Deleuze – Ripetizione e simmetria

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Il nostro problema riguarda l’essenza della ripetizione. Si tratta di sapere perché la ripetizione non si lascia spiegare con la forma di identità nel concetto o nella rappresentazione, e in che senso essa esiga un principio «positivo», superiore. Questa ricerca deve vertere sull’insieme dei concetti della natura e della libertà.

Consideriamo, al limite dei due casi, la ripetizione di un motivo decorativo: una figura si trova riprodotta sotto un concetto assolutamente identico… [nel motivo è sempre riprodotta la stessa figura: così dice la logica del concetto e così conferma l’occhio della rappresentazione].
Ma, in realtà, l’artista non procede così, perché non giustappone degli esemplari della figura, ma combina ogni volta un elemento di un esemplare con un altro elemento di un esemplare successivo. Introduce nel processo dinamico della costruzione uno squilibrio, un’instabilità, una dissimmetria, una sorta di apertura che non saranno scongiurati se non nell’effetto totale.

Commentando un caso simile, Lévi-Strauss scrive: «Questi elementi si combinano a guisa di embrici disposti gli uni sugli altri, ed è solo alla fine che la figura trova una stabilità che conferma e allo stesso tempo nega il processo dinamico secondo il quale è stata eseguita» (Tristi tropici).

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Tali osservazioni valgono per la nozione di causalità in generale. Quel che conta, infatti, nella causalità artistica o naturale, non sono gli elementi di simmetria presenti, ma quelli che mancano e non sono nella causa; quel che conta è la possibilità per la causa di avere meno simmetria dell’effetto.
Ma c’è anche da dire che la causalità resterebbe eternamente ipotetica, pura e semplice categoria logica, se tale possibilità non fosse in un qualunque momento effettivamente adempiuta. Ecco perché il rapporto logico di causalità non è separabile da un processo fisico di segnalazione, senza di che esso non passerebbe all’atto.

Chiamiamo «segnale» un sistema dotato di elementi di dissimmetria, provvisto di ordini di grandezza differenti; e chiamiamo «segno» ciò che accade in un tale sistema, ciò che balena nell’intervallo, come una comunicazione che si stabilisca tra i differenti ordini.
Il segno è sì un effetto, ma effetto sotto due aspetti, l’uno mediante il quale, in quanto segno, esprime la dissimmetria produttrice, l’altro attraverso cui tende ad annullarla. Il segno non è affatto dell’ordine del simbolo; tuttavia, esso lo prepara implicando una differenza interna (ma lasciando ancora all’esterno le condizioni della propria riproduzione).

L’espressione negativa «mancanza di simmetria» non deve ingannarci: essa designa l’origine e la positività del processo causale, è la positività stessa. L’essenziale per noi, come suggerisce l’esempio del motivo decorativo, è perciò di smontare la causalità onde viso-asimmetricodistinguervi due tipi di ripetizione, l’uno riguardante soltanto l’effetto totale astratto, l’altro, la causa agente.
L’una è una ripetizione statica, e l’altra, dinamica. La prima risulta dall’opera, ma la seconda è come «l’evoluzione» del gesto. L’una rinvia a uno stesso concetto, che lascia sussistere solo una differenza esterna tra gli esemplari ordinari di una figura; l’altra è ripetizione d’una differenza interna, compresa in ciascuno dei suoi momenti, e che essa trasporta da un punto privilegiato a un altro.

Si può tentare di assimilare queste ripetizioni dicendo che, dal primo tipo al secondo, muta soltanto il contenuto del concetto o che la figura si articola diversamente. Ma ciò equivarrebbe a disconoscere l’ordine rispettivo di ogni ripetizione. Giacché nell’ordine dinamico, non c’è più né concetto rappresentativo, né figura rappresentata in uno spazio preesistente. C’è un’idea, e un puro dinamismo creatore di spazio corrispondente.

Gli studi sul ritmo e sulla simmetria confermano questa dualità.
Si distingue una simmetria aritmetica, che rinvia a una scala di coefficienti interi o frazionari, e una simmetria geometrica, fondata su proporzioni o rapporti irrazionali; una simmetria statica, di tipo cubico o esagonale, e una simmetria dinamica, del tipo pentagonale, che si manifesta in un tracciato a spirale o in una spinta in progressione geometrica, insomma in una «evoluzione» viva e mortale.
Ora, questo secondo tipo è al centro del primo, ne è il cuore, è il procedimento attivo, positivo.

In un reticolo di doppi quadrati, si scoprono tracciati irradianti che hanno per polo asimmetrico il centro di un pentagono o di un pentagramma. Il reticolo è come una stoffa su un telaio, «ma il taglio, il ritmo principale di tale armatura, è quasi sempre un tema indipendente da questo reticolo» (Ghyka, Le nombre): come l’elemento di Colombo-doppi-quadratidissimmetria che serve da principio di genesi e nello stesso tempo di riflessione per un insieme simmetrico.
La ripetizione statica nel reticolo dei doppi quadrati rinvia dunque a una ripetizione dinamica, formata da un pentagono e dalla «serie decrescente dei pentagrammi che vi si inscrivono naturalmente».

Parimenti la ritmologia ci induce a distinguere immediatamente due tipi di ripetizione. La ripetizione-misura è una divisione regolare del tempo, un ritorno isocrono di elementi identici. Ma una durata non esiste se non determinata da un accento tonico, regolata da talune intensità. Ci si ingannerebbe sulla funzione degli accenti se si dicesse che essi si riproducono a intervalli uguali. I valori tonici e intensivi agiscono al contrario creando delle disuguaglianze, delle incommensurabilità, nelle durate o negli spazi metricamente uguali. Essi creano dei punti di rilievo, degli istanti privilegiati che segnano sempre una poliritmia. Qui ancora, il disuguale è il più positivo.

La misura è l’involucro di un ritmo e di un rapporto di ritmi. La ripresa di punti di disuguaglianza, di punti di flessione, di eventi ritmici, è più profonda della riproduzione di elementi ordinari omogenei; sicché, ovunque, va distinta la ripetizione-misura e la ripetizione-ritmo, essendo la prima soltanto l’apparenza o l’effetto astratto della seconda.
La ripetizione materiale e nuda (come ripetizione dello Stesso) non appare se non nel senso in cui un’altra ripetizione si maschera in essa, costituendola e costituendosi a sua volta nell’atto di mascherarsi.

Persino nella natura, le rotazioni isocrone sono l’apparenza di un movimento più profondo, i cicli di rivoluzione non sono se non degli astratti, e messi in rapporto, rivelano cicli di evoluzione, spirali in ragione di curvatura variabile, la cui traiettoria ha due aspetti dissimmetrici come la destra e la sinistra.
Sempre in codesta apertura, che non si confonde con il negativo, le creature intessono la loro ripetizione, nel momento stesso in cui ricevono il dono di vivere e di morire.

(Deleuze, Differenza e ripetizione)