Yan Yuan disse a Zhong-ni: «Maestro, quando andate al passo vi seguo al passo; quando correte vi seguo di corsa; quando galoppate vi seguo al galoppo; ma quando prendete lo slancio non posso fare altro che guardarvi spalancando gli occhi, senza potervi raggiungere».
«Hui, – gli chiese il maestro – cosa vuoi dire con questo?».
«Il vostro passo – rispose Yan Hui – sono le vostre parole, e queste posso seguirle; la vostra corsa sono i vostri ragionamenti, e posso seguirli; il vostro galoppo sono i vostri discorsi sul Tao, e posso seguirli. Se non posso imitare il vostro slancio e raggiungervi, è perché in quel momento ispirate fiducia senza parlare, vi mettete alla portata di tutti senza prendere posizione; è perché, senza che vi mettiate al loro servizio, gli uomini si presentano davanti a voi e nessuno sa il perché del vostro ascendente».
«Guardiamo queste cose più da vicino – disse Zhong-ni. – Niente è più deprecabile della morte spirituale. La nostra morte propriamente detta è meno penosa. Il sole sorge a oriente e tramonta a occidente. In ogni cosa, per gli esseri le cose vanno allo stesso modo; se i loro occhi vedono e i loro piedi camminano, è pur sempre in funzione di queste trasformazioni: per loro, il sorgere del sole è la vita, il tramonto la morte. Tutti gli esseri muoiono e vivono in dipendenza.
Dopo aver ricevuto una forma compiuta, la conserviamo fino alla fine della nostra esistenza. Ma come tutti gli altri esseri, non smettiamo di muoverci giorno e notte, senza che nessuno di noi conosca la sua fine ultima. Naturalmente dotati di un corpo, non possiamo conoscere in anticipo ciò che il Destino ci riserva, e così, giorno dopo giorno, la nostra vita scorre.
Tu e io abbiamo vissuto fianco a fianco, ma non hai ancora colto questa verità fondamentale. Non è deplorevole?
Hai notato solo le mie manifestazioni esteriori, ma queste sono già concluse e tu sei come uno che vada per comprare cavalli alla fiera quando essa è già vuota e deserta.
Tu non puoi ritrovare il mio comportamento passato; io non posso ritrovare il tuo. Che male c’è in questo?
Benché tu dimentichi ciò che è il mio passato, c’è tuttavia in me qualcosa che non si dimentica».
(Zhuang-zi, 21)
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È da questo «indimenticabile», da questo «qualcosa che non si dimentica» che proviene l’ascendente del maestro Zhong-ni.
La «verità fondamentale» che il suo discepolo ancora tarda a comprendere, è che tutto scorre e si trasforma, tutto passa e si dimentica: le parole, i discorsi, e perfino i canti più estatici. Si dimentica addirittura il Tao, e ogni «sapere» è messo a tacere dal Tempo.
Perché, dunque, Yan Hui insiste a «imitare», se quel che «imita» è sempre già passato? Perché rincorre l’identità di quel che intanto è già tramontato? Come fa a non vedere d’essere sempre in ritardo su ciò che «apprende» dalle parole e dai discorsi?
Le parole, i discorsi, insomma tutto l’«imitabile» che il discepolo si sforza di «apprendere», è materia cangiante, corpo instabile e volatile: com’è che Yan Hui non vede che, al di là delle parole e dei discorsi, al di là del Tempo della memoria e delle rappresentazioni simboliche, sovrano regna lo scorrere del Tempo nell’Oblio?
È da questo scorrere (i Greci dicevano del Lete) che ciascuno di noi riceve un presente: il suo modo e il suo grado di presenza alla «cosa che non dimentica» (la sua alêthé).
Non è fatta di parole, questa sua «cosa indimenticabile». L’alêthé è fatta di Lete. È una dimenticanza elevata a una sua più o meno erotica potenza. È il Passato, infatti, il Dimenticato, a «rilasciarla» come ultima traccia della sua eccitazione. Rilascia una «forma vuota» (al di là dei segni e delle parole, al di là della stessa memoria), la forma di una lacerazione, di uno strappo, forse addirittura di una insubordinazione, del Passato al suo abituale oblio.
L’ascendente, vale per il Maestro come per tutti noi, non è una conquista, non è un guadagno, ma una eredità che si riceve («sintesi passiva») dal nostro Passato senza memoria.
Perciò non si apprende, non si imita – perché ciascuno ha il suo proprio in dote.
In fondo, è questo che il Maestro intende suggerire a Yan Hui: perché, invece di tentare di imitare il mio «slancio», non ti affidi anche tu al tuo «indimenticabile»? Possibile che l’hai dimenticato? Perché continui a nasconderti nell’imitazione dei miei passi, delle mie corse e dei miei galoppi? Perché, invece di inseguire il mio Passato, non ti lasci raggiungere dal tuo?