un accostamento del genere. Discutendo della Cabala, nelle sue Conclusiones e nell’Apologia, Pico sostiene che un tipo di Cabala è un’ars combinandi, fatta con alfabeti ruotanti, e afferma più oltre che quest’arte è come «quella che si chiama, fra noi, l’ars Raymundi», vale a dire l’arte di Raimondo Lullo.

A torto o a ragione, Pico pensava quindi che l’arte cabalistica di combinare le lettere fosse come il lullismo; e il Rinascimento lo seguì in questa convinzione, che diede origine a un’opera intitolata De auditu kabbalistico, le cui prime edizioni apparvero a Venezia nel 1518 e nel 1533. Quest’opera appare, ed è di fatto, un’attuazione dell’arte lulliana mediante il ricorso alle consuete figure lulliane. Ma ora il lullismo si chiama Cabala e le lettere da B a K si identificano più o meno con le Sefirot cabalistiche e si associano con nomi angelici cabalistici.

L’identificazione pichiana dell’ars combinandi cabalistica con l’ars Raymundi ha fruttato un’opera, la cui paternità viene attribuita a Lullo, in cui il lullismo si unisce inestricabilmente alla Cabala.
Oggi sappiamo chi fu il vero autore di quest’opera [Pietro Mainardi], ma il Rinascimento credette fermamente nella falsa attribuzione a Lullo. I lullisti del Rinascimento lessero il pseudo-lulliano De auditu kabbalistico come opera genuina di Lullo, e l’opera li confermò nella loro convinzione che il lullismo fosse una sorta di Cabala. Per i cabalisti cristiani esso presentava il vantaggio di essere, appunto, una Cabala cristiana.

(Yates, L’arte della memoria)