Afanasjev – La bimba saggia

Manfredi-cavalle

Andavano due fratelli – uno povero l’altro ricco – tutt’e due a cavallo: il povero aveva una giumenta, il ricco uno stallone. Pernottarono fianco a fianco. Nella notte la giumenta del povero diede alla luce un puledrino; il puledro rotolò sotto la carretta del ricco.
Al mattino, il ricco risveglia il povero: «Alzati, fratello, stanotte la mia carretta ha partorito un puledro».
Il fratello si alza e dice: «Com’è possibile che una carretta faccia un puledro? È la mia giumenta che l’ha partorito».
Dice il ricco: «Se fosse stata la tua giumenta, avremmo trovato il puledro vicino a lei!».

Litigarono ben bene, e andarono a finire dinanzi alle autorità; il ricco regala ai giudici dei soldi, il povero s’esprime a parole.
La cosa arrivò dinanzi allo zar. Allora egli ordinò di chiamare tutt’e due i fratelli, e propose loro quattro indovinelli: «Qual è la cosa più forte e più veloce al mondo? qual è la più grassa, al mondo? qual è la cosa più morbida di tutte? e quale la più cara?», e pose loro un termine di tre giorni: «Al quarto tornate, e datemi risposta!».

Il ricco pensa pensa, si ricordò d’una sua comare, e andò a chiederle consiglio. Lei lo fa sedere a tavola, gli offre da mangiare, e intanto chiede: «Perché sei così triste, zar-paintfiglioccio?».
«Il sovrano mi ha proposto quattro indovinelli da risolvere, e m’ha dato tre giorni di tempo».
«Di che si tratta? dimmi».

«Ecco qua, comare: il primo indovinello è: qual è la cosa più forte e più veloce al mondo?».
«Che razza d’indovinello! mio marito ha una giumenta baia; niente è più veloce di lei, se la colpisci col frustino, raggiunge una lepre».
«Il secondo indovinello è: cosa c’è di più grasso, al mondo?».
«Da noi, l’altr’anno, un servo ha allevato un maiale; è diventato così grasso, che non si tiene ritto sulle zampe!».
«Il terzo indovinello è: cosa c’è di più morbido al mondo?».
«Lo sanno tutti: il piumino, non puoi immaginare nulla di più morbido!».
«Il quarto indovinello è: cosa c’è al mondo di più caro?».
«Più caro di tutto al mondo è il mio nipotino Gigetto!».
«Grazie, comare! m’hai insegnato proprio bene, non dimenticherò mai questo che hai fatto».

Il fratello povero intanto tornò a casa versando amare lacrime; gli viene incontro la figliola di sette anni (quella bambina era tutta la sua famiglia).
«Perché piangi e singhiozzi, babbino?».
«Come non singhiozzare? Come non piangere? Lo zar m’ha dato quattro indovinelli da risolvere, e io non li potrò mai indovinare».
«Dimmi, che indovinelli sono?».

«Ecco qua, figliola: qual è la cosa più forte e più veloce al mondo? quale la più grassa? e la più morbida? e la più cara?».
«Va’, babbino, e di’ allo zar: più forte e più veloce di tutto è il vento; più grassa di tutto è la terra: qualunque cosa cresca e viva è nutrita dalla terra! Più morbida di tutto è la bimba-padre-paintmano: su qualunque cosa dorma una persona, mette sempre la mano sotto la testa; e più caro del sonno non c’è niente al mondo!».

Tornano dallo zar tutt’e due i fratelli: e il ricco, e il povero. Lo zar li ascoltò, poi chiede al povero: «Li hai risolti da te, o qualcuno t’ha insegnato?».
Risponde il povero: «Maestà! Ho una bambina di sette anni, è lei che m’ha insegnato».
«Visto che tua figlia è così saggia, ecco un filo di seta per lei; che per domani mi tessa un asciugamano arabescato».

Il contadino prese il filo di seta; arriva a casa tutto triste e afflitto: «Disgraziati noi! – dice alla figlia. – Lo zar ordina di tessere un asciugamano con questo filo».
«Non prendertela, babbino!», rispose la bambinuccia; spezza il manico della scopa, lo diede al padre, e gli raccomanda: «Va’ dallo zar, digli che trovi un mastro capace di fare da questo pezzo di legno un telaio, su cui poter tessere l’asciugamano!».
Il contadino riferì allo zar. Allora lo zar gli dà centocinquanta uova: «Dalle a tua figlia – dice –, che domani mi porti centocinquanta pulcini».

Il contadino tornò a casa ancor più triste e afflitto: «Ah, figliola! ci liberiamo da un malanno, ce ne cade addosso un altro!».
«Non te la prendere, babbino», rispose la bimbetta; fece cuocere le uova e le mise da parte per il pranzo e la cena, e manda il padre dallo zar: «Digli che per nutrire i pulcini occorre del frumento maturato in un giorno: bisogna che in un sol giorno il campo sia arato, il grano seminato, mietuto e battuto; altro i nostri pulcini non mangiano!».

Lo zar ascolta e dice: «Visto che tua figlia è così saggia, che domattina si presenti lei stessa da me: né a piedi né a cavallo, né nuda né vestita, né con doni né senza regalo».
«Ah! – pensa il contadino – compiti così astuti neppure mia figlia li risolverà; questa volta siamo proprio perduti!».
«Non affliggerti, babbino! – gli disse la figlia di sette anni –, va’ dai cacciatori e comprami una lepre viva e una quaglia viva».
Il padre andò e le comprò la lepre e la quaglia.

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Il giorno dopo, al mattino, la bimbetta si tolse tutti i vestiti e indossò una rete, prese tra le mani la quaglia, si mise a cavalcioni della lepre e andò alla reggia.
Lo zar le va incontro al cancello. Lei gli fece un inchino: «Sovrano, ecco un regalino per te!», e gli porge la quaglia.
Lo zar tese la mano: con un frullo la quaglia prese il volo!
«Bene! – disse lo zar –, hai fatto come avevo ordinato. Dimmi ora: tuo padre è povero, di che vi nutrite?».
«Mio padre pesca il pesce sulla riva secca, le nasse non le mette mica in acqua; io porto il pesce nel lembo della mia veste e cuocio la zuppa».

«Che dici, sciocca! Da quando in qua il pesce vive sulle rive secche? Il pesce nuota in acqua!».
«E tu, allora, sei intelligente? Da quando in qua s’è visto una carretta partorire un puledro? Non la carretta, ma la giumenta lo partorisce!».
Lo zar giudicò che il puledro doveva essere consegnato al contadino povero, e la figlia la tenne con sé; e quando la bambina fu cresciuta, la sposò, e lei divenne zarina.

(Afanasjev, Antiche fiabe russe)