Passamaquoddy – Gufo cornuto e la sposa altezzosa

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Un uomo e sua moglie vivevano al margine del villaggio, vicino a un ruscello. Avevano una bella figlia che molti giovani desideravano sposare, ma lei era orgogliosa e nessun corteggiatore le piaceva.
Suo padre, preso tra l’alterigia della figlia e la rabbia dei pretendenti respinti, promise di dare sua figlia a chi di loro avesse saputo far divampare la brace del suo focolare sputandoci sopra. Naturalmente, nessun giovane ci riusciva.

Ora, in quel villaggio viveva una vecchia sospettata da molti di possedere dei poteri malvagi, e quei sospetti erano ben fondati. In realtà, lei era un gufo mascherato, e suo nipote, il grande gufo cornuto, governava l’intera tribù di questi uccelli malvagi e intriganti.
Poiché il nipote s’era messo in testa di sposare l’altera ragazza, assunse la forma di un bel giovane cacciatore e chiese aiuto a sua zia.
«Ecco – disse la donna, dandogli da bere una pozione magica. – Questo ti consentirà di adempiere alla condizione posta dal vecchio».

Il bel giovane cacciatore andò subito alla tenda dove viveva la ragazza. Trovò il padre intento a intrattenere gli anziani della tribù, tra cui il capo del villaggio.
«Vecchio – disse il gufo camuffato – è vero che mi darai tua figlia, se riuscirò ad accendere il tuo fuoco sputando su queste ceneri calde?».
donna-Lakota«Certamente, giovane – disse il padre di lei – se sarai capace di farlo, lascerò veramente che sia tua».

Il pretendente sputò sulla brace incandescente, la quale immediatamente divampò in una potente fiamma che raggiunse il soffitto della casa, e guizzò attraverso l’apertura del fumo, spingendosi alta su nel cielo.
Poiché la ragazza non poté rifiutarsi dopo che suo padre aveva promesso davanti agli anziani e al capo, il cacciatore la prese per mano e la portò nella sua dimora.

Là il marito gufo distese per lei morbide pelli d’orso e fece tutto quello che un giovane sposo dovrebbe fare per una moglie amata. Quando la ragazza si svegliò dopo la prima notte di donna sposata, fissò il marito addormentato e scoprì qualcosa di terribile. Le orecchie gli spuntavano fuori ritte dai suoi lunghi e folti capelli neri, e gli occhi giallastri, che teneva aperti a metà perfino nel sonno, avevano delle pupille che a intervalli si contraevano fino a formare strette fessure. La ragazza rimase seduta a lungo pietrificata dalla paura, perché ora sapeva che il bel giovane cacciatore era il terribile e grande gufo cornuto in persona.

L’incanto fu rotto quando la zia del marito entrò e diede un colpetto alla ragazza: «Che cos’hai? – domandò. – Perché stai seduta a fissarlo in quel modo?».
Allora la ragazza emise un grido lacerante e fuggì.
L’intero villaggio cercò di consolare la giovane per l’abominevole tiro che le era stato giocato. Il grande gufo cornuto abbandonò i dintorni, perché ora tutti sapevano chi realmente fosse. Tuttavia, sperava ancor di riprendere la sua bella moglie ingannandola una seconda volta.

Il gufo capo attese un certo tempo affinché gli abitanti del villaggio dimenticassero la paura e divenissero meno sospettosi. Poi si mutò ancora una volta in un giovane uomo, anche questo bello, ma molto diverso nell’aspetto dal precedente camuffamento.
Uccise un alce, trascinò la carne al villaggio e annunciò alla gente: «Sono venuto come amico da un accampamento vicino. Appartengo al vostro popolo, parlo la vostra stessa lingua e voglio vivere tra voi. Sono un grande cacciatore e un uomo generoso. Pianterò una tenda e ho molta carne, perciò invito tutti a una festa».

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Sulle prime la giovane donna altezzosa e i suoi genitori furono sospettosi e non vollero accettare l’invito. Ma tutta la gente disse: «Diamine, è proprio uno straniero di buon carattere. Sarebbe scortese non andare». Così andarono.
Mentre gli abitanti del villaggio stavano festeggiano, il nuovo venuto disse: «Raccontiamo delle storie. C’è qualcuno che ha da raccontare qualcosa di strano, di rimarchevole, o di divertente che gli sia capitato?».
Quando fu il turno dell’orgogliosa ragazza, lei guardò dritta verso l’ospite e disse: «La mia storia deve essere narrata in un sussurro, pertanto, affinché possiate udirla, tutti voi dovete gettare i capelli all’indietro e scoprire le orecchie».

Gli ospiti sorrisero e fecero come lei aveva detto, ma il padrone di casa non lo fece: «Il mio udito è fine – le disse. – Posso comprendere un bisbiglio da grande distanza. Non ho bisogno di scoprirmi le orecchie».
Ma tutti risero e gridarono: «Scoprile! Scoprile!».
A quella esortazione l’ospite cominciò ad arrabbiarsi molto e gridò: «Va bene! qui, guardate!». Gettando all’indietro i capelli, scoprì le orecchie che erano dritte come corna. Gridando dal terrore, gli ospiti si precipitarono fuori della tenda.

La zia del grande gufo cornuto era arrabbiata: «Questa tua giovane moglie – gli disse – è più intelligente di quel che credessimo. Dobbiamo fare qualcosa per metterla nel sacco».
Avendo il potere di una grande strega, creò un flauto magico che era capace di attirare gufo-paintqualsiasi ragazza nelle braccia dell’uomo che lo suonava.
«Con questo, nipote – disse – lei non potrà trattenersi dal venire da te».

Il grande gufo cornuto, di nuovo camuffato da uomo, cercò di mettere in atto il piano della zia. Ma l’altera giovane e i suoi genitori erano ora così diffidenti che avevano piantato la tenda proprio nel centro del villaggio e non si allontanavano mai.
Le settimane passavano e il gufo cornuto, sempre in attesa dell’occasione, non era ancora riuscito ad avvicinarsi alla moglie.

Un giorno quell’orgogliosa ragazza disse tra sé: «È passato tanto tempo che certamente il grande gufo cornuto si è dimenticato di me. Deve aver rinunciato, mentre la mia paura per lui mi sta ancora tenendo prigioniera. È tempo che vada fuori e cammini nei boschi, com’ero abituata a fare».

Intanto, di cattivo umore, il grande gufo cornuto stava seduto in alto sulla biforcazione di un enorme albero.
«Sto perdendo tempo – pensava. – Mia moglie ha così