Freud – Il sogno dell’iniezione a Irma

Premessa

Nell’estate 1895 avevo avuto in cura psicoanalitica una giovane donna legata a me e ai miei da viva amicizia. Si capisce subito che un simile insieme di rapporti può diventare fonte di molteplici turbamenti per il medico, e in particolare per lo psicoterapeuta. L’interesse personale del medico è maggiore, minore la sua autorità: un qualsiasi insuccesso minerebbe la vecchia amicizia con i parenti dell’ammalato. La cura terminò uomo-siringatocon un successo parziale, la paziente perdette la sua angoscia isterica ma non tutti i suoi sintomi somatici. A quell’epoca non ero ancora molto sicuro dei criteri che caratterizzano la risoluzione definitiva del processo isterico, e pretendevo dalla paziente una soluzione che non le sembrava accettabile. In questo disaccordo, interrompemmo la cura per il sopraggiungere dell’estate.

Un giorno venne da me un giovane collega, uno dei miei amici più intimi, che era andato a far visita in campagna alla mia paziente, Irma, e alla sua famiglia. Gli chiesi come l’avesse trovata e mi rispose: «Sta meglio, ma non del tutto bene». So che le parole del mio amico Otto, o forse il tono con cui furono dette, mi irritarono. Credetti di sentire in esse un rimprovero, come se avessi promesso troppo alla paziente, e collegai – non so se a torto o a ragione – la presunta presa di posizione di Otto contro di me all’influenza dei familiari dell’ammalata, che, a quanto ritenevo, non avevano mai visto di buon occhio il mio trattamento. Del resto, questa penosa sensazione non mi risultò chiara, né io la espressi. La sera stessa scrissi il resoconto clinico della malattia di Irma, per consegnarlo, quasi a mia giustificazione, al dottor M., un comune amico che in quel tempo era la personalità dominante del nostro ambiente. La notte (o meglio il mattino seguente), ebbi questo sogno che trascrissi immediatamente dopo il risveglio.

Sogno del 23-24 luglio 1895

Un grande salone, molti ospiti, che stiamo ricevendo. Tra questi, Irma, che prendo subito in disparte come per rispondere alla sua lettera e rimproverarla di non accettare ancora la «soluzione». Le dico: «Se hai ancora dolori è veramente soltanto colpa tua». Lei risponde: «Sapessi che dolori ho ora alla gola, allo stomaco, al ventre, mi sento tutta stretta». Mi spavento e la guardo: è pallida, gonfia. Penso: dopo tutto forse non tengo conto di qualche cosa di organico. La porto alla finestra e le guardo la gola. Irma mostra una certa riluttanza, come le donne che portano la dentiera. Penso che non ne ha proprio bisogno. La bocca poi si apre bene, e vedo a destra una grande macchia bianca e in un altro punto, accanto a strane forme increspate, che imitano evidentemente le conche nasali, estese croste grigiastre. Chiamo subito il dottor M., che ripete la visita e conferma… Il dottor M. ha un aspetto assolutamente diverso dal solito: è molto pallido, zoppica, non ha barba al mento… Anche il mio amico Otto si trova ora accanto a Irma e l’amico Leopold la percuote donna-in-analisi-paintsul corsetto e dice: «C’è una zona di ottusità in basso a sinistra»; e indica inoltre un tratto di cute infiltrato sulla spalla sinistra (cosa che anch’io sento nonostante il vestito)… M. dice: «Non c’è dubbio, è un’infezione; ma non importa; sopraggiungerà una dissenteria e il veleno sarà eliminato…». Inoltre sappiamo subito da dove proviene l’infezione. Qualche tempo fa, per un’indisposizione, l’amico Otto le ha fatto un’iniezione con un preparato di propile, propilene… acido propionico… trimetilamina (ne vedo la formula davanti ai miei occhi, stampata in grassetto)… Non si fanno queste iniezioni con tanta leggerezza… probabilmente anche la siringa non era pulita.

