Jung – L’esperienza primordiale del fanciullo

Nel «fanciullo», ora a dominare è l’aspetto del fanciullo divino, ora invece quello del giovane eroe. Ambedue i tipi hanno in comune la nascita prodigiosa e le prime vicende infantili: sono abbandonati e minacciati da persecutori.
Il dio è puramente soprannaturale, l’eroe invece ha un carattere umano, ma potenziato fino al limite del soprannaturale («semidivinità»). Mentre il dio, particolarmente nella pagliaccettosua intima relazione con l’animale simbolico, personifica l’inconscio collettivo non ancora integrato nell’essere umano, l’eroe comprende anche l’essere umano nel suo carattere soprannaturale e rappresenta quindi una sintesi dell’inconscio («divino» cioè non ancora umanizzato) e della coscienza umana.
Egli significa dunque un’anticipazione potenziale di una individuazione già vicina alla totalità.

Le vicende del fanciullo si possono considerare perciò come rappresentazioni di quegli eventi psichici che si svolgono in collegamento con l’entelechia o genesi del «sé». La «nascita miracolosa» cerca di esprimere la qualità dell’esperienza di questa genesi. Trattandosi di una genesi psichica, tutto deve avvenire in maniera non empirica, così per es. per parto verginale, o per procreazione prodigiosa, o per nascita da organi innaturali.

Il motivo dell’essere «insignificante», abbandonato, minacciato, ecc. tenta di esprimere la precaria possibilità d’esistenza psichica della totalità, cioè l’enorme difficoltà di conquistare questo sommo bene.
Con questo, allo stesso tempo, si accenna alla debolezza e allo stato d’abbandono di quell’impulso vitale che vorrebbe soggiogare alla legge del più perfetto possibile compimento di sé tutto ciò che si forma, mentre gli influssi più vari e molteplici del mondo circostante frappongono gli ostacoli più seri sulla via di ogni individuazione.

Particolarmente, il possesso di se stesso minacciato da draghi o serpenti allude al pericolo che la coscienza raggiunta venga nuovamente sommersa dalla psiche istintiva, dall’inconscio.
I vertebrati inferiori sono sin da antichissimo tempo simboli preferiti della base psichica collettiva che anatomicamente si localizza nei centri subcorticali, nel cervelletto e nel midollo spinale. Di questi organi è formato il serpente. Sogni di serpenti avvengono quindi normalmente nei casi di deviazione della coscienza dalla base istintiva.

Il motivo del «più piccolo del piccolo, tuttavia più grande del grande» aggiunge alla debolezza le gesta complementari ugualmente prodigiose del fanciullo. Questo paradosso pagoda-due-draghifa parte della natura dell’eroe e, come un filo rosso, segue l’intero percorso del suo destino.
Egli è in grado di affrontare i più grandi rischi, tuttavia finisce per fallire di fronte all’«insignificante»: così Baldr di fronte al vischio, Maui al riso di un uccellino, Sigfrido per un punto vulnerabile, Eracle per il regalo di sua moglie [Deianira], altri per un volgare tradimento.

L’azione principale dell’eroe è la vittoria sul mostro dell’oscurità; è il trionfo sperato ed atteso della coscienza sull’inconscio.
Giorno e luce sono sinonimi della coscienza, notte e oscurità dell’inconscio. Diventare coscienti è certamente la più grande esperienza primordiale, perché è per mezzo di essa che è sorto il mondo, della cui esistenza prima nessuno sapeva.
«E Dio disse: sia luce» è la proiezione di quell’esperienza primordiale del distacco della coscienza dall’inconscio. Ancora presso i primitivi attuali il possesso dell’anima è una cosa pericolante e «la perdita dell’anima» è una tipica affezione psichica che provoca vari interventi psicoterapeutici da parte della medicina primitiva. È perciò che già «il fanciullo» si distingue in azioni che mirano alla vittoria sull’oscurità.

(Jung, La psicologia dell’archetipo «fanciullo», in Jung-Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia)