Hidatsa – I bisonti soccorritori

Una volta, uno straniero, piccolo, grasso e brutto aveva sfidato al gioco i Mandan, e questi perdevano sempre. La Bisontessa, che in quel tempo viveva nel villaggio, spiegò che il giocatore era il Sole e che, una volta raccolte tutte le poste, certi nemici da lui protetti avrebbero attaccato il villaggio e ucciso tutti gli abitanti. Non c’era che un mezzo Bustamante-bisontessaper rovesciare la sorte, e cioè che gli uomini giovani invitassero gli dèi e consegnassero loro le mogli. Altrimenti, i guerrieri di dodici villaggi coalizzati, che già si erano messi in cammino, avrebbero sterminato l’intera popolazione.

La Bisontessa non si contentò di organizzare la cerimonia, ma ottenne anche la complicità di Luna affinché quest’ultimo portasse alla festa Sole, allettandolo con la promessa di una giovane e graziosa indiana che gli si sarebbe offerta.
Ma Sole non si lasciava convincere. Invano, per due volte di seguito, Luna gli magnificò le attrattive di una festa in cui c’era da mangiare e da fare all’amore a sazietà.

La terza notte, Luna, consigliato dalla Bisontessa, avvertì Sole che, se non si decideva, la bella ragazza a lui destinata avrebbe fatto all’amore con un altro. Allora Sole si avvicinò alla capanna cerimoniale e la quarta notte entrò.
La Bisontessa lo prese subito in disparte, mormorandogli parole invitanti. Voleva fare all’amore con lui: non era forse il Sole il più grande degli dèi?
Sole si sentì imbrogliato perché la Bisontessa era già stata la sua amante. Ma, in tali circostanze, non si ha il diritto di rifiutare. Così egli lasciò fare, benché questo ritorno ad antichi trascorsi non gli piacesse affatto.

Ed ecco l’effetto della congiunzione tra il Sole e la Bisontessa: per amore o per forza, il potere soprannaturale di Sole sarebbe passato agli Indiani, diventati ormai suoi «figli» tramite la «moglie del figlio» [nato da quell’unione], la quale moglie prima era soltanto una «nuora» ma poi sarebbe stata chiamata «nipote».
Di conseguenza, la Bisontessa acquisì il diritto di esigere che il Sole consegnasse ai Mandan i dodici villaggi nemici. Sole si rassegnò col cuore spezzato, perché suo figlio combatteva nell’altro campo ed egli avrebbe dovuto mangiarlo, una volta morto, insieme a tutti gli altri guerrieri uccisi.

Cannon-okipa

L’astro fu fatto sedere nel lato occidentale della capanna, che è la parte spregiata, «perché Sole incarnava la malasorte». Quando cominciò a mangiare il piatto di carne che gli servirono, venne colpito ritualmente come un nemico abbattuto. Poi appiccarono il fuoco alla capanna in vari punti, affinché il rogo illuminasse l’universo.

Sopraggiunsero gli abitanti dei dodici villaggi nemici, comandati dal figlio del Sole, ma perirono tutti con il loro capo. Questi venne decapitato con grande fatica perché aveva un bastone di legno durissimo al posto del midollo spinale.
Dato che la testa del capo era anche quella della centesima vittima, se ne fece omaggio a un serpente tutelare che viveva nell’acqua, alla confluenza del fiume Knife e del Missouri.

Sole scese dal cielo per rivendicare la testa, ma il serpente rifiutò di dargliela. Allora l’astro tentò di fabbricare una testa di ricambio con un fungo (vescia), aggiungendo dell’erba artemisia come capigliatura. Non riuscì però a far rivivere questo simulacro, e se ne andò piangendo.
Gli Indiani avevano vinto la partita.

***

C’è molto da dire su questo mito.
Noteremo anzitutto che esso riproduce in parte il mito fondatore dei riti della «Stirpe di lassù», ma che inverte quello che fonda il rito con cui i Mandan chiamavano i bisonti da Dalrymple-bisontegiugno ad agosto, cioè d’estate. In quest’ultimo mito, a differenza del nostro, la Bisontessa assume la parte di una sposa esogamica e non endogamica, che attira il marito tra nemici lontani invece di difenderlo da essi. Dal canto suo, «Seta di Mais», sposa endogamica (al punto da apparire come una trasformazione della madre del marito) consegna il proprio sposo alla Bisontessa, affinché diventi un signore della caccia dopo aver superato prove in terre lontane che gli vengono imposte dai parenti di quest’ultima. Nel nostro mito, invece, e nel rito corrispondente, avviene il contrario: per ottenere lo stesso vantaggio, i cacciatori, incoraggiati dai suoceri, consegnano le proprie mogli ai bisonti, i quali occupano allora il villaggio.

I miti sui bisonti sono dunque in rapporto di trasformazione tra loro, e possiamo affermare che formano un gruppo.
D’altra parte, l’opposizione fra riti dei bisonti d’estate e riti dei bisonti d’inverno appare dal fatto che gli altari portatili che servivano alla celebrazione dei primi figuravano anche nella liturgia dell’/okipa/, che era una cerimonia estiva.