Questo sogno ha un pregio rispetto a molti altri. Risulta subito chiaro a quali avvenimenti del giorno precedente esso si riallaccia e che argomento tratta. Ce ne informa la premessa. Le notizie sulla salute di Irma avute da Otto, la storia della malattia che ho scritto sino a notte inoltrata, hanno occupato la mia attività psichica anche durante il sonno. Eppure nessuno potrebbe, dopo aver preso conoscenza della premessa e del contenuto del sogno, intuire il significato del sogno stesso. Io stesso lo ignoro. Mi meraviglio dei sintomi morbosi di cui Irma si lamenta in sogno, perché non sono gli stessi per i quali io l’ho avuta in cura. Sorrido dell’assurda idea di un’iniezione con acido propionico e delle parole di consolazione del dottor M. Verso la fine il sogno mi sembra più oscuro e più fitto che all’inizio. Per trovare il significato di tutto ciò, debbo decidermi a un’analisi minuziosa.

Analisi

Il salone, molti ospiti, che stiamo ricevendo. Quell’estate abitavamo alla Bellevue, una casa isolata posta su uno dei colli che si congiungono al Kahlenberg. La casa era stata un tempo destinata a locale di divertimento e aveva quindi stanze molto alte simili a grandi atri. Il sogno è stato fatto alla Bellevue, e precisamente pochi giorni prima del compleanno di mia moglie. Quel giorno mia moglie aveva detto che per il suo compleanno aspettava come ospiti molti amici fra i quali anche Irma. Il sogno anticipa dunque questa situazione: è il compleanno di mia moglie e stiamo ricevendo molte persone, tra le quali Irma, nel grande salone della Bellevue.

Freud-Bellevue

Rimprovero Irma di non aver accettato la soluzione; dico: «Se hai ancora dolori è colpa tua». Avrei potuto dirle, o forse le ho detto, la stessa cosa anche da sveglio. Ero allora dell’opinione (che più tardi riconobbi inesatta) che il mio compito si esaurisse col comunicare ai malati il senso celato dei loro sintomi; che essi accettassero poi o no la soluzione, e da questo dipendeva il successo del trattamento, era un fatto di cui non ero più responsabile. Sono molto riconoscente a questo errore, ormai felicemente superato, perché mi ha facilitato l’esistenza in un periodo in cui, con tutta la mia inevitabile ignoranza, dovevo ottenere successi terapeutici. Rilevo però dalla frase che dico a Irma in sogno, che soprattutto non voglio essere colpevole dei dolori che avverte ancora. Se è colpa di Irma, non può essere colpa mia. Va cercato, forse, in questa direzione l’intento del sogno?

Le lamentele di Irma: dolori alla gola, al ventre e allo stomaco; si sente tutta stretta. Dolori allo stomaco facevano parte del complesso sintomatico della mia paziente, ma non erano molto accentuati, si lamentava piuttosto di sensazioni di malessere e di nausea. Dolori alla gola, al ventre, senso di costrizione rivestivano scarsa importanza. Mi meraviglio d’aver scelto nel sogno quei sintomi, e per il momento non riesco a trovarne la ragione.
È pallida e gonfia. La mia paziente è sempre stata di colorito roseo. Sospetto che qui le si sostituisca un’altra persona.

Mi spavento all’idea di non essermi accorto di un’affezione organica. Una paura continua, questa, come è facile credermi, dello specialista che vede quasi esclusivamente nevrotici Tanning-guest-roome che è abituato ad attribuire a isteria moltissimi fenomeni che altri medici curano come organici. D’altra parte s’insinua in me – non so da dove – un leggero dubbio sulla sincerità del mio spavento. Se i dolori di Irma sono di natura organica, non sono tenuto a guarirli. La mia cura elimina soltanto dolori isterici. Mi sembra quasi di dover desiderare un errore diagnostico, perché si eliminerebbe così il rimprovero di insuccesso.

