Jung – Dove c’è ancora attaccamento, là si è ancora posseduti

L’incontro della coscienza individuale, dai limiti ristretti, ma per ciò stesso di intensa lucidità, con l’immensa vastità dell’inconscio collettivo, è pericoloso poiché l’inconscio esercita sulla coscienza un’azione dissolvente.
Secondo il Hui Ming Ching, quest’azione appartiene ai fenomeni tipici dello yoga cinese. Così leggiamo: «Ogni singolo pensiero diventa immagine e si rende visibile in colore e meditazione-yogaforma. La forza globale dell’anima dispiega le sue orme». Un disegno che correda il libro raffigura un saggio assorto in contemplazione, col capo circonfuso da lingue di fuoco, dal quale si generano cinque figure umane, che si dividono a loro volta in venticinque figure più piccole. Se questa diventasse una condizione definitiva, si tratterebbe di un processo schizofrenico. Perciò il testo prosegue dicendo: «Le immagini prodotte dal fuoco spirituale sono colore e forme vuoti. La luce dell’essere si riflette sul Vero originario».

È comprensibile dunque il perché si ricorra all’immagine del «cerchio protettivo». Esso deve prevenire il «defluire», e proteggere l’unità della coscienza contro la dispersione provocata dall’inconscio. Questa teoria cinese tenta inoltre di indebolire l’effetto dissolvente dell’inconscio definendo le «immagini di pensiero» o i «singoli pensieri» come «colori e forme vuoti», svalutandoli in tal modo il più possibile.
Questo pensiero pervade tutto il buddhismo (specialmente quello mahâyâna) e nella dottrina dei morti del Bardo Tödöl (il Libro tibetano dei morti) giunge perfino ad affermare che anche le divinità, propizie o avverse, sono ancora illusioni da superare. […]

[In quanto alle «figure vuote»], si tratta senza dubbio di contenuti psichici sperimentabili e d’autonomia altrettanto indubbia. Sono sistemi psichici parziali che emergono spontaneamente in stato di estasi, evocando in certi casi impressioni ed effetti molto intensi, oppure si fissano, nei disturbi mentali, in forma di idee deliranti e di allucinazioni, distruggendo così l’unità della personalità.

Gli psichiatri sono tuttavia inclini a credere alle tossine e ad altre cause di questo tipo, e a spiegare in tal modo la schizofrenia (scissione della mente nella psicosi), senza dare Machbeth-sonnambulaimportanza ai contenuti psichici. Nei disturbi psicogeni invece (ad esempio nell’isteria, nella nevrosi ossessiva ecc.) in cui non si può parlare semplicemente di effetti tossici o di degenerazioni cellulari, si manifestano, come nei casi di sonnambulismo, analoghe dissociazioni spontanee del complesso che Freud vorrebbe però spiegare con la rimozione inconscia della sessualità.
Tale spiegazione non è certo valida in tutti i casi, in quanto quei contenuti che la coscienza non può assimilare possono anche emergere spontaneamente dall’inconscio, facendo cadere in tal caso l’ipotesi della rimozione.

Possiamo inoltre, nella vita quotidiana, studiarne l’autonomia in quegli affetti che si affermano ostinatamente contro la nostra volontà e i nostri più strenui sforzi di rimozione, sommergendo l’Io e sottomettendolo alla loro volontà.
Nulla di strano quindi che il primitivo scorga in questa condizione psichica uno stato di possessione, o che la attribuisca a una migrazione dell’anima; ancor oggi la nostra lingua ha espressioni quali: «non so proprio che cosa l’ha preso», «ha il diavolo in corpo», «è fuori di sé», «sembra un ossesso». Perfino la prassi giudiziaria riconosce negli stati affettivi una parziale diminuzione della responsabilità.
È per noi un’esperienza del tutto usuale imbatterci in tali contenuti psichici autonomi, i quali esercitano sulla coscienza un effetto disgregante.

Oltre ai consueti effetti, che ci sono familiari, esistono però altri stati affettivi più sottili e complessi, i quali non possono più essere descritti come puri e semplici affetti. Si tratta di sistemi psichici parziali molto più complicati, che più sono complessi più hanno carattere di personalità. Come costituenti della personalità psichica, essi devono perciò avere carattere di personalità.
Questi sistemi parziali si trovano specialmente nelle malattie mentali, nelle dissociazioni psicogene della personalità (doppia personalità) e molto comunemente nei fenomeni medianici.

