Nel momento in cui rimette in discussione tutte le costruzioni fatte nei capitoli precedenti a proposito dell’elaborazione del sogno, nella Psicologia dei processi onirici, capitolo VII dell’Interpretazione dei sogni – il più importante – Freud tutt’a un tratto dice che a proposito dei sogni possono essere sollevate tutte le obiezioni, compreso che forse il sogno non è che il sogno di un sogno.
Quindi, il nostro errore sarebbe stato quello di trattare come un testo sacro quello che non sarebbe altro che un’improvvisazione arbitraria, edificata in fretta e in un momento di imbarazzo.
Di passaggio rileviamo questa metafora, dato che in Freud le metafore sono preziose – ha trattato infatti il sogno come un testo sacro. E un testo sacro si interpreta secondo leggi molto particolari, e ciascuno sa che talvolta queste interpretazioni sorprendono. Bisogna inoltre accordare tutta la sua importanza al termine testo, e notare il fatto che, al momento di parlare del processo del sogno, Freud si dirige verso la questione dell’oblio.
Ebbene, la degradazione, o anche l’oblio, del testo del sogno importa così poco, dice Freud, che anche se restasse un solo elemento, un elemento dubbio, un minuzzolo di briciola, l’ombra di un’ombra, possiamo continuare ad accordargli un senso. È un messaggio.
La sua degradazione non è dovuta al caso, non è legata a una specie di smorzatura, di cancellazione, di annegamento, del messaggio nel rumore di fondo. Il messaggio non è dimenticato in un modo qualsiasi. Restituiamo a quella famosa censura che si dimentica troppo, tutta la sua freschezza, la sua novità – una censura è un’intenzione.
L’argomentazione di Freud rovescia l’onere della prova – Negli elementi che mi obiettate, dice, gli oblii e le degradazioni del sogno, io continuo a vedere un senso, e persino un senso in più. Quando il fenomeno d’oblio interviene, la cosa mi interessa anche di più. Anche qui trovo una parte del messaggio. Questi fenomeni negativi, io li aggiungo alla lettura del senso, riconosco loro anche la funzione di messaggio. – Non solo Freud scopre questa dimensione, ma anche, per un certo partito preso, la isola, e non vuol sapere che di essa.
Gli si obietta che parla di sogni di desiderio, ma che ci sono anche i sogni d’angoscia, i sogni di autopunizione. Una delle fasi della sua risposta è di dire che, certo, ci sono dei sogni d’angoscia, ma che ciò che funziona perché ci sia l’angoscia non è nient’altro che ciò che provocherebbe l’angoscia nella vita vigile. Non gli interessa tutto quello che c’è nel sogno, ma unicamente l’elemento semantico, la trasmissione di un senso, una parola articolata, ciò che chiama i pensieri, Gedanken, del sogno.
Freud si interessa, e da nessuna parte è più evidente che nella prima parte di questo settimo capitolo, al messaggio in quanto tale, anzi di più, al messaggio come discorso interrotto, e che insiste. Ecco cosa ci tiene vicini al problema che stiamo ora mettendo in discussione: che cos’è l’aldilà del principio di piacere? che cos’è l’automatismo di ripetizione?
In questo testo non potete dare alla parola Gedanken un senso psicologico. Freud ripete in tre o quattro passaggi che non dobbiamo immaginare che tutte le nostre spiegazioni siano dell’ordine del già noto nello psichico, che non si tratta di fenomeni di ordine psicologico. Ecco un esempio che è tanto più significativo quanto estremo, quello della signora alla quale non resta, del suo sogno, che un termine – canale. Freud dimostra a questo proposito come intende l’interpretazione dei sogni.
Ma cosa può essere la memoria di qualcosa che è tanto cancellato, una memoria di memoria? e, più in generale, quando ricordiamo un sogno ricordiamo veramente qualcosa di cui possiamo parlare come di un pensiero, visto che dopo tutto non sappiamo se non sia il tipo stesso dell’illusione della memoria? Ciò non turba Freud, non gli importa, quello che lo occupa non è dell’ordine dei fenomeni psicologici. Ricordiamo un sogno come un avvenimento che è esistito e che è situabile da qualche parte? Ciò è letteralmente insolubile. I filosofi se ne sono sempre interessati – perché il vissuto del sonno non è altrettanto importante, autentico, di quello della veglia? Se uno sogna tutte le notti di essere una farfalla, è legittimo dire che sogna di essere una farfalla? Ma a Freud importa poco.