La porto alla finestra, per guardarle la gola. Irma mostra una certa riluttanza, come le donne che portano denti finti. Penso che non ne ha proprio bisogno. Non ho mai avuto motivo di esaminare la cavità orale di Irma. L’episodio del sogno mi ricorda la visita fatta tempo fa a una governante, che da principio mi era sembrata di una bellezza giovanile ma che, nell’aprire la bocca, aveva preso determinate precauzioni per nascondere la dentiera. A questo episodio si allacciano altri ricordi di visite mediche e di piccoli segreti, spiacevoli per entrambe le parti, che vengono svelati in queste circostanze. Non ne ha proprio bisogno: a prima vista è un complimento per Irma; suppongo però che abbia anche un altro significato. A un’analisi attenta, ci si rende conto se abbiamo esaurito oppure no i pensieri sottintesi che dovevamo aspettarci. Il suo modo di stare vicino alla finestra mi ricorda improvvisamente un altro episodio.

Irma ha un’amica intima che stimo moltissimo. Una sera, facendole visita, la trovai presso la finestra nella situazione riprodotta nel sogno, mentre il suo medico, lo stesso dottor M., dichiarava che aveva una placca difterica. La persona del dottor M. e la placca ritornano nel seguito del sogno. Mi viene in mente ora che negli ultimi mesi avevo avuto ogni buona ragione di ritenere isterica anche quella donna. Anzi, Irma stessa me l’ha rivelato. Ma che cosa so delle sue condizioni? Solo questo, che soffre di un senso di costrizione isterica come nel sogno la mia Irma. In sogno ho dunque sostituito alla mia paziente la sua amica. Ricordo ora di avere spesso considerato con piacere l’idea che anche quest’amica potesse ricorrere a me per farsi liberare dei suoi sintomi. Io stesso però finivo per ritenere la cosa improbabile, perché è di natura molto riservata. Era riluttante, come dimostra il sogno.

Hearman-denti

Un’altra spiegazione sarebbe il fatto che non ne ha bisogno; finora in verità si è dimostrata abbastanza forte per sopportare senza aiuto d’estranei la sua condizione. Rimangono ancora alcuni tratti che non riesco a rapportare né a Irma né all’amica: pallida, gonfia, denti finti. I denti finti mi avevano ricondotto a quella governante; ora sono propenso ad accontentarmi di denti malati. Poi mi viene in mente un’altra persona cui potrebbero alludere quei tratti. Anche questa non è mia paziente né io vorrei averla come tale, perché ho notato il suo imbarazzo di fronte a me e non la ritengo una malata docile. Di solito è pallida; in un periodo particolarmente buono era gonfia. Ho dunque confrontato la mia paziente Irma con altre due persone che si ribellerebbero anch’esse al mio trattamento. Che significato può avere il fatto ch’io l’abbia in sogno scambiata con la sua amica? Forse questo: che vorrei scambiarla; l’altra risveglia in me maggior simpatia; oppure ho una migliore opinione della sua intelligenza. Difatti ritengo Irma sprovveduta, perché non accetta la mia soluzione; l’altra sarebbe più intelligente, cederebbe quindi prima. La bocca poi si apre bene: racconterebbe più di quanto non faccia Irma.

Quel che vedo in gola: una macchia bianca e conche nasali ricoperte di croste. La macchia bianca ricorda la difterite, quindi l’amica di Irma; inoltre la grave malattia di mia figlia maggiore, quasi due anni fa, e lo spavento di quel brutto periodo. Le croste sulle conche nasali ricordano le preoccupazioni per la mia salute. In quel tempo facevo spesso ricorso alla cocaina per reprimere moleste tumefazioni al naso e pochi giorni prima avevo appreso che una paziente, che come me faceva uso della cocaina, era stata colpita da un’estesa necrosi della mucosa nasale. Ero stato il primo a raccomandare l’uso della mostri-in-boccacocaina, nel 1885, e questa raccomandazione mi è costata anche gravi rimproveri. Un caro amico aveva affrettato la sua fine abusando della droga, e ciò prima del 1895 [data del sogno].

