Freud – La dimenticanza di una parola

Savinio-riposo-ermafrodito

Ci sono pensieri che non si lasciano liquidare così facilmente, grumi di ansia che si rifiutano alla liquefazione – pensieri che arrivano a scipparci le parole di bocca, non avendo altro modo di dirci: ehi, ci siamo anche noi quaggiù, mentre tu distrattamente parli dell’infelice amore di Didone. Tu fingi di ignorarci, ma ci siamo anche noi e, per segnalarti la nostra presenza, ricorriamo a questo mezzuccio di «sottrarre» aliquis al verso che tu conosci a memoria.
Dovremmo imparare a rispettare i diritti dei pensieri che ci pensano (e ci fanno i dispetti) mentre noi pensiamo (o crediamo di pensare) a tutt’altro. E insieme dovremmo prendere atto che ci sono fiumi nel Fiume della Parola, e ci sono serie, e successioni di pensieri e connessioni di parole, che scorrono in diverse
regioni e sotto differenti climi della nostra mente.

***

L’estate scorsa rinnovai – anche stavolta in viaggio di vacanza – la conoscenza di un giovane di formazione accademica, il quale, come presto mi accorsi, conosceva alcune mie pubblicazioni di psicologia. Eravamo venuti a discorrere, non ricordo più come, della posizione sociale della razza alla quale noi due apparteniamo, ed egli, ambizioso, si diffondeva in espressioni di rammarico per il fatto che la sua generazione era destinata ad atrofizzarsi, così si era espresso, non potendo sviluppare i suoi talenti né soddisfare i Bourdon-morte-Didonesuoi bisogni. Egli chiuse la sua perorazione calda e appassionata col noto verso di Virgilio in cui l’infelice Didone affida ai posteri la sua vendetta contro Enea: «Exoriare…», o per meglio dire voleva chiudere così, poiché non riuscì a ricostruire la citazione e cercò di coprire mediante trasposizione di parole una evidente lacuna della sua memoria: «Exoriar(e) ex nostris ossibus ultor».

Infine disse seccato: «La prego, non mi guardi con quella espressione ironica, come se il mio imbarazzo la divertisse, e mi aiuti piuttosto. In quel verso manca qualcosa. Com’è dunque il verso completo?».
«Volentieri», risposi, e citai correttamente: «Exoriar(e) ALIQUIS nostris ex ossibus ultor [dalle nostra ossa sorga qualcuno come vendicatore: Eneide, 4: 625]».
«Ma che stupidaggine, dimenticare una parola così. Del resto pare che secondo Lei non si dimentichi nulla senza motivo. Sarei proprio curioso di sapere come mai io abbia potuto dimenticare questo pronome indefinito aliquis».

Accettai prontamente la sfida, sperando in un contributo alla mia collezione. Dissi dunque: «Lo potremo sapere senz’altro. La devo soltanto pregare di comunicarmi sinceramente e non criticamente tutto quanto Le viene in mente fissando la Sua attenzione sulla parola dimenticata, ma senza una determinata intenzione».
«Va bene, ecco che mi viene in mente una cosa ridicola, dividere la parola in due pezzi, così: a e liquis».
«Che intende dire con questo?».
«Non saprei».
«Che altro Le viene in mente?».
«Ecco, la continuazione è questa: reliquie, liquidazione, fluidità, fluido. Lei forse ha già capito?».
«No, tutt’altro. Ma continui».

san-Simonino

«Io penso – proseguì ridendo sarcasticamente – a Simonino da Trento, del quale ho visto le reliquie in una chiesa di Trento circa due anni fa. Penso all’accusa sanguinosa che proprio adesso di nuovo si sta elevando contro gli ebrei, e allo scritto di Kleinpaul che in tutte quelle presunte vittime ravvisa incarnazioni o nuove edizioni, per così dire, del Redentore».
«Questo che Le viene in mente non è del tutto senza connessione con l’argomento sul quale c’intrattenevamo prima che Lei dimenticasse la parola latina».
«Esatto. Penso inoltre a un articolo di un giornale italiano che ho letto recentemente. Mi pare che il titolo fosse: “Quel che sant’Agostino dice alle donne”. E di questo cosa se ne fa?».
«Aspetto».

