Siamo così giunti a un secondo principio al di là del principio di piacere, a una seconda sintesi del tempo nello stesso inconscio.
La prima sintesi passiva, quella di Habitus, presentava la ripetizione come legame, sul modo sempre ripreso di un presente vivente. Assicurava la fondazione del principio di piacere, in due sensi complementari, poiché ne risultavano a un tempo il valore generale del piacere come istanza alla quale la vita psichica finiva ora per sottomettersi nell’Es, e la gratificazione particolare allucinatoria che veniva a colmare ciascun «io passivo» di un’immagine narcisistica di sé.
La seconda sintesi è quella di Eros-Mnemosine, che pone la ripetizione come spostamento e mascheramento, e funziona come fondamento del principio di piacere: si tratta allora di sapere, in effetti, come tale principio si applichi a ciò che esso regola, a condizione di quale uso, a prezzo di quali limitazioni e di quali approfondimenti.
La risposta è data in due direzioni: l’una è quella di una legge di realtà generale, secondo cui la sintesi passiva si trascende verso una sintesi e un io attivi; secondo l’altra invece essa si approfondisce in una seconda «sintesi passiva», che raccoglie la gratificazione narcisistica particolare riferendola alla contemplazione di oggetti virtuali. Il principio di piacere riceve qui nuove condizioni, sia nei riguardi di una realtà prodotta, sia nei confronti di una sessualità costituita.
La pulsione, che si definiva soltanto come eccitazione legata, appare ora sotto una forma differenziata: come pulsione di conservazione secondo la linea attiva di realtà, come pulsione sessuale in questa nuova profondità passiva. Se la prima sintesi passiva costituisce un’«estetica», è giusto definire la seconda come l’equivalente di un’«analitica». Se la prima sintesi passiva è quella del presente, la seconda è la sintesi del passato. Se la prima si serve della ripetizione per sottrarne una differenza, la seconda sintesi passiva comprende la differenza in seno alla ripetizione; difatti le due figure della differenza, il traslato e il travestito, lo spostamento che investe simbolicamente l’oggetto virtuale, e i mascheramenti che investono immaginariamente gli oggetti reali in cui esso «prende corpo», sono divenuti gli elementi della stessa ripetizione.
Questo spiega perché Freud prova un certo imbarazzo nel distribuire la differenza e la ripetizione dal punto di vista dell’Eros, nella misura in cui egli conserva l’opposizione di questi due fattori, e comprende la ripetizione sotto il modello materiale della differenza annullata, mentre definisce l’Eros mediante l’introduzione o anche la produzione di nuove differenze. Ma in realtà, la forza di ripetizione di Eros deriva direttamente da una potenza della differenza, che Eros trae da Mnemosine, e che tocca gli oggetti virtuali come altrettanti frammenti di un passato puro.
Non l’amnesia, quanto piuttosto una ipermnesia, come già Janet aveva sotto certi aspetti intuito, spiega il ruolo della ripetizione erotica e il suo modo di combinarsi con la differenza. Il «mai visto» che caratterizza un oggetto sempre spostato e mascherato affonda nel «già visto», come carattere del passato puro in generale da cui l’oggetto è estratto. Non si sa quando lo si è visto né dove, conforme alla natura oggettiva del problematico; e al limite solo l’insolito, lo straniero, è familiare, e soltanto la differenza si ripete.
È vero che la sintesi di Eros e Mnemosine accusa ancora un’ambiguità. Difatti la serie del reale (o dei presenti che passano nel reale) e la serie del virtuale (o di un passato che differisce per natura da ogni presente) formano due linee circolari divergenti, due cerchi o anche due archi di uno stesso cerchio, in rapporto alla prima sintesi passiva di Habitus. Ma in rapporto all’oggetto = x preso come limite immanente della serie dei virtuali, e come principio della seconda sintesi passiva, sono i presenti successivi della realtà a formare ora serie coesistenti, cerchi o anche archi di uno stesso cerchio.
È inevitabile che i due riferimenti si confondano, e che il passato puro ricada così nello stato di un antico presente, fosse anche mitico, ricostituendo l’illusione che si supponeva dovesse denunciare, risuscitando l’illusione di un originario e di un derivato, di un’identità nell’origine e di una somiglianza nel derivato. Inoltre, Eros si vive a sua volta come ciclo, o come elemento di un ciclo, di cui l’altro elemento opposto non può essere se non Thanatos al fondo della memoria, combinandosi entrambi come amore e odio, costruzione e distruzione, attrazione e repulsione: costante ambiguità del fondamento di rappresentarsi nel cerchio che pure impone a ciò che fonda, di rientrare come elemento nel circuito della rappresentazione che di diritto determina.