Chiamo subito il dottor M. che ripete la visita. Ciò corrisponderebbe semplicemente alla posizione del dottor M. nel nostro ambiente. Ma il «subito» ha un tale rilievo da richiedere una spiegazione particolare. Mi ricordo una triste vicenda medica. Prescrivendo l’uso continuato di un farmaco (sulfonal), che allora passava ancora per innocuo, avevo provocato in una paziente una grave intossicazione, e mi ero rivolto d’urgenza per aiuto all’esperto e più anziano collega. Ch’io abbia veramente presente questo fatto è dimostrato da una circostanza secondaria. L’ammalata – che non resistette all’intossicazione – portava lo stesso nome di mia figlia maggiore. Finora non l’avevo mai rilevato, ora mi sembra quasi una rivincita del destino, come se la sostituzione delle persone dovesse continuare in altro senso: la mia Mathilde per quella Mathilde, occhio per occhio, dente per dente. È come se ricercassi ogni occasione per rimproverarmi un’insufficiente coscienziosità medica.

Il dottor M. è pallido, senza barba al mento e zoppica. È vero: il suo aspetto sofferente infatti desta spesso preoccupazioni nei suoi amici. Le altre due caratteristiche devono appartenere a un’altra persona. Mi viene in mente mio fratello maggiore che vive all’estero: ha il mento raso e, se ben ricordo, il dottor M. del sogno in complesso gli somiglia. Pochi giorni fa ho avuto la notizia ch’egli zoppica a causa di un’affezione artritica all’anca. Deve esistere una ragione per cui nel sogno fondo insieme le due persone. Mi ricordo in verità che ero irritato con tutti e due per motivi simili. Entrambi avevano respinto una certa proposta ch’io avevo fatto loro negli ultimi tempi.

L’amico Otto è ora accanto all’ammalata e l’amico Leopold la visita e scopre una zona di ottusità in basso a sinistra. Anche l’amico Leopold, parente di Otto, è medico. Dato che tutti e due praticano la medesima specialità, il destino ne ha fatto dei concorrenti costantemente esposti al confronto. Entrambi sono stati per anni miei assistenti, quando dirigevo un ambulatorio pubblico per bambini malati di nervi. Episodi analoghi a quello riprodotto nel sogno si verificavano spesso. Mentre discutevo con Otto la diagnosi di un caso, Leopold visitava nuovamente il bambino e portava spesso un contributo inatteso alla decisione. Tra loro esisteva una diversità di carattere come quella esistente fra l’ispettore Bräsig e il suo amico Karl. Uno era rapido e pronto, l’altro lento, ponderato, ma due-dottori-mortescrupoloso. Se nel sogno contrappongo Otto al prudente Leopold, ciò avviene evidentemente per porre in miglior luce Leopold. È un paragone analogo a quello tra la indocile paziente Irma e la sua amica, che ritengo più intelligente. Giungo ora a uno dei binari su cui procede l’associazione di idee nel sogno: dal bambino malato alla clinica per bambini malati. L’ottusità in basso a sinistra mi sembra corrispondere, in ogni particolare, a un caso singolare, nel quale mi aveva colpito la coscienziosità di Leopold. Inoltre mi balena dinanzi agli occhi qualcosa come un’affezione metastatica, ma potrebbe anche trattarsi di qualcosa che è in rapporto con la paziente che vorrei avere al posto di Irma. Infatti, per quel che ne posso capire, la donna imita una tubercolosi.

Un tratto di cute infiltrato alla spalla sinistra. So subito che si tratta del mio reumatismo alla spalla, che sento regolarmente se sto sveglio fino a notte alta. Anche nel sogno l’espressione è molto ambigua: cosa che anch’io sento… Significa: sento sul mio proprio corpo. Del resto, noto come suoni insolita la dizione «tratto di cute infiltrato». Siamo abituati all’«infiltrato sinistro postero-superiore» che si riferisce ai polmoni, e quindi di nuovo alla tubercolosi.

Nonostante il vestito. Questo, certo, è soltanto un inserto. Naturalmente in clinica i bambini si visitano svestiti, il che è in certo senso in contrasto col modo in cui vanno visitate le pazienti adulte. Di un clinico di prim’ordine si raccontava che avesse sempre fatto l’esame fisico dei suoi pazienti solo attraverso i vestiti. Il resto mi è oscuro. A essere franchi, non ho alcuna voglia di approfondire la cosa.

