Heidegger – L’uomo, questo animale che parla

Facciamo ora un salto [dalla questione del tempo] al problema del corpo.
Innanzitutto, due asserzioni di Nietzsche. Nella Der Wille sur Macht («La volontà di potenza»), il frammento 659 suona: «il corpo è un pensiero più meraviglioso della vecchia anima». Il frammento 489 recita: «Il fenomeno del corpo è il fenomeno più ricco, corpo-giubbottopiù chiaro, più comprensibile: da anteporre metodicamente, senza stabilire qualcosa circa il suo significato ultimo».
La prima proposizione contiene una verità. Invece, non può risultare giusto ciò che afferma la seconda proposizione, e cioè che il corpo sarebbe qualcosa di più comprensibile e più chiaro. È vero il contrario […]

Quando dico il «mio corpo», questo «mio» si riferisce a me stesso. L’«essere corpo» ha questo singolare rapporto al .
Una volta Kant dice che l’uomo si distingue dall’animale in quanto egli può dire «io». Questa asserzione la si può prendere in modo ancor più radicale. L’uomo si distingue dall’animale in quanto egli può in generale «dire»; vale a dire: ha un linguaggio.
Dire e linguaggio sono la stessa cosa? Ogni dire è un parlare? No.

Quando Loro per esempio asseriscono: «questo orologio sta qui», che cosa c’è di particolare in questa asserzione? Perché l’animale non parla? Perché non ha nulla da dire. E in che misura non ha nulla da dire?
Il parlare umano è un dire. Non ogni dire è un parlare, ma ogni parlare è un dire, anche il parlare «inconcludente, in quanto non dice niente». Il parlare è sempre comunicabile foneticamente; al contrario, posso anche dirmi qualcosa senza comunicazione fonetica, dunque tacendo.

Posso, dunque, fare l’asserzione: «l’orologio sta sul tavolo». E ciò che dico con questa asserzione, intende un determinato stato di cose. Il dire rende dunque qualcosa visibile nel suo stato di cose.
Dire, secondo il suo antico significato, significa mostrare, far vedere. Com’è possibile ciò? Quando ho fatto l’asserzione riguardo all’orologio, tutti Loro hanno assentito. E quest’assenso l’hanno potuto dare, solo in quanto Loro hanno visto l’orologio stare qui. Vale a dire che esso non sta qui solo dal momento in cui ho fatto l’asserzione. Per noi che siamo qui seduti, l’orologio sta palesemente qui sul tavolo.

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In che misura il corpo ha parte in questa asserzione?
Il corpo ha parte con l’ascoltare e il vedere. Il corpo, dunque, vede?
No, sono io che vedo. Ma a questo vedere appartengono i miei occhi, dunque il mio corpo. E non l’occhio vede, bensì il mio occhio – io vedo attraverso i miei occhi. Il corpo non vede mai un orologio e tuttavia esso è qua.
Quando dico: «l’orologio sta davanti a me», questa è un’asserzione che implica una relazione spaziale dell’orologio con me. L’orologio è nello spazio e «io» sono nello spazio.
Ma sto di fronte all’orologio allo stesso modo in cui ci sta il libro, che pure sta sullo stesso tavolo? […]

Se si pretendesse una lingua universale, che tutti uniformemente capiscano, avremmo un linguaggio totalmente livellato, che in generale non dice più nulla. Il pensiero occidentale è stato in generale possibile soltanto in quanto si è data una lingua greca.
Ma ritorniamo alla differenza di cui dicevamo tra animale e uomo. Perché noi, in quanto uomini, a differenza dell’animale, abbiamo qualcosa da dire, se dire significa: far valere, render manifesto? Su che cosa si fonda il dire?