Goya-esorcismo

S’incontrano anche nella fenomenologia religiosa. Perciò molte divinità primitive si sono trasformate da «persone» in idee personificate, e infine in idee astratte. In quanto contenuti vitali inconsci, esse si manifestano dapprima come proiezioni sul mondo esterno, ma nel corso dello sviluppo mentale vengono poi gradualmente assimilati dalla coscienza, tramite la proiezione nello spazio, e trasformate in idee consce, perdendo quell’originario carattere di autonomia e personalità.
È noto che alcune delle divinità antiche sono diventate attraverso l’astrologia meri attributi (marziale, gioviale, saturnino, erotico, logico, lunatico e così via).

Gli insegnamenti del Bardo Tödöl ci aiutano in particolare a riconoscere quanto grande sia, per la coscienza, il pericolo di essere disgregata da queste immagini. Si ammonisce ripetutamente il morto a non considerare realtà queste figure, e a non confondere la loro torbida apparenza con la pure luce bianca del Dharmakâya («il corpo della verità divina»), cioè a non proiettare in figure concrete l’unica luce della coscienza più alta, disgregandola in tal modo in una molteplicità di sistemi parziali autonomi.
Se in questo non ci fosse alcun pericolo, e se i sistemi parziali non fossero tendenze minacciosamente autonome e divergenti, non vi sarebbe certo alcun bisogno di tali ripetuti avvertimenti; i quali per l’animo dell’orientale, più semplice e tendenzialmente politeistico, hanno pressappoco il medesimo significato di un avvertimento dato a un Wiertz-giovane-stregacristiano, affinché non si lasci abbagliare dall’illusione di un Dio personale, per non dire di una Trinità, e di schiere d’angeli e di santi.

Se le tendenze alla scissione non fossero inerenti alla psiche umana, i sistemi psichici parziali non si sarebbero mai scissi; in altre parole non ci sarebbero mai stati né spiriti né divinità.
Per questo motivo il nostro tempo è divenuto così totalmente privo di divinità e di santità, in effetti proprio per la nostra ignoranza della psiche inconscia e per il culto esclusivo della coscienza. La nostra vera religione è un monoteismo della coscienza, un’ossessione della coscienza, unita a una fanatica negazione dell’esistenza di sistemi parziali autonomi.

Ci distinguiamo però dalle dottrine buddhiste yoga per il fatto che neghiamo persino l’esperibilità di tali sistemi parziali. Ma in ciò si cela un grave pericolo per la psiche, perché poi i sistemi parziali si comportano come qualsiasi altro contenuto rimosso: inducendo necessariamente ad atteggiamenti errati, mentre il rimosso ricompare nella coscienza in forma impropria.
Questo fatto, che si rende evidente in ogni caso di nevrosi, vale anche per le manifestazioni psichiche collettive. Il nostro tempo commette a questo proposito un errore fatale, credendo di poter sottoporre a critica intellettuale i fatti religiosi.

Come Laplace, riteniamo per esempio che Dio sia un’ipotesi che si può sottoporre a un’analisi intellettuale, a un’asserzione o negazione. In tal modo dimentichiamo completamente che il motivo per cui l’umanità crede al daimon non ha nulla a che fare con fattori esterni, ma si fonda semplicemente sulla percezione ingenua del tremendo effetto interiore di sistemi parziali autonomi.
Tale effetto non si elimina col criticarne dal punto di vista intellettuale il nome, o col dichiararlo falso. L’effetto rimane sempre collettivamente presente, i sistemi autonomi sono sempre all’opera, perché la struttura fondamentale dell’inconscio non viene toccata dalle oscillazioni di uno stato di coscienza transitorio.

fobie

Se si nega l’esistenza dei sistemi parziali, illudendosi di eliminarli con una semplice critica del nome, non è più possibile comprenderne l’effetto, che continua tuttavia a permanere, e quindi neppure assimilarli alla coscienza. Essi diventano così un inspiegabile fattore di disturbo, che si finisce per credere che si trovi da qualche parte fuori di noi.
La risultante proiezione dei sistemi parziali produce al tempo stesso una situazione pericolosa in quanto si attribuiscono gli effetti disturbanti a una volontà cattiva al di fuori di noi, che naturalmente non potrà essere trovata da nessun’altra parte se non nel vicino, sull’altra sponda del fiume. Il che condurrà a deliri collettivi, causerà guerre e rivoluzioni, in breve porterà a distruttive psicosi di massa.

«Follia» significa essere ossessionati da un contenuto inconscio, che in quanto tale non viene assimilato nella coscienza, la quale, finché nega l’esistenza di tali contenuti, non può neppure assimilarli.
Questo atteggiamento, nella sfera religiosa, equivale a dire: «Non abbiamo più timor di Dio e riteniamo che tutto sia affidato al giudizio umano».
Questa ybris, cioè questo restringimento forzato della coscienza, è sempre la via più breve al manicomio.