Il dottor M. dice: «È un’infezione, ma non importa; sopraggiungerà la dissenteria e il veleno sarà eliminato». Questo dapprincipio mi sembra ridicolo, eppure va accuratamente scomposto come tutto il resto. Visto un po’ più da vicino, vi si rivela un certo senso. Ciò che avevo riscontrato nella paziente, era una difterite localizzata. Del periodo di malattia di mia figlia, ricordo la discussione su difterite e difteria. Quest’ultima è l’infezione generale che parte dalla difterite locale. Leopold conferma l’esistenza di una tale infezione generale mediante l’ottusità, che fa dunque pensare a focolai metastatici. Ma credo che proprio nella difteria tali metastasi non esistano. Mi rammentano piuttosto una piemia.

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Non importa. È una consolazione. Credo ch’essa vada inserita in questo modo. L’ultimo frammento del sogno dichiara che i dolori della paziente provengono da una grave affezione organica. Intuisco che ancora una volta non voglio far altro che discolparmi. La cura psichica non può essere ritenuta responsabile del perdurare di dolori difterici. Ora, però, m’imbarazza il fatto d’inventare per Irma una malattia così grave, al solo scopo di scaricarmi da ogni responsabilità. Sembra così crudele. Ho bisogno dunque che mi si assicuri un esito felice, e non mi sembra una scelta sbagliata il porre la consolazione in bocca al dottor M. Ma qui vado al di là del sogno, e anche questo dev’essere spiegato.
Ma perché questa consolazione è così assurda?

Dissenteria. Qualche vaga idea teorica che i materiali patologici possano essere eliminati attraverso l’intestino. Voglio forse burlarmi dell’abbondanza di spiegazioni stravaganti, dei singolari intrecci patologici del dottor M.? A proposito di dissenteria, mi viene in mente qualcos’altro. Alcuni mesi fa avevo preso in cura un giovane con strani disturbi dell’evacuazione intestinale, che altri colleghi avevano curato come un caso di «anemia con denutrizione».

Avevo riconosciuto trattarsi di un caso d’isteria, ma non volendo tentare con lui la mia psicoterapia lo avevo mandato in crociera. Ora, alcuni giorni fa, ho ricevuto una lettera disperata dall’Egitto in cui mi dice di essere rimasto vittima di una nuova crisi, che il medico ha definito di dissenteria. Sospetto un errore di diagnosi da parte del collega poco informato, che si lascia abbindolare dall’isteria; tuttavia non ho potuto fare a meno disperatidi rimproverarmi di aver posto l’ammalato in condizioni tali da aggiungere un’affezione organica alla sua affezione intestinale isterica. Inoltre dissenteria fa assonanza con difteria, nome che non viene citato nel sogno.

Sì, dev’essere proprio così: mi burlo del dottor M. e della sua prognosi consolante: «sopraggiungerà la dissenteria eccetera»; mi ricordo infatti che anni fa egli mi aveva raccontato ridendo qualcosa di molto simile a proposito di un altro medico. Insieme a questo collega era stato chiamato a consulto presso un ammalato grave, e si era indotto a far rilevare al collega, molto ottimista, la presenza di albumina nelle urine. Il collega però non si scompose, anzi rispose tranquillo: «Non importa. Egregio collega, l’albumina si eliminerà da sé!». Non ho più dubbi: in questo punto del sogno si scherniscono i colleghi che non sono informati sull’isteria. Quasi a conferma, mi viene in mente ora: sa forse il dottor M. che i sintomi della sua paziente, l’amica di Irma, che fanno temere una tubercolosi, sono anch’essi basati sull’isteria? Ha riconosciuto questa isteria o se ne è fatto «prendere in giro»?
Ma che motivo posso avere per trattare così male l’amico?

È molto semplice: il dottor M. è contrario alla mia «soluzione» quanto Irma stessa. In questo sogno dunque mi sono vendicato di due persone: di Irma, con le parole: «se hai ancora dolori è colpa tua», e del dottor M., con l’assurda espressione di consolazione che gli ho messo in bocca.
Sappiamo subito da dove proviene l’infezione. Questa conoscenza immediata nel sogno è strana. Solo poco fa non lo sapevo ancora, perché l’infezione è stata riscontrata soltanto da Leopold.