Se Loro percepiscono coi sensi qualcosa in quanto qualcosa, per questa cosa in quanto bicchiere, fatto così e così, è perché deve essere a Loro palese che qualcosa sia.
L’uomo dunque ha qualcosa da dire perché il dire, in quanto far vedere, è un far vedere l’ente, la cosa, in quanto è così e così. L’uomo dunque dimora là dove l’essere gli si surreal-percezionemanifesta, nella non-latenza di ciò che gli è presente.
Questo è il fondamento per la possibilità, perfino per la necessità, per la necessità essenziale, del dire; perciò, dunque, del fatto che l’uomo parli. […]

Si può parlare anche a gesti. Ma non dobbiamo limitare il termine «gesto» all’interpretazione [corrente] “espressione”, ma con esso dobbiamo invece caratterizzare ogni comportamento dell’uomo in quanto è un «essere nel mondo» determinato dall’«essere corpo» proprio del suo corpo [umano].
Ogni movimento del mio corpo, in quanto com-portamento e perciò in quanto comportarsi in questo o quel modo, non agisce semplicemente dentro uno spazio indifferente. Semmai, il comportamento soggiorna sempre in un determinato «dintorno», che è aperto attraverso la cosa a cui mi rapporto, per es. quando prendo in mano qualcosa.

Prendiamo l’arrossire. Comunemente, l’arrossire viene preso come una espressione, vale a dire, lo prendiamo subito come segno per uno stato psichico interno.
Ma che cosa è insito nel fenomeno dell’arrossire stesso?
Anch’esso è un com-portamento, in quanto colui che arrossisce è rapportato agli altri uomini.

Con ciò Loro vedono come la corporeità [umana] abbia questo particolare senso «estatico» [a stare fuori di sé, a com-portarsi dinanzi all’Altro]. Se lo sottolineo così tanto, è per spazzare via dal Loro sguardo il fraintendimento basato sull’espressione.
Anche gli psicologi francesi fraintendono tutto come espressione di un qualcosa di interiore, invece di vedere il fenomeno del corpo nel suo «esser rapportato» all’altro uomo.

Ende-artiglieria

A conclusione, voglio porre Loro ancora un indovinello: «la figura di un piano mnestico-informativo, che deve essere indirizzato, in gruppi di segnali, a una postazione ricevente».
So che è impossibile indovinare di che si tratta. È, però, secondo Zerbe (Scritti di psicosomatica), l’idea dell’uomo.
A fondamento di questa asserzione di Zerbe sta che il modello dell’uomo deve essere visto nella cibernetica del cannone di artiglieria contraerea.

Questo risulta chiaro dalla seguente proposizione del fondatore della cibernetica, Norbert Wiener, che dice: possiamo costruire un cannone di artiglieria contraerea che, per il suo modo di essere strutturato, osserva il decorso statistico del velivolo-bersaglio stesso, lo inserisce poi in un sistema di regolazione e infine utilizza questo sistema di regolazione per portare rapidamente la postazione del pezzo nella posizione osservata per il velivolo e conformarsi al movimento del velivolo stesso.

La definizione dell’uomo, data da Wiener, suona: «L’uomo – una informazione».
Sull’uomo, Wiener scrive inoltre: «Una caratteristica peculiare, tuttavia, distingue l’uomo dagli altri animali in un modo che non lascia il minimo dubbio: egli è un animale che Night Air Raid with Anti Aircraft Shells Exploding over Oil Tanksparla … E neanche è possibile dire che l’uomo sia un animale dotato di anima; giacché, purtroppo, l’esistenza dell’anima – qualunque cosa si possa intendere con questa – non è accessibile ai modi d’indagine scientifica».
In quanto animale parlante, l’uomo deve essere rappresentato in modo che il linguaggio possa essere scientificamente spiegato, cioè dominato, come qualcosa di calcolabile.

Come Loro vedono, è dal metodo di accesso, in quanto tale di una scienza della natura, che viene determinato che cosa sia l’uomo. Nella cibernetica, il linguaggio deve essere concepito in modo tale che esso sia accessibile scientificamente. Nella determinazione fondamentale dell’uomo, il fondamento della cibernetica concorda apparentemente con l’antica tradizione della definizione metafisica dell’uomo.

I Greci determinavano l’uomo come l’«animale che ha il logos», vale a dire come essere vivente che ha il linguaggio. Wiener dice: l’uomo è quell’animale che parla.
Ora, se l’uomo deve essere compreso scientificamente, ciò che lo caratterizza in modo peculiare in quanto uomo rispetto all’animale, cioè il linguaggio, deve essere rappresentato in modo da essere afferrabile secondo princìpi scientifico-naturali. Detto in breve: il linguaggio, in quanto linguaggio, deve essere rappresentato come qualcosa di misurabile.

(Heidegger, Seminari di Zollikon)