Questo realismo psicologico, questa ricerca di una soggettività essenziale, non gli interessa. L’importante per lui non è sognare di essere una farfalla, ma quello che il sogno vuol dire, quello che vuol dire a qualcuno. Chi è questo qualcuno? La questione è tutta qui.
S’era già intrattenuto con questa signora in discorsi, e il sogno non ne è che il seguito. In apparenza ella ha ammesso molte elaborazioni di Freud, ma quello che gli vuol dire nel sogno è dimostrato dalle sue associazioni. Ponzi, ponzi, signora. Alla fine lei tira fuori una storiella umoristica anti-inglese. Du sublime au ridicule il n’y a qu’un pas – Oui, le Pas-de-Calais. Ecco cosa vuol dire – Tutte le sue storie sono sublimi, ma al limite del ridicolo, basta un niente e tutto questo fa ridere.
Non stiamo dicendo che è legittimo o meno, noi commentiamo Freud, e tentiamo di cogliere che cos’è la funzione inconscia del sogno. Una delle dimensioni del desiderio del sogno è quella di far passare una certa parola. Metterlo in evidenza basta sempre a Freud per ratificare che la sua teoria è confermata. Non ha bisogno di arrivare al ricordo d’infanzia, né di pensare alla regressione. Che cosa ha reso necessaria per Freud la teoria della regressione? È quello che il prossimo passo ci dimostrerà. Quello che riterremo per ora, è che Freud è soddisfatto, si ritrova, pretende di averci dimostrato quello che voleva dimostrarci, solo quando può mostrarci che il desiderio principale di un sogno era di far passare un messaggio.
VALABREGA: – Di conseguenza, l’oblio del sogno è l’ostacolo.
Non è l’ostacolo, fa parte del testo. Il dubbio, per esempio, nella sua prospettiva è quasi una emphasis – non c’è la parola equivalente in francese, bisognerebbe dire soulignage, sottolineatura. Il dubbio non lo interessa come fenomeno psicologico e, per quanto riguarda il sogno, si tratta davvero di un fenomeno psicologico?
Bisogna interpretare il fenomeno del dubbio, dice Freud, come una parte del messaggio. Se il soggetto dubita, vi direte, si tratta di resistenza, ma per ora non parliamo di resistenza. Il dubbio fa parte del messaggio. Quando il soggetto vi dice che dubita, dovete considerare che attira la vostra attenzione sul fatto che è un elemento particolarmente significativo del sogno. Il dubbio è una connotazione privilegiata in questo famoso testo sacro. D’accordo?
VALABREGA: – Sì … ciononostante, Freud sottolinea il termine resistenza quando dice – Ogni ostacolo all’interpretazione viene dalla resistenza, Widerstand, psichica.
Non proprio. Ha letto anche la noticina? Se il padre del paziente muore nel corso dell’analisi, dice, e certo non si arriverà a pensare che l’abbia fatto morire unicamente per interrompere l’analisi, ecco qui una resistenza. Noi classifichiamo come resistenza tutto quello che si oppone all’interpretazione – è una questione di definizione. Anche un fatto così, lo interpreteremo in rapporto al fatto che favorisce o meno il progresso del lavoro di interpretazione, cioè il passaggio del messaggio. Ammetterete che questa generalizzazione del tema della resistenza ci permette di pensare che Freud non la include in un processo psicologico. La resistenza trae il suo valore solo in rapporto al lavoro. Non è affatto considerata sotto l’angolo delle proprietà psichiche del soggetto.
La resistenza esiste, beninteso. Sappiamo che ci sono gli attriti immaginari o psicologici, che ostacolano quello che Freud chiama il flusso dei pensieri inconsci. La noticina è a favore di quello che vi dico, che la resistenza non è considerata come interna al soggetto, su un piano psicologico, ma unicamente in rapporto al lavoro di interpretazione.
VALABREGA: – Il Widerstand è anche censura.
No, per l’appunto. Non è la censura.
VALABREGA: – Invece sì, signore.
No, non è la censura. La censura non si situa allo stesso livello della resistenza. Fa parte del carattere interrotto del discorso.
Sento che ci troviamo in un dissenso essenziale, che da parte sua c’è qualche incomprensione ed è necessario che io dica qualcosa di figurato.
In senso proprio, la resistenza del soggetto è legata al registro dell’io, è un effetto dell’io. In questo capitolo essa è istituita come una x che designa tutto ciò che arresta il lavoro analitico, che sia psicologico o meno, che venga dalla realtà o dal caso. La censura non ha niente a che fare con la resistenza, né nel primo senso, né – e molto di più – nel secondo.