L’amico Otto le ha fatto un’iniezione quand’era indisposta. Otto aveva effettivamente raccontato che, nel breve periodo della sua visita alla famiglia di Irma, era stato chiamato all’albergo vicino per praticare un’iniezione a qualcuno colto da improvviso malore. Le iniezioni, a loro volta, mi ricordano l’infelice amico intossicatosi con la cocaina. Gli avevo consigliato la droga solo per applicazione interna [cioè per via orale] durante lo svezzamento dalla morfina; egli invece si fece subito iniezioni di cocaina.

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Con un preparato di propile… propilene… acido propionico. Da dove mai mi vengono questi nomi? La stessa sera in cui avevo scritto il resoconto della malattia di Irma e poi sognato, mia moglie aveva aperto una bottiglia di liquore su cui era scritto «ananas», un regalo del nostro amico Otto. Infatti egli ha l’abitudine di far regali in qualsiasi occasione; speriamo che un giorno ne venga guarito da una donna. Il liquore emanava un odore di acquavite scadente, tanto che rifiutai di assaggiarlo. Mia moglie disse: «Questa bottiglia la regaliamo alle persone di servizio», e io, prudentemente, glielo impedii dicendo, da buon filantropo, che non era giusto che si avvelenassero nemmeno loro. L’odore di acquavite (amil…) ha evidentemente destato in me il ricordo di tutta la serie: propil, metil e così via, che ha fornito al sogno i preparati di propile. È vero però che ho commesso una sostituzione, che ho sognato propile dopo aver annusato amile, ma forse tali sostituzioni sono ammesse nella chimica organica.

Trimetilamina. In sogno vedo la formula chimica di questa sostanza, cosa che denota in ogni caso un grande sforzo della mia memoria. E precisamente: la formula è stampata in grassetto, come se si volesse far risaltare dal contesto qualcosa di particolarmente importante. A che cosa mi riporta dunque la trimetilamina, su cui vien richiamata in questo modo la mia attenzione? A un discorso con un altro amico che da anni è al corrente di tutti i miei progetti, come io dei suoi. Allora egli mi aveva comunicato certe idee di chimica sessuale, dicendo tra l’altro che credeva di riconoscere nella trimetilamina uno dei prodotti del ricambio sessuale. Questa sostanza mi riporta dunque Picasso-donna-spiaggiaalla sessualità, vale a dire al fattore cui attribuisco la massima importanza nell’insorgenza delle affezioni nervose che intendo guarire. La mia paziente Irma è una vedova di aspetto giovanile; se ci tengo a giustificare di fronte a lei l’insuccesso della cura, farò dunque bene ad appellarmi alla sua situazione, che i suoi amici vorrebbero mutare. Del resto, com’è strana la composizione di questo sogno! Anche l’altra donna, che nel sogno è mia paziente al posto di Irma, è una giovane vedova.

Intuisco le ragioni per cui la formula della trimetilamina occupa tanto posto nel sogno. In questa sola parola confluiscono molte cose importanti. Trimetilamina non è soltanto un’allusione al momento predominante della sessualità, ma anche a una persona, il cui consenso ricordo con piacere quando mi sento isolato con le mie opinioni. Questo amico, che ha una parte così importante nella mia vita, non ricompare più nella catena associativa del sogno? Certamente: egli conosce a fondo le conseguenze delle affezioni del naso e delle sue cavità collaterali e ha dischiuso alla scienza alcuni interessanti rapporti fra le conche nasali e gli organi sessuali femminili (le tre formazioni increspate nella gola di Irma). Gli ho fatto visitare Irma per sapere se i dolori di stomaco fossero di origine nasale. Egli stesso, però, soffre di suppurazioni nasali che mi preoccupano: a ciò allude probabilmente la piemia, cui penso a proposito delle metastasi del sogno.

