Lacan – Il «giunto» tra l’immaginario e il simbolico

Torniamo al sogno dell’iniezione a Irma.
Credo di aver messo in luce il carattere drammatico della scoperta del senso del sogno che Freud fa tra il 1895 e il 1900, cioè negli anni in cui elabora la sua Interpretazione dei sogni. Quando parlo di questo carattere drammatico, vorrei citarvi a sostegno un passo Martini-Luciferodi una lettera a Fliess che segue la famosa lettera 137, in cui tra il serio e il faceto, ma sì terribilmente serio, Freud suggerisce che questo sogno sarà commemorato dalla lapide – In questa casa il 24 luglio 1895 al dottor Sigmund Freud si svelò il segreto del sogno.

Nella lettera 138 si legge – I grandi problemi non sono ancora risolti, tutto ondeggia e albeggia, un inferno intellettuale, una cosa dopo l’altra, dall’abisso più profondo si profilano alla vista i tratti di Lucifero-Amore.
È un’immagine di onde, di oscillazione, come se il mondo intero fosse animato da un’inquietante pulsazione immaginaria, e nel medesimo tempo un’immagine di fuoco, alla quale appare la silhouette di Lucifero, che sembra incarnare la dimensione angosciante del vissuto di Freud. Ecco ciò che negli anni della quarantina Freud ha vissuto, nel momento decisivo della scoperta della funzione dell’inconscio.
L’esperienza della scoperta fondamentale è stata per Freud una messa in questione vissuta dei fondamenti stessi del mondo. Non c’è bisogno di avere altre indicazioni sulla sua autoanalisi, poiché vi fa allusione, più che rivelarla, nelle lettere a Fliess. Vive in un’atmosfera angosciosa con la sensazione di fare una scoperta pericolosa.

Il senso stesso del sogno dell’iniezione a Irma si riferisce alla profondità di questa esperienza. Questo sogno vi si include, ne è una tappa. Questo sogno fatto da Freud è, in quanto sogno, integrato nel processo della sua scoperta. Per questo viene ad assumere un doppio senso. Al secondo grado, questo sogno non è soltanto un oggetto che Freud decifra, è una parola di Freud. Per questo assume un valore esemplare – altrimenti sarebbe forse meno dimostrativo di altri sogni. Il valore che Freud gli attribuisce in quanto sogno decifrato inauguralmente, resterebbe abbastanza enigmatico se non sapessimo leggere il motivo per cui ha peculiarmente risposto alla questione che gli si poneva e, insomma, ben al di là di ciò che Freud stesso è capace in quel momento di analizzare nel suo scritto.

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Ciò che soppesa, il bilancio che trae sul significato di questo sogno, è di gran lunga superato dal valore storico che di fatto gli riconosce presentandolo a questo punto dell’Interpretazione dei sogni. Ciò è essenziale per comprendere questo sogno. È quanto ci ha permesso una dimostrazione abbastanza convincente, credo, perché non debba tornarci sopra.
Vi tornerò, tuttavia, ma su un altro piano.
Voglio sottolineare infatti che non mi sono limitato a considerare il sogno in se stesso riprendendo l’interpretazione datane da Freud, ma che ho considerato l’insieme formato dal sogno e dalla sua interpretazione, e ciò tenendo conto della funzione particolare dell’interpretazione del sogno in quello che è il dialogo di Freud con noi.
Sta qui il punto essenziale: non possiamo separare dall’interpretazione il fatto che Freud ci presenta questo sogno come il primo passo verso la chiave del sogno. È a noi che Freud si rivolge dando questa interpretazione. […]

La fenomenologia del sogno dell’iniezione a Irma ci ha fatto distinguere due parti. La prima sfocia nel sorgere dell’immagine terrificante, angosciante, di quella vera testa di Medusa, nella rivelazione di quel qualcosa di propriamente innominabile, il fondo di questa gola di forma complessa e insituabile, che ne fa sia l’oggetto primitivo per eccellenza, l’abisso dell’organo femminile da cui esce ogni vita, sia la voragine della bocca in cui tutto è inghiottito, come pure l’immagine della morte dove tutto termina, a causa del rapporto con la malattia della figlia, che avrebbe potuto essere mortale, e con la morte della malata perduta in un’epoca contigua a quella della malattia della figlia, gola-profondaconsiderata da lui come chissà quale ritorsione della sorte per la sua negligenza professionale – una Matilde per l’altra, scrive.