Ma un rapporto di trasformazione appare anche fra questo gruppo [dei bisonti] e quello della disputa degli astri, e lo possiamo dimostrare in due modi.
Prima di tutto, il nostro mito riferisce di una disputa degli astri: Luna vuol portare Sole alla festa, ma questi non si fida e storce il muso; per convincerlo bisogna dirgli una bugia. Alla fine Sole si decide, ma viene beffato: invece della bella ingenua che gli hanno promesso, trova una vecchia amante, e non può fare a meno di riprendere i rapporti con lei.

Noteremo per inciso che i Mandan, se non gli Hidatsa, davano una certa importanza al fascino della novità che, fra le donne consegnate ai bisonti, il primo posto spettava a quelle che non avevano conosciuto altro uomo che il marito. Talvolta capitava che una danzatori-okipadonna avesse la pretesa di usurpare questa posizione ambita, ma bastava che un ex amante si mettesse a sogghignare perché l’impudente, confusa, si mettesse in coda alla sfilata.
Di conseguenza, come accade nei miti sulla disputa degli astri, Sole sceglie la donna sbagliata, e la creatura animalesca che gli tocca in sorte è priva di attrattive. In entrambi i casi, benché in maniera diversa, l’unione di Luna e degli uomini fa riuscire vincitori questi ultimi.

In secondo luogo, dobbiamo rilevare diverse somiglianze notevoli tra il nostro mito e una delle versioni del mito Mandan sulla disputa degli astri.
Ogni volta, il matrimonio di Sole con una «non umana» – femmina di bisonte, animale che i Mandan mangiano, o femmina cheyenne, che mangia i Mandan – si accompagna all’introduzione dei giochi d’azzardo, che sono una forma di guerra, e segna l’inizio di una vera e propria guerra contro i nemici, in numero di dieci (i fratelli della moglie cheyenne) o dodici (i villaggi coalizzati).
Ogni volta, il figlio del Sole combatte insieme a questi nemici, muore e gli viene tagliata la testa. Infine, se nel mito della disputa degli astri Luna aiuta i Mandan assumendo l’aspetto di un uccello-tuono, tutt’e due i miti terminano con l’offerta della testa tagliata a un serpente acquatico.

(Lévi-Strauss, Le origini delle buone maniere a tavola)

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per convincerlo bisogna dirgli una bugia: per convincere Sole a venire alla festa a «ripetere» un vecchio flirt con la Bisontessa, c’è solo una cosa da fare, quella stessa cosa che altrove, a un’altra latitudine del Racconto, è necessaria per convincere il Lupo a farsi legare mani e piedi – bisogna dirgli una bugia.
Non c’è, dice il Racconto, che questo solo modo per spuntarla col Cannibale della nostra immaginazione: ingannarlo con le parole.
Dai, vieni alla festa! – oppure: Su, facciamo un bel gioco! Ecco cosa bisogna dire al tre-native-americaneCannibale, per non farsi divorare. Se poi l’Orco ti domanda il nome, tu fa’ come Odisseo: digli che ti chiami Nessuno.

Sole è il Signore della Luce, il Dispensatore delle Apparenze – e niente c’è che inganna più dell’Apparente. Sole ci inganna, finge di esserci amico, dice che vuole solo giocare con noi. Ma non ci dice cosa intanto trama alle nostre spalle, in combutta coi nostri nemici.
Sole inganna bene, ma talmente bene che… finisce per ingannare in primis se stesso, soprattutto quando si tratta di trovarsi una moglie. Una volta infatti preferisce la Rana alla donna umana (perché, dice, non fa le smorfie che ha visto fare alle Indiane), un’altra preferisce la «sdentata» cheyenne alla leggiadra «Seta di Mais» (solo perché questa, pur avendo i denti, non è cannibale come lui), e un’altra ancora (è il nostro caso) si fa infinocchiare dalla Bisontessa, ovvero da una vecchia fiamma che, a quanto pare, avrebbe volentieri fatto a meno di rinfocolare.

Sole, l’Apparente, inganna in silenzio. A differenza di Luna, non cerca una Donna a cui rivolgere la parola. Sole è il Signore della Luce Muta, dei Miraggi e delle Immaginazioni che ci attraggono prima del nostro avvento alla Parola. Insomma: Sole fa la prima Differenza – la differenza immaginale. Fa il primo Miraggio, la prima Allucinazione – la prima «sintesi del tempo» che irrompe nei flussi della nostra «immediatezza» aprendovi quel Vuoto che fu tutta la «sostanza» della nostra libido, e che è e che sarà tutto lo spazio a noi concesso in sogno da Afrodite.

Sole, l’Apparente, è l’Ingannatore Silente: a chi s’affida al suo «linguaggio muto» fa fare sempre «la scelta sbagliata», perché lui stesso non fa che sbagliare, quando si tratta di procurarsi una sposa. La «differenza» che Sole sottrae e fa sottrarre, allucinandola, alla nostra immaginazione analfabetica – attenzione a quel che dice il Racconto! – quella Differenza è sempre destinata a essere «cannibalizzata», se cannibale non è, essa pure, come l’Orco che la impone al nostro sguardo.