Non si fanno queste iniezioni con tanta leggerezza. Il rimprovero di leggerezza è qui rivolto direttamente all’amico Otto. Credo di aver pensato qualcosa di simile nel pomeriggio, quando con le parole e con lo sguardo sembrava prendere posizione contro di me. Un pensiero simile a: «Come è facilmente influenzabile! Con che leggerezza formula il suo giudizio!». Inoltre, la frase del sogno mi riconduce ancora all’amico morto, che con tanta rapidità si volse alle iniezioni di cocaina. Come ho già detto, le iniezioni con questa sostanza erano assolutamente fuori delle mie intenzioni. Rimproverando Otto di usare con troppa leggerezza quei mezzi chimici, noto che sfioro di nuovo la storia di quell’infelice Mathilde, da cui risulta lo stesso rimprovero per me. Evidentemente raccolgo esempi della mia coscienziosità, ma anche del suo contrario.

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Probabilmente anche la siringa non era pulita. Ancora un rimprovero a Otto, questa volta però di origine diversa. Ieri ho incontrato per caso il figlio di una signora ottantaduenne, alla quale devo fare ogni giorno due iniezioni di morfina. Attualmente si trova in campagna, sofferente, ho saputo, di una flebite. Ho subito pensato che si trattasse di un infiltrato prodotto da una siringa sporca. Sono orgoglioso di non averle causato, in due anni, neanche un solo infiltrato: naturalmente bado sempre a che la siringa sia pulita. Sono, per l’appunto, scrupoloso. La flebite mi riconduce a mia moglie, che durante una gravidanza soffrì di stasi venosa. Affiorano ora alla mia memoria tre situazioni analoghe (con mia moglie, con Irma, con la defunta Mathilde), la cui identità evidentemente mi ha dato il diritto di scambiare nel sogno le tre persone.

Ho dunque portato a termine l’interpretazione del sogno. Durante questo lavoro mi sono sforzato di allontanare tutte le idee suggeritemi dal confronto tra contenuto onirico e pensieri celati del sogno. Nel frattempo ho compreso anche il «senso» del sogno. Ho notato un’intenzione, che viene realizzata dal sogno e che deve essere stata il motivo del sognare. Il sogno esaudisce alcuni desideri destati in me dagli avvenimenti della sera precedente (la notizia avuta da Otto, la stesura del resoconto clinico). Infatti dal sogno risulta che il colpevole delle persistenti sofferenze di Irma non sono io ma è Otto. Questi mi aveva irritato parlandomi dell’incompleta guarigione di Irma: ora il sogno si vendica, ritorcendo il rimprovero su di lui. Dalla responsabilità dello stato di salute di Irma il Freud-surrealsogno mi assolve riconducendolo ad altri motivi (addirittura a tutta una serie di fattori). Il sogno rappresenta un certo stato di cose così come lo vorrei; il suo contenuto è dunque un appagamento di desiderio, il suo motivo un desiderio.

Tutto ciò salta agli occhi. Ma anche alcuni particolari del sogno mi divengono più comprensibili dal punto di vista dell’appagamento di un desiderio. Mi vendico di Otto non solo per la sua avventata presa di posizione nei miei confronti, attribuendogli un’azione medica avventata (l’iniezione), ma anche per il cattivo liquore che sa di acquavite e trovo nel sogno un’espressione che riassume i due rimproveri: l’iniezione con un preparato di propilene. Non ancora soddisfatto, continuo la mia vendetta contrapponendogli il suo concorrente che è più fidato. Sembra dunque ch’io dica: «Lo preferisco a te». Ma Otto non è il solo costretto a subire il peso della mia ira. Mi vendico anche della paziente disubbidiente sostituendola con un’altra più intelligente, più docile. Non perdono neppure l’opposizione del dottor M., anzi gli faccio chiaramente capire che sta affrontando la situazione da ignorante («sopraggiungerà la dissenteria, eccetera»). E per di più, allontanandomi da lui, faccio appello a un medico più bravo (l’amico che mi ha parlato della trimetilamina), nello stesso modo in cui da Irma sono passato alla sua amica e da Otto a Leopold. Sbarazzatemi di queste persone, sostituitele con tre di mia scelta e sarò libero dai rimproveri che non voglio aver meritato!

