Jozsef – Aria pura

foresta-nebbia

Chi mi vieta di raccontarti
il fastidio che provavo tornando a casa?
Sul prato calava tiepido un buio
mantello di nebbie vellutate
e sotto i miei piedi insonni brontolando
a bassa voce si agitavano le foglie secche
come bambini che qualcuno stesse picchiando.

Scrutando – intorno si acquattavano
sull’orlo della città i cespugli.
Li urtava il vento d’autunno, sveglio
anche a quell’ora. E la terra intanto
fresca lanciava ai lampioni occhiate
sospettose. Là dove passavo io, un’anitra
si destava, selvatica sul lago schiamazzando.

Stavo pensando appunto: può mai in questi
luoghi deserti assalirmi la sapienza di qualcuno?
Quando di colpo, inaspettato, passò un uomo,
sorpassandomi lento. L’ho seguito
con lo sguardo – potrebbe derubarmi:
non ho nessuna voglia di difendermi
finché rimango un reietto.

Possono registrare ciò che ho detto
al telefono, quando a chi e perché.
Possono nella mia scheda annotare
quel che ho sognato – tanto chi capisce?
E non ho idea di quando ci sarà
motivo sufficiente per sopprimere
questo archivio che offende il mio diritto.

E nel paese i fragili villaggi
– là dove mia madre è nata – sono caduti
giù dalla pianta del diritto vivo,
come le foglie qui: se la sfortuna
adulta le calpesta, tutto squilla
a proclamare miseria
che diventa polvere e si sbriciola.

Non me l’ero immaginato così, l’ordine.
La mia anima, qui, non è a casa.
Io non credevo a un’esistenza più facile
per chi è vile. E neppure credevo
a un popolo che trema quando vota,
a occhi bassi medita furtive risposte
e solo alle cene dei morti si rallegra.

Non me l’ero immaginato così, l’ordine.
Non mi rendevo conto, tante volte,
del perché mi picchiassero,
mentre ero pronto, a una parola buona
a saltare di gioia, come un bimbo.
Sapevo che mia madre era lontana,
e pure i miei parenti: mi sono stranieri gli altri.

Sono cresciuto. E si va moltiplicando
nel mio dente materia diversa,
come la morte in cuore. Ma ho un diritto:
non sono ancora argilla o spirito,
non tengo così tanto alla mia pelle
da sopportare in silenzio, io adulto,
di non essere libero.

Una mia guida mi spinge da dentro.
Uomini, siamo ragione noi, non belve,
e finché il cuore matura desideri,
nessuno li potrà schedare. Libertà,
vieni – genera l’ordine, per me.
Ammaestra pure tuo figlio, bello, serio,
con dolcezza, ma lascia anche che giochi.

(Jozsef, Con cuore puro)