Il carattere essenzialmente perduto degli oggetti virtuali, e quello essenzialmente mascherato degli oggetti reali, costituiscono la motivazione più piena del narcisismo. Ma allorché la libido si riflette o rifluisce sull’io, e quando l’io passivo diviene interamente narcisistico, ciò accade interiorizzando la differenza tra le due linee, e nella misura in cui esso si sperimenti come ininterrottamente spostato nell’una, costantemente mascherato nell’altra.
L’io narcisistico è inseparabile non solo da una ferita costitutiva, ma dai mascheramenti e spostamenti che, intessendosi da un’estremità all’altra, costituiscono il suo modificarsi. Maschera per altre maschere, travestito sotto altri travestimenti, l’io non si distingue più dai propri buffoni, e cammina zoppicando su una gamba verde e una gamba rossa.
(Deleuze, Differenza e ripetizione)
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E dunque: al di là del principio di piacere Deleuze avvista un ulteriore principio; e nella (kantiana) «sintesi del tempo», sdoppiandola, ne percepisce, oltre a una «passiva»: quella di Habitus, un’altra, se non proprio «attiva», quantomeno «media»: quella che egli chiama di Eros-Mnemosine.
Quando un nuovo «essere» vi giunge, nell’Humus di Fondazione, nel Reame dell’Abitudine, degli Usi e dei Costumi di una Gente, nel Logos delle monadi che lo popolano, è già vigente il «principio di piacere». È già in circolazione «il valore generale del piacere come istanza alla quale è sottomessa la vita psichica nell’Es»: sebbene l’ultimo arrivato non sia ancora un «essere psichico», nondimeno si trova a pascolare nella Terra in cui una Gente ha già «valorizzato» il principio del piacere come istanza psichica condivisa. Sicché il suo pathos non può non accoglierne le «voluttà», non può non riceverne gli stimoli che l’indurranno infine a ideare «un’immagine narcisistica di sé», un primo «gingillo virtuale»… salvo poi a dover scoprire che questo è a lui troppo vicino, troppo «identico», per poter continuare a sostenere il Gioco della differenza, e a ripetere il miraggio del «non identificabile», del «mai visto».
Una volta «narcisizzato», il neonato Narciso diviene lui il nuovo fondamento del principio di piacere: sull’antica differenza sottratta all’Abitudine, sulla prima «sintesi passiva», adesso si sovrascrive un nuovo principio, una «seconda sintesi» medio-passiva, a uso e consumo del «secondogenito»: a dettarla sono insieme l’apparizione di Eros al suo orizzonte «patetico», ossia delle nuove maschere di cui il «piacere» si traveste nel Presente, e il richiamo di Mnemosine… ahimé, a lui troppo lontana, troppo «altra», troppo remota, per non essere il suo Passato, lo sfondo irraggiungibile di tutti i suoi «oggetti virtuali».
Si può pensare che sia la stessa «sintesi passiva» [dell’Abitudine al piacere] a «trascendere», da sé, verso una «sintesi attiva»; oppure, ed è questa la strada seguita da Deleuze, la vecchia sintesi «si approfondisce» ulteriormente, diviene cioè ancor più «patetica» affondando in una seconda «sintesi passiva», che estende il narcisismo primitivo alla contemplazione di «oggetti virtuali» altri dalla sua propria immagine.
Narciso diviene «io», cioè «un altro», per poter giocare al Gioco dell’Altro – al Gioco erotico, dove il desiderio è sempre il desiderio dell’altro, e l’Altro è insieme il desiderante e il desiderato.
In ogni caso, Narciso non è l’io, non ancora. E tuttavia l’io è di là che viene: dal compiacimento di Narciso stregato dalla sua stessa immagine. Perché è proprio l’Immagine, essa, che trascina Narciso nel gioco di spostamenti e di mascheramenti reciproco tra Reale e Immaginale, tra Presente e Passato. Essa a legare Narciso al filo doppio delle pulsioni – «conservative» /fino, a volte, alla timidezza più estrema/ sul fronte della «realtà», quanto «creative» /fin delle fantasie più bizzarre/ su quello «virtuale».