Ciò comporta il problema di quello che noi chiamiamo Super-io. Vi parlo del discorso interrotto. Ebbene, una delle forme più sorprendenti del discorso interrotto è la legge in quanto incompresa. Per definizione, si presume che nessuno ignori la legge, ma questa è sempre incompresa, poiché nessuno la coglie interamente. Il primitivo che è preso nelle leggi della parentela, dell’alleanza, dello scambio delle donne, non ha mai, anche se è molto saggio, una visione totale di ciò che lo afferra in questo insieme della legge. Ciò che è censura è sempre in rapporto con ciò che, nel discorso, si riferisce alla legge in quanto incompresa.
Vi sembrerà troppo ardito, cercherò di illustrarlo.
C’è un libretto pornografico che è stato scritto da un nome eminente della letteratura, attualmente membro dell’Académie Goncourt, Raymond Queneau. In questo libro, tra i più deliziosi che si possano leggere, una giovane dattilografa, che sarà coinvolta nella rivoluzione irlandese e in disavventure assai scabrose, mentre è chiusa nella ritirata, fa una scoperta simile punto per punto a quella di Karamazov padre.
Come sapete, il figlio Ivan lo conduce sulle audaci via che impegnano il pensiero di un uomo colto, e in particolare, dice, Se Dio non esiste … – Se Dio non esiste, dice il padre, allora tutto è permesso. Nozione evidentemente ingenua, poiché sappiamo bene, noi analisti, che se Dio non esiste, allora più niente è permesso. I nevrotici ce lo dimostrano ogni giorno.
La dattilografa, chiusa in ritirata, fa una scoperta più impressionante ancora per un suddito di Sua Maestà. È appena capitato un avvenimento che disturba il mantenimento dell’ordine a Dublino, e ciò le insinua un dubbio che sfocia nella formula seguente – Se il re d’Inghilterra è un fesso, allora tutto è permesso. E da quel momento tutta la sua avventura – aiutata però dagli eventi – mostra che non si rifiuta più niente. Il titolo del libro dev’essere – Si è sempre troppo buoni con le donne.
Infatti, per i sudditi di Sua Maestà britannica – è l’ipotesi, non crediate che stia parlando male dei nostri alleati inglesi – è molto importante che non si dica che il re d’Inghilterra è un fesso. Il che si può esprimere per esempio con la seguente legge – sarà tagliata la testa a chi dirà che il re d’Inghilterra è un fesso. Seguitemi bene. Cosa ne risulterà?
La cosa vi sembra comica, ma voglio che vi appaia tragica. E voglio mostrarvi che ogni legge di questo tipo, ogni legge primordiale, che come tale comporta l’indicazione della pena di morte, comporta al tempo stesso, per il suo carattere parziale, la possibilità fondamentale d’essere incompresa. L’uomo è sempre in posizione di non comprendere mai completamente la legge, perché nessun uomo può padroneggiare nel suo insieme la legge del discorso.
Se è proibito dire che il re d’Inghilterra è un fesso, sotto pena di avere la testa tagliata, non lo si dirà, e solo per questo fatto si sarà indotti a non poter dire un sacco di altre cose – cioè tutto quello che svela la realtà evidente che il re d’Inghilterra è un fesso.
Come tutto dimostra, il re d’Inghilterra è un fesso. Ne abbiamo avuto degli esempi. E un re d’Inghilterra che non era un fesso è stato messo immediatamente in condizione di abdicare. Si distingueva dagli altri perché cadeva da cavallo e perché aveva la pretesa di sposare la donna che amava – il che sottolineava evidentemente che non era un fesso, e fu immediatamente obbligato a portare altrove le sue considerazioni intime. Che cosa vuol dire? È sufficiente non essere un fesso per salvarsi? È un errore – neanche questo è sufficiente. Non sto dicendo che il re d’Inghilterra ha avuto ragione a sottomettersi all’abdicazione perché non era un fesso. Ma è una parentesi.
Ne risulta dunque che tutto quello che nel discorso è coerente con la realtà che il re d’Inghilterra è un fesso, è tenuto in sospeso. Il soggetto è preso nella necessità di dover eliminare, estrarre dal discorso tutto ciò che è in rapporto con quello che la legge proibisce di dire. Ora, questa proibizione come tale è totalmente incompresa. A livello della realtà, nessuno può capire perché si avrà la testa tagliata se si dice questa verità, nessuno coglie dove si situa il fatto stesso della proibizione. Quindi non si può più supporre che qualcuno che dice quello che non deve essere detto e si fa l’idea che tutto è permesso, potrà annullare puramente e semplicemente la legge in quanto tale.