Il sogno mi dimostra in modo esauriente l’infondatezza di questi rimproveri. I dolori di Irma non ricadono su di me, dato che essa stessa ne porta la colpa rifiutando di accettare la mia soluzione. Non mi riguardano, perché sono di natura organica e quindi non guaribili con la psicoterapia. I dolori di Irma si spiegano in modo soddisfacente con la sua vedovanza (trimetilamina!), situazione che non mi è dato di mutare. I dolori di Irma sono stati provocati da un’imprudente iniezione di Otto con sostanza inadatta, cosa che io non avrei mai fatta. I dolori di Irma derivano da un’iniezione con siringa sporca, come la flebite della vecchia signora, mentre io non combino mai guai facendo iniezioni. Noto però che queste spiegazioni dei dolori di Irma, che mi assolvono da ogni responsabilità non concordano tra loro, anzi si escludono a vicenda. Tutta l’arringa – questo sogno non è altro – ricorda vivamente la difesa dell’uomo accusato dal suo vicino di avergli restituito un paiolo in cattivo stato. In primo luogo, gliel’aveva riportato intatto; in secondo luogo, il paiolo era già bucato al momento del prestito; in terzo luogo, non aveva Pagan-Freudmai preso in prestito un paiolo dal vicino. Ma tanto meglio: basterà che venga riconosciuta valida una delle tre linee difensive e l’uomo dovrà essere assolto.

Il sogno presenta anche altri temi, il cui rapporto con il mio tentativo di discolpa di fronte alla malattia di Irma è meno evidente: la malattia di mia figlia e quella di una paziente con lo stesso nome, l’azione nociva della cocaina, l’affezione del mio paziente nel suo viaggio in Egitto, le preoccupazioni per la salute di mia moglie, di mio fratello, del dottor M., i miei personali disturbi fisici, le preoccupazioni per l’amico assente che soffre di suppurazioni nasali. Ma, se ci rifletto, tutto si raccoglie in un unico giro di pensieri che così potrebbe riassumersi: preoccupazioni per la salute propria e altrui, coscienziosità medica.

Ricordo una sensazione imprecisa e penosa nel momento in cui Otto mi diede notizia della salute di Irma. Dal complesso di pensieri che intervengono nel sogno, vorrei ricavare a posteriori l’impressione di questa fugace sensazione. È come se mi avesse detto: «Tu non prendi abbastanza sul serio i tuoi doveri di medico, non sei coscienzioso, non mantieni ciò che prometti». Dopo di che mi si sarebbe messa a disposizione quella serie di pensieri, per dimostrare fino a che punto mi stia a cuore la salute dei miei parenti, amici e pazienti. Va notato che tra questo materiale ideativo vi sono anche ricordi penosi, che depongono più a favore dell’accusa attribuita al mio amico Otto che a favore della mia discolpa. Il materiale è, per così dire, imparziale, ma è evidente il rapporto tra questo materiale più ampio, su cui poggia il sogno, e il tema più circoscritto, dal quale è risultato il desiderio di non essere colpevole della malattia di Irma.

Non voglio affermare di aver fatto luce piena sul significato di questo sogno né di aver dato un’interpretazione priva di lacune.
Potrei soffermarmi ancora a lungo su questo sogno, ricavarne nuovi chiarimenti, discutere certi nuovi enigmi che esso pone: ho già individuato i punti che si presterebbero a ulteriori sviluppi. Mi trattiene da questo lavoro d’interpretazione il riserbo che si ha per ogni sogno personale. Chi volesse per questo affrettarsi a muovermi rimprovero, tenti pure di essere più sincero di me. Per il momento mi basta aver raggiunto questa nuova conoscenza: seguendo il metodo di interpretazione qui esposto, si trova che effettivamente il sogno ha un significato e non è affatto l’espressione di un’attività cerebrale ridotta a frammenti, com’è stato detto dagli studiosi. Terminato il lavoro d’interpretazione, è possibile riconoscere che il sogno è l’appagamento di un desiderio.

(Freud, L’interpretazione dei sogni)