Dall’«estetica» all’«analitica». Questo è il cammino «terapeutico» di Narciso. A ogni fallimento «estetico» tanto più dovrà rifare il look all’«oggetto virtuale», quanto più si troverà a patirne la distanza dal Reale.
Ora, non si tratta più per lui di sottrarre una differenza all’Abitudine: tale era risultata, infine, solo la sua immagine, la sola che lo gratificava.
Ora si tratta di «ripetere» quella differenza, sempre quella che giace sul fondo del suo «essere» ai confini tra l’Oblio e la Memoria. Ora Narciso deve farsi «strabico», in modo da poter contemplare insieme «le due figure della differenza, il traslato e il travestito», deve cioè inseguire e perseguire quella differenza da un posto all’altro dei suoi spostamenti, e da un guardaroba all’altro, dove essa immancabilmente rinnova le maschere dei suoi travestimenti. Ora, luoghi e abbigliamenti «sono divenuti gli elementi della stessa ripetizione».
La ripetizione non «annulla» la differenza, al contrario: la moltiplica per tutti i «viaggi» in cui è incamminata, e per tutte le «maschere» che indossa a ogni carnevale. La differenza non è in opposizione né in contraddizione con la Ripetizione: a ripetersi non è lo Stesso, ma la Differenza, e la Differenza non si ripete mai «identica» e non si manifesta mai nello stesso posto, ma si differenzia spostandosi e mascherandosi per tutta l’ampiezza del Vuoto che accusa ogni volta che s’incrociano il Presente e il Passato, ogni volta che appare Eros all’orizzonte e, voilà, è già subito confuso con uno degli «oggetti virtuali» che Mnemosine custodisce nella sua casa «ai confini del mondo».
La potenza di Eros è di ripetere sempre quella Differenza anticamente sottratta, sempre quel Vuoto accusato sulla soglia tra il Lete e l’alêthé. È quella Differenza a «generare» Eros. E non, come crede Freud, Eros a spazzare via la vecchia Differenza e a farsene una nuova, a procurarsi cioè un nuovo «giocattolo» con cui spassarsela rimuovendo il Passato.
Ah, mia bella Addormentata, non fare la fesseria di dare la palma della vittoria al Nuovo anziché al Vecchio! Questa battaglia si vince impugnando armi vecchie. A capo del tuo problema non c’è la Forma Presente, la più recente, la più vicina, la più reale, con cui Eros entra in scena nel tuo mondo. A capo c’è sempre la Vecchia Differenza, quella di cent’anni fa, l’Inattuale – ma sì, chiamiamola col suo nome: l’Afrodisiaca. Quella al di là di ogni «erotismo», la Straniera a tutte le rappresentazioni, la Mai Vista e, tuttavia, Lei la sola Udita. Lei, la sola di cui «si dice» tutto quel che si dice, ma senza mai riuscire a dirla.
L’apparizione di Eros non ha bisogno, per essere introdotta, di nuove differenze che vengano a «rimuovere» Afrodite. Non ha bisogno di farsi «eccitare» da differenze altre dall’Antica, sopraggiunte in un secondo momento, post-narcisistico.
Al contrario, dice Deleuze, la differenza Antica, quella passivamente «sottratta» all’Abitudine, è già capace, da sé, di «estrarre» o comunque di percepire Eros da Mnemosine – di attingere, cioè, «erotismo» dal Passato: di «innamorarsi» al Presente, hic et nunc, del Passato, e dunque di desiderare i suoi «oggetti virtuali come altrettanti frammenti di un passato puro». Di desiderarli come ripetizioni di quel Passato – come sue rievocazioni.
La Differenza è già «nata», prima ancora che Eros venga al mondo.
Perciò Afrodite è «estranea» a qualunque Messinscena Erotica: il suo Corpo è velato di settantamila veli. Ogni velo ha settantamila pieghe. E ogni piega non è che un momento della ripetizione «afrodisiaca» che fa emergere la Differenza Antica, la Venere Anadyomene, la sua controfigura che «galleggia» sulle onde del primo Miraggio «erotico» – all’incrocio delle due «serie»: dei Presenti Reali e del Passato Virtuale.
È alla «confluenza dei due fiumi», Reale e Immaginale, che viene al mondo il primo Simbolo, e con esso anche il primo Diavolo. È la che si sfascia la Nave Argo, e Giasone deve «riorganizzare» l’equipaggio, se vuole andare avanti.