Spero di farvi sentire quell’ultima molla inesplicata, inesplicabile a cui si aggancia l’esistenza della legge. Il nocciolo duro che incontriamo nell’esperienza analitica, è che c’è, una legge. E proprio ciò che non può essere mai completamente portato a termine nel discorso della legge, proprio quest’ultimo termine spiega che ce n’è una.
Che cosa si produce in questa ipotesi? Il suddito del re d’Inghilterra ha molte ragioni di voler esprimere cose che hanno il più diretto rapporto col fatto che il re d’Inghilterra è un fesso. Diciamo che il problema passa nei suoi sogni. E cosa sogna questo suddito? – dato che si tratta di qualcosa di difficilmente esprimibile, non solo del fatto che il re d’Inghilterra è un fesso, ma di tutto ciò che vi è connesso, di tutto ciò che fa sì che non possa essere altro che un fesso, di tutta la struttura del regime e, al di là, della connivenza universale della fesseria del regno d’Inghilterra. Ebbene, il suddito sogna di avere la testa tagliata.
Non occorre porsi questioni su chissà che masochismo primordiale, sull’autopunizione, sul desiderio di punizione. In questo caso il fatto di avere la testa tagliata vuol dire che il re d’Inghilterra è un fesso. Ecco la censura. È la legge in quanto incompresa.
A livello del sogno non è che un piccolo problema infantile – perché uno sogna di avere la testa tagliata? Perché la cosa vi diverte tanto? Pensate però che nessuno dei sudditi del regno dove regna la fesseria ha mai la testa ben solida sulle spalle. Qui, la cosa si esprime con un sintomo.
Quello che vi racconto ha l’aria di essere un piccolo apologo, ma ho conosciuto un soggetto il cui crampo dello scrivano era legato, come la sua analisi ha rivelato, al fatto che nella legge islamica nella quale era stato cresciuto, il ladro doveva avere mozzata la mano. E questo non l’ha mai potuto digerire. Perché? perché avevano accusato il padre di essere un ladro. Ha passato l’infanzia in una specie di profonda sospensione nei confronti della legge coranica. Tutto il suo rapporto con l’ambiente originario, i pilastri, le basi, l’ordine, le coordinate fondamentali del mondo, era barrato, perché c’era una cosa che si rifiutava di capire – perché un ladro dovesse avere la mano mozzata. In ragione di ciò, d’altronde, e proprio perché non lo capiva, l’aveva lui la mano mozzata.
Ecco la censura, nella misura in cui in Freud, all’origine, questo si svolge a livello del sogno. Il Super-io è questo, che terrorizza effettivamente il soggetto, che costruisce in lui sintomi efficaci, elaborati, vissuti, protratti, che si incaricano di rappresentare questo punto in cui la legge non è capita dal soggetto, ma esercitata da lui. Essi si incaricano di incarnarla come tale, le danno la sua figura di mistero.
È tutt’altra cosa del rapporto narcisistico col simile; è il rapporto del soggetto con la legge nel suo insieme, in quanto non può mai esserci rapporto con la legge nel suo insieme, perché la legge non è mai completamente assunta.
Censura e Super-io sono da situare nello stesso registro della legge. È il discorso concreto, non solamente in quanto domina l’uomo e fa sorgere ogni sorta di folgorazioni, qualsiasi cosa, tutto ciò che capita, tutto ciò che è il discorso, ma in quanto dà all’uomo il suo mondo che chiamiamo, più o meno esattamente, culturale. È in questa dimensione che si situa quello che è la censura e vedete in che cosa si distingue dalla resistenza. La censura non è né a livello del soggetto, né dell’individuo, ma a livello del discorso, nella misura in cui esso, come tale, forma da solo un universo completo, ed ha allo stesso tempo qualcosa di irriducibilmente discordante in tutte le sue parti. Basta un niente, un nonnulla, che siate chiusi alla ritirata o che abbiate avuto un padre accusato a torto di chissà che crimine, perché tutt’a un tratto la legge vi appaia in forma lacerante. Ecco, la censura, e Freud non confonde mai ciò che Widerstand [resistenza] e ciò che è censura.
(Lacan, Il Seminario: 2)