Racconta lo sceriffo Husein ibn Rayyân che il Principe dei credenti Omar ibn al-Khattâb (si compiaccia di lui l’Altissimo!) sedeva un giorno a giudicare fra la gente e ad amministrare la giustizia ai suoi sudditi, circondato dai suoi principali compagni, uomini di retto giudizio. Ed ecco comparire davanti a lui un giovane bellissimo, pulitamente vestito, che altri due bei giovani avevano preso per il collo e trascinavano al cospetto del califfo.
Il Principe dei credenti guardò quei due e quell’altro, ordinò che il prigioniero fosse lasciato libero e gli si avvicinasse, dicendo agli altri due: «Qual è la vostra questione con lui?».
Risposero: «Signore dei credenti, noi siamo fratelli carnali, autentici seguaci della vera religione. Avevamo un padre vecchissimo, abile nella direzione degli affari, molto considerato nella tribù, immune da bassezza, noto per le sue virtù; egli ci allevò da piccoli e ci colmò di beneficî da grandi; in lui erano riunite le belle qualità e i meriti. Ora nostro padre uscì un giorno per andare a passeggio sotto gli alberi di un suo giardino e per coglierne le frutta mature, e questo giovane, deviando dal retto cammino, lo uccise; noi domandiamo il taglione per il suo crimine e vogliamo che sia giudicato secondo i comandamenti di Dio!».
Omar diede uno sguardo terribile al giovane, e gli disse: «Hai sentito il racconto di questi due: tu che cosa rispondi?».
Quel giovane era di cuore saldo e di parola ardita: deposta la veste della timidezza e abbandonati i panni dello sgomento, egli sorrise, e parlò con la lingua più diserta; salutò il Principe dei credenti con belle parole, poi seguitò: «Per Iddio, o Principe dei credenti, sono stato attento a quel che sostengono questi due, e dicono la verità: quel che raccontano è realmente avvenuto, e il decreto di Dio è destino destinato (Corano, 33: 38). Ora però racconterò la mia storia al tuo cospetto, e tu deciderai.
«Sappi, o Principe dei credenti, che io sono un arabo, della razza più pura di quegli arabi che sono i più nobili degli uomini sotto la cappa del cielo. Sono stato allevato nelle dimore del deserto; la mia gente fu colpita da annate nere ed avverse, e io giunsi ai confini di questa regione, con la famiglia, il bestiame e i figli, e percorrevo una delle sue vie, diretto verso i suoi frutteti. Avevo con me le mie cammelle di stirpe generosa, a me tanto care, e fra loro c’era uno stallone di nobile razza, generatore di numerosa prole, bello di forme, dal quale le cammelle avevano avuto tanti figli; camminava in mezzo ad esse come un re incoronato.
«Ora una delle cammelle deviò verso il frutteto del padre di costoro, dove alcuni alberi sporgevano oltre il muro di cinta, e cominciò a brucarne le foglie con le labbra. Io la stavo allontanando da quel frutteto, quand’ecco apparire, da un punto ove il muro era rotto, un vecchio che, trascinato dalla collera, schizzava scintille dagli occhi e veniva avanti con un sasso nella sinistra, dondolandosi come il leone che si prepara all’assalto. Colpì lo stallone con quel sasso e lo uccise, avendogli toccato un punto vitale. Vedendo cadere lo stallone al mio fianco, sentii nel mio cuore divampare i carboni ardenti dell’ira: raccolsi quella medesima pietra e con quella lo colpii: fu la causa della sua morte; il male che aveva fatto si rovesciò su di lui e l’uomo venne ucciso dal proprio strumento di morte. Quando il sasso lo colpì, gettò un grido terribile e invocò aiuto con voce straziante; io accorsi in fretta da dove stavo e questi due giovani mi furono sopra, mi afferrarono e mi hanno portato qui, al tuo cospetto».
Disse Omar (che l’Altissimo l’abbia in grazia!): «Tu hai riconosciuto quel che hai commesso, non è possibile assolverti, è necessario applicare il taglione, non è più tempo di evitare il castigo (Corano, 38: 2)».
Rispose il giovane: «Odo e obbedisco, poiché così ha sentenziato il califfo, e il suo giudizio corrisponde alla legge dell’Islam. Sennonché io ho un fratello, e il suo vecchio padre, prima di morire, gli ha destinato una somma importante; poi è morto venerato da tutti, affidando la cosa a me, chiamando Dio a testimone e dicendo: “Questa è roba di tuo fratello, consegnata a te; conservala con cura”. Presi il danaro e lo seppellii; nessuno sa dove sta all’infuori di me. Se tu mi condanni a morire subito, il danaro andrà perduto per causa tua, ed il ragazzo rivendicherà da te il suo diritto, nel giorno in cui Iddio giudicherà le sue creature. Ora, se tu mi aspetti tre giorni, incaricherò qualcuno di curare gli interessi del giovinetto, e tornerò per compiere l’obbligo mio, lasciando chi garantisca delle mie parole».