All’orecchio dell’europeo colto dovrebbe risultare gradevole quanto si dice nel Hui Ming Ching: «Le immagini prodotte dal fuoco spirituale sono solo colori e forme vuoti». Questo Lu-Tzupensiero suona totalmente europeo, e sembra accordarsi benissimo con la nostra ragione; anzi noi crediamo di poterci lusingare d’aver già raggiunto queste vette di chiarezza, in quanto ci sembra di aver lasciato dietro di noi già da infinito tempo queste divinità fantasmatiche.
Ciò che noi abbiamo superato sono però soltanto i fantasmi delle parole, non i fatti psichici che furono responsabili della nascita delle divinità. Siamo ancora così posseduti dai nostri contenuti psichici autonomi come se essi fossero divinità.

Ora li chiamiamo fobie, coazioni e così via, in una parola, sistemi nevrotici. Le divinità sono diventate malattie, e Zeus non governa più l’Olimpo, ma il plesso solare ed è motivo d’interesse per i medici, nella loro ora di consultazione, o di turbamento per il cervello degli uomini politici o dei giornalisti, che a loro insaputa scatenano epidemie psichiche nel mondo.
Per l’uomo occidentale sarebbe meglio quindi non sapere troppo della visione segreta dei saggi orientali, anzitutto perché si tratterebbe del «giusto mezzo nelle mani dell’uomo sbagliato».

Anziché farsi confermare ancora una volta che il daimon è illusione, l’occidentale dovrebbe sperimentare di nuovo la realtà di questa illusione. Dovrebbe imparare a riconoscere queste potenze psichiche, senza aspettare che i suoi malumori, nervosismi e idee deliranti, lo illuminino dolorosamente sul fatto che egli non è l’unico padrone in casa sua.
Le tendenze alla scissione costituiscono personalità psichiche reali, ma di realtà relativa. Esse sono «reali» quando non vengono riconosciute come reali e vengono invece proiettate; relativamente reali, quando siano in relazione con la coscienza (in termini religiosi: quando esista un culto); irreali però nella misura in cui la coscienza inizi a distaccarsi dai propri contenuti.

Quest’ultimo stadio, comunque, è raggiunto solo quando la vita è stata vissuta in modo così esaustivo e con tale abbandono, che non rimangono più obblighi vitali inadempiuti, o che non intralcino il distacco interiore dal mondo, desideri che non possono essere sacrificati senza pericoli.
Vano è mentire con se stessi a questo riguardo.
Dove c’è ancora attaccamento, là si è ancora posseduti, e in tal caso significa che esiste uomo-conscio-inconscioancora un elemento più forte che ci possiede («in verità tu non uscirai di lì finché non avrai pagato fino all’ultimo centesimo»).

Non è del tutto indifferente qualificare qualcosa come una «mania» oppure invece come un «dio». Servire una mania è riprovevole e indegno, mentre servire un dio è molto più significativo e, al tempo stesso, ricco di prospettive, perché è un atto di sottomissione a un essere superiore, invisibile e spirituale.
La personificazione ci mette in grado di scorgere la realtà relativa di quel sistema parziale autonomo, e non solo rende possibile l’assimilazione, ma anche il depotenziamento delle forze inconsce. Quando invece la divinità non viene riconosciuta, si sviluppa un concetto di egoismo, che degenera nella malattia.

La dottrina dello yoga presuppone come naturale il riconoscimento degli dèi. Le sue istruzioni segrete si rivolgono perciò solo a colui la cui coscienza si accinga a distaccarsi dalle forze vitali, per entrare nell’unità indivisa, nel «centro del vuoto», dove – come dice il nostro testo – «abita il dio dell’estremo vuoto e della vita».
«È difficile giungere a udire queste cose sia pure in migliaia di eoni».
Evidentemente il velo di Maya non può essere sollevato da una semplice risoluzione razionale, ma occorre una preparazione più profonda e duratura, che consiste nel saldare coscienziosamente tutti i debiti verso la vita.

Finché infatti sussisterà ancora quell’attaccamento incondizionato dovuto alla cupiditas, il velo non sarà sollevato, né si potranno raggiungere le altezze della coscienza libera da contenuti e da illusioni.
Nessun gioco di prestigio e nessun inganno può produrre questo incantesimo. Si tratta di un ideale realizzabile, in definitiva, solo nella morte; fino alla quale non sussistono che figure dell’inconscio reali e relativamente reali.

(Jung, Commento al «Segreto del fiore d’oro»)