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Il Racconto si raccomanda. Ci dice: fate attenzione, ché la prima «sintesi del tempo» è dettata dalla Voracità del Sole! È la voracità del Continuo che se ne nutre. È la voracità dell’Oblio che se la pappa!
Perciò, sul fondo del primo «piacere» giace quello che Freud chiama «istinto di morte». È per via di questo autoinganno primitivo della Luce prigioniera delle sue stesse Apparenze, se al Polo opposto di Eros non può esserci che Thanatos, e se in fondo ad ogni dejà vu non c’è, in realtà, altro che il «mai visto»: in fondo al Sempre, nient’altro che il Mai.

Questa è la sola del Sole. La Prima Sola spacciata alla nostra idiota ingenuità immaginale. Saremmo perduti se non ci fosse, a darci una mano, qui nel nostro villaggio, in mezzo a noi, la Bisontessa.
Sole vi sfida all’azzardo, dice la Bisontessa. Come fate a non vedere che, col suo «malocchio», vuole solo prendersi la vostra vita? Fate attenzione, ché il suo è un gioco sporco!
Questo ci manda a dire il Racconto delle Pianure americane. Che siamo stati stregati dall’Apparente. Che siamo, tra i fiori, noi i Narcisi.

Ci manda a dire che, se fosse sempre estate, sempre mezzogiorno, e noi sempre a errare nelle pianure per dare la caccia ai bisonti – se non venisse poi anche l’inverno, e con l’inverno la lunga notte, e il gelo a freddare l’ardore dell’Allucinazione – se i bisonti non Hidatsa-danzatore-guerrierovenissero loro da noi a metterci in guardia dall’Ingannatore – se la Bisontessa non avesse preso le nostre difese, se non avesse chiamato in soccorso Luna, e se Luna non ci avesse rivolto la parola /a noi, tramite la Donna Umana che fu sua sposa lassù in cielo/ non saremmo in grado di dire a Sole la bugia, con cui finalmente sottrarci alla sua ingannevole sottrazione.

Non avremmo la parola per mentirgli, non avremmo di che «maledire» la sua allucinazione, neanche una sola nota per «musicare» una seconda «sintesi del tempo», con cui differenziare la primitiva «differenza muta».
Non avremmo in mezzo a noi, qui nel nostro villaggio, il «poeta» Eros, e sua «madre», Afrodite, ci sarebbe irraggiungibile perfino in sogno.
La Parola ci serve per ingannare l’Orco. Ci serve per accecargli quell’«unico occhio» [di un’Immaginazione (ancora) senza parola]: per sovrascrivere una bugia al «miraggio» con cui la sua Luce ci ha ingannati, e ritorcergli contro il suo stesso inganno, doppiandolo col linguaggio simbolico.

C’è un dettaglio nel nostro racconto, buttato lì apparentemente per caso, e a cui invece conviene prestare attenzione.
Il Racconto dice che la testa del «Figlio del Sole» (chi sarà mai questo «figlio», se non il primo Miraggio?) fu affidata in custodia al Serpente che viveva alla confluenza del Knife e del Missouri – alla confluenza di due flussi immaginali (il Reale e il Virtuale, il Presente e il Passato).
La «testa mozzata» al Miraggio fu dunque collocata all’incrocio di due filoni immaginali. Tra i due solstizi, tra l’estate e l’inverno, tra il nomadismo e la vita sedentaria, a eguale distanza dall’avventura esogamica e dalla routine endogamica – ecco spuntare la Ripetizione, spostata e mascherata, dell’antica Differenza. Ecco spuntare la sua prima «falsificazione»: la bugia con cui rimettere Sole faccia a faccia col suo Passato.

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La sua Vecchia Amante, sedotta e abbandonata, non è cannibale come lui. E tuttavia Sole non l’ha «cannibalizzata»: è ancora viva e presente.
È la nostra vecchia Differenza che ritorna agli incroci equinoziali tra la Notte e il Giorno. È la nostra Selvaggina, la Bisontessa a cui diamo la caccia tutta l’estate, la nostra Preda immaginale – che d’inverno ritorna per venire a sottrarci con l’aiuto di Luna, grazie alla Parola che Luna ci ha rivolto, alle fauci del Cannibale, l’Oblio.
Ci ha salvato l’arte della menzogna – questo dice il Racconto.
Qui dice che l’abbiamo detta al Sole, altrove dice che l’abbiamo detta al Lupo, e da allora dice che la bugia la diciamo un po’ a tutti – perché questa sola risorsa abbiamo per rivalerci della Sola del Sole: diventare noi pure ingannatori come Lui. Sul suo abbaglio possiamo solo sovrascrivere uno sbaglio, a guardia del quale c’è un serpente che dimora alla Confluenza dei due Fiumi.