Il Principe dei credenti abbassò la testa, poi guardando i presenti, disse: «Chi mi sarà mallevadore del suo ritorno?».
Il giovane, osservati i volti delle persone che si trovavano lì, indicò Abu Dharr dicendo: «Costui sarà il mio garante e risponderà di me».
Rispose Omar: «O Abu Dharr, hai sentito le sue parole e mi garantisci che questo giovane si presenterà?».
Rispose: «Sì, Principe dei credenti, mi faccio suo garante per tre giorni».
Il califfo fu soddisfatto e permise al giovane di partire.
Quando spirò il termine della dilazione, e l’ora stava per passare o era già passata, senza che il giovane si presentasse, sedeva Omar circondato dai compagni, come la luna in mezzo alle stelle.
Abu Dharr era già venuto e i due accusatori stavano ad aspettare, dicendo: «Dov’è il reo? O Abu Dharr, come potrebbe tornare chi è fuggito? Noi però non ci muoveremo da qui finché non ce lo porti, per prendere la nostra vendetta».
Rispose Abu Dharr: «Giuro per la verità del Re onnisciente che, se i tre giorni sono compiuti e il giovane non si presenta, eseguirò il patto di garanzia, consegnando la mia persona al sovrano».
Disse Ornar (Dio si compiaccia di lui!): «Per Dio, se il giovane tarda, sicuramente agirò con Abu Dharr come prescrive la legge dell’Islam!».
Scorrevano le lacrime dei presenti e sospiravano profondamente gli spettatori; sorse un gran tumulto, e i principali compagni del Profeta proponevano ai due giovani di accettare il prezzo del sangue, meritandosi gli elogi di tutti: essi rifiutarono e non accettavano altro che l’applicazione del taglione.
Ora mentre la gente tumultuava come un mare in burrasca, addolorati per Abu Dharr, arrivò il giovane e si presentò dinanzi al sovrano; lo salutò col saluto più cortese, raggiante nel viso che grondava sudore, e gli disse: «Ho consegnato il fanciullo ai suoi zii materni, e li ho informati di tutti i suoi affari, mostrando loro il luogo ove è deposto il danaro; poi sfidando il calore del meriggio, sono venuto per fare il mio dovere di uomo libero».
La gente stupì ammirando la sua buona fede, la sua fedeltà alla parola data, e il coraggio con cui affrontava la morte, ed uno gli disse: «Che giovane generoso sei tu! Come mantieni le promesse e fai fronte agli impegni!».
Rispose il giovane: «Non siete voi certi che alla morte, quando si presenta, non scampa nessuno? Sono stato ai patti, affinché non si dica: La buona fede è scomparsa in mezzo agli uomini!».
Disse Abu Dharr: «Per Dio, Principe dei credenti, io mi sono fatto garante per questo giovane, senza sapere di che tribù fosse e senza averlo mai visto prima dell’altro giorno. Quando, mettendo da parte tutti i presenti, mi designò, dicendo: “Costui sarà il mio mallevadore e risponderà di me!”, non mi è sembrato bello rifiutare, e la virtù vietava di deluderlo (dato che nel contentarlo non c’era niente di male), affinché non si dica: La generosità ha abbandonato gli uomini!».
A questo punto i due giovani esclamarono: «O Principe dei credenti, facciamo grazia a questo giovane del sangue di nostro padre, poiché la brutalità ha ceduto alla gentilezza, affinché non si dica: La bontà è scomparsa fra gli uomini!».
Si allietò il sovrano del perdono concesso al giovane e della sua fedeltà alla parola data; egli esaltò la virtù di Abu Dharr al disopra dei suoi compagni e approvò la decisione generosa dei due fratelli, ringraziandoli e lodandoli e citando il detto del poeta:
Chi fa il bene fra le creature ne sarà ricompensato;
fra gli uomini e Dio il bene non va perduto.
Quindi il califfo propose ai due fratelli di pagar loro il prezzo del sangue del padre dalle casse dell’erario, ma risposero: «Noi lo condoniamo per amore di Dio, Generoso ed Alto! E chi agisce con quest’intenzione, non fa seguire al suo beneficio rinfacciamento o danno».
(Le mille e una notte)