C’è dunque apparizione angosciante di un’immagine che riassume ciò che possiamo chiamare la rivelazione del reale in ciò che esso ha di meno penetrabile, del reale senza alcuna mediazione possibile, del reale ultimo, dell’oggetto essenziale che non è più un oggetto, ma quel qualcosa davanti a cui tutte le parole si arrestano e tutte le categorie falliscono, l’oggetto di angoscia per eccellenza.

Nella prima fase vediamo dunque Freud, impegnato nella sua caccia nei confronti di Irma, rimproverarla di non intendere ciò che vuol farle comprendere. E andava avanti così esattamente nello stile dei rapporti della vita vissuta, nello stile della ricerca appassionata, troppo appassionata, diremmo noi; ed è uno dei significati del sogno a dirlo formalmente, poiché alla fine è di questo che si tratta – la siringa era sporca, la passione dell’analista, l’ambizione di riuscire, erano troppo insistenti, il contro-transfert era l’ostacolo come tale.

Che cosa succede quando il sogno giunge al suo primo vertice? Si può parlare di processo di regressione per spiegare la profonda destrutturazione che si produce allora nel vissuto del sognatore?
Le relazioni del soggetto cambiano completamente. Egli diviene tutt’altro, non c’è più Freud, non c’è più nessuno che possa dire io (je). È il momento che ho chiamato dell’ingresso del buffone, poiché è più o meno questo il ruolo dei soggetti cui Freud fa appello. È nel testo – appell. La radice latina del termine mostra il senso giuridico che assume nel contesto – Freud fa appello al consenso dei suoi simili, dei suoi eguali, dei suoi colleghi, dei suoi superiori.
Punto decisivo. […].

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Nel momento in cui si fa sentire nella massima cacofonia il discorso dei molteplici ego, ciò che interessa a Freud è il suo proprio senso di colpa, in questo caso nei confronti di Irma. L’oggetto è distrutto, per così dire, e la colpevolezza di cui si tratta è di fatto distrutta con lui. Come nella storia del paiolo bucato, qui non c’è stato delitto poiché, in primo luogo, la vittima era – cosa che il sogno dice in mille modi – già morta, cioè era già malata di una malattia organica che Freud precisamente non poteva curare, in secondo luogo, l’omicida, Freud, era innocente di ogni intenzione di fare del male e, in terzo luogo, il crimine in questione è stato curativo poiché la malattia, che è la dissenteria – c’è un gioco di parole tra dissenteria e difterite – è proprio ciò che libererà la malata – tutto il male e i cattivi umori se ne andranno con essa. […]

Ogni rapporto immaginario si produce in una specie di o io o tu tra il soggetto e l’oggetto. Vale a dire – Se sei tu, non sono io. Se sono io, sei tu che non sei.
È a questo punto che interviene l’elemento simbolico.
Sul piano immaginario, gli oggetti si presentano all’uomo solo in rapporti evanescenti. Egli vi riconosce la sua unità, ma unicamente dall’esterno. E nella misura in cui riconosce la sua unità in un oggetto, si sente smarrito in rapporto a esso.
Questo smarrimento, questa frammentazione, questa discordanza fondamentale, questo non-adattamento essenziale, questa anarchia che aprono tutte le possibilità di spostamento, cioè di errore, caratterizzano la vita istintuale dell’uomo.

Inoltre, se l’oggetto non è mai afferrabile che come miraggio, miraggio di un’unità che non può mai essere riafferrata su un piano immaginario, tutta la relazione oggettuale Brauner-cospirazionenon può che risultare colpita da un’incertezza di fondo. […] È qui che interviene la relazione simbolica. Il potere di nominare gli oggetti struttura la percezione stessa. Il percipi dell’uomo non può sostenersi che dall’interno di una zona di nominazione.

Attraverso la nominazione l’uomo fa sussistere gli oggetti con una certa consistenza. Se fossero soltanto in un rapporto narcisistico col soggetto, gli oggetti sarebbero sempre percepiti in modo istantaneo.
La parola, la parola che nomina, è l’identico.
La parola corrisponde non già alla distinzione spaziale dell’oggetto, sempre pronta a dissolversi in un’identificazione al soggetto, ma alla sua dimensione temporale.