«E adesso viene qualcosa che certamente non ha connessione alcuna col nostro argomento».
«Favorisca astenersi da qualsiasi critica e…».
«Lo so; lo so. Mi ricordo di un magnifico vecchio signore che ho incontrato in viaggio la settimana scorsa. Un vero originale. Aveva l’aspetto di un grande uccello rapace. Il suo nome, se Le interessa, è Benedetto».
«Perlomeno abbiamo una serie di santi e Padri della Chiesa: san Simonino, sant’Agostino, miracolo-san-Gennarosan Benedetto. Un Padre della Chiesa si chiamava, credo, Origene. Tre di questi nomi del resto sono anche nomi di persona, come Paolo nel cognome Kleinpaul».

«Adesso mi viene in mente san Gennaro e il miracolo del suo sangue; mi pare che così si continui meccanicamente».
«Lasci stare; san Gennaro e sant’Agostino hanno entrambi a che fare col calendario [gennaio e agosto]. Non vuole ricordarmi il miracolo del sangue?».
«Ma Lei lo conoscerà certamente! In una chiesa di Napoli si conserva in una fiala il sangue di san Gennaro, che in una determinata festività per un miracolo ridiventa liquido. Il popolo attribuisce valore enorme a questo miracolo e si eccita molto se tarda a verificarsi, come accadde una volta durante un’occupazione francese. Il generale occupante (o mi sbaglio? che fosse Garibaldi?) prese da parte il reverendo e, mostrandogli con gesto molto significativo i soldati allineati sulla piazza, gli fece intendere che sperava che il miracolo si sarebbe compiuto molto presto. E infatti si compì…».

«Ebbene? Avanti, perché si ferma?».
«Adesso per la verità mi è venuta in mente una cosa… troppo intima, però, per essere comunicata… del resto non vedo alcuna connessione e alcuna necessità di raccontarla».
«Alla connessione ci penso io. Non posso costringerLa a raccontare cose che Le sono sgradevoli; ma allora non mi chieda di spiegarLe come sia giunto a dimenticare la parola aliquis».

«Davvero? Crede? E allora ecco, all’improvviso ho pensato a una signora dalla quale facilmente potrei ricevere una notizia che sarebbe assai sgradevole per entrambi».
«Che non ha avuto le mestruazioni?».
«Come ha potuto indovinarlo?».
«Non è difficile, ormai. Lei stesso mi ha preparato abbastanza. Pensi un po’ ai santi del calendario, alla liquefazione del sangue in un giorno determinato, al tumulto quando il ampolla-san-Gennarofatto non si verifica, alla chiara minaccia che il miracolo deve avvenire, altrimenti… Lei si è servito magnificamente del miracolo di san Gennaro per alludere ai periodi della donna».

«Senza esserne consapevole. E Lei crede davvero che per questa ansiosa attesa io non abbia saputo riprodurre la paroletta aliquis»?
«A me sembra fuori dubbio. Si ricordi dunque della Sua scomposizione in aliquis e delle associazioni: reliquie, liquidazione, fluidità. È proprio necessario che io introduca nella connessione anche san Simonino, che Le venne in mente dopo le reliquie e che fu sacrificato bambino?».

«È meglio che non lo faccia. Spero che Lei non prenda sul serio questi pensieri, posto che io li abbia veramente avuti. In compenso Le confesserò che la signora è italiana, in compagnia della quale ho visitato anche Napoli. Ma tutto questo non può essere un puro caso?».
«Lascio giudicare a Lei se può spiegare tutte queste connessioni ricorrendo al caso. Io Le posso dire, comunque, che tutti i fatti analoghi, se vorrà analizzarli, La porteranno a “casi fortuiti” altrettanto strani».

(Freud, Psicopatologia della vita quotidiana)