L’oggetto, per un istante costituito come sembiante del soggetto umano, come suo doppio, presenta comunque una certa continuità di aspetto nel tempo, che non è infinitamente durevole, poiché tutti gli oggetti sono deperibili.
Questa apparenza che dura per qualche tempo non è strettamente riconoscibile che attraverso la mediazione del nome. Il nome è il tempo dell’oggetto.
La nominazione costituisce un patto, per cui due soggetti nello stesso tempo si accordano nel riconoscere lo stesso oggetto. Se il soggetto umano non denominasse le specie maggiori in primo luogo – come il Genesi dice essere successo nel Paradiso terrestre – se i soggetti non si intendessero su questo riconoscimento, non ci sarebbe alcun mondo, neppure percettivo, sostenibile per più di un istante.
È qui il giunto, l’insorgenza della dimensione del simbolico in rapporto all’immaginario.

Nel sogno dell’iniezione a Irma, è nel momento in cui il mondo di chi sogna è immerso nel più grande caos immaginario che entra in gioco il discorso, il discorso come tale, indipendentemente dal suo senso, poiché è un discorso insensato. Diviene allora manifesto che il soggetto si decompone e sparisce.
Si ha in questo sogno il riconoscimento del carattere fondamentalmente acefalo del soggetto, una volta superato un certo limite. Questo punto è indicato dall’AZ della Keeper-maschera-venezianaformula della trimetilamina. È lì che è in questo momento l’io (je) del soggetto.
Non senza umorismo, né senza esitazione, dal momento che si tratta quasi di un Witz, vi ho proposto di vederci l’ultima parola del sogno. Nel punto in cui l’idra ha perso le teste, una voce che è solo, ormai, la voix de personne [la voce di nessuno], fa sorgere la formula della trimetilamina, come l’ultima parola di ciò di cui si tratta, la parola di tutto. E questa parola non vuol dire nulla se non che è una parola.

Tutto ciò ha un carattere quasi delirante e, in effetti, lo è. Diciamo che lo sarebbe se il soggetto da solo, Freud da solo, analizzando il suo sogno, cercasse di trovarvi, al modo in cui potrebbe procedere un occultista, la designazione segreta del punto in cui è effettivamente la soluzione del mistero del soggetto e del mondo.
Ma Freud non è affatto solo. Freud, mentre ci comunica il segreto di questo mistero luciferino, non è solo di fronte al sogno. Come in un’analisi il sogno si rivolge all’analista, Freud col suo sogno si rivolge a noi.
È già per la comunità degli psicologi, degli antropologi, che sogna. Quando interpreta il sogno, si rivolge a noi. Ed ecco perché vedere la parola nell’ultima assurda parola del sogno non vuol dire ridurla a un delirio, poiché Freud, attraverso questo sogno, si fa intendere da noi, e ci mette effettivamente sulla strada del suo oggetto, ossia della comprensione del sogno.

Non è solo per sé che trova il Nemo o l’alfa e l’omega del soggetto acefalo, che rappresenta il suo inconscio. Al contrario, è lui che parla tramite la mediazione del sogno, e che si rende conto di dirci – senza averlo voluto, senza averlo subito riconosciuto, e riconoscendolo unicamente nell’analisi del sogno, cioè mentre ci parla – qualcosa che contemporaneamente è lui e che non è più luiSono colui che vuole essere perdonato di aver osato cominciare a guarire questi malati, che finora non si voleva comprendere e che ci si vietava di guarire. Sono colui che vuol essere perdonato di questo. Sono colui che vuole non esserne colpevole, perché vuol sempre dire essere colpevole trasgredire un limite fin lì imposto all’attività umana. Non voglio esserlo. Al posto di me, ci sono tutti gli altri. Non sono lì che il rappresentante di quel vasto, vago movimento che è la ricerca della verità in cui, io, mi cancello. Non sono più nulla. La mia ambizione è stata più grande di me. La siringa era senza dubbio sporca. Proprio nella misura in cui l’ho troppo desiderato, in cui ho partecipato a questa azione, in cui ho voluto essere, io, il creatore, non sono io il creatore. Il creatore è qualcuno più grande di me. È il mio inconscio, è la parola che parla in me, al di là di me.
Ecco il senso di questo sogno.

(Lacan, Il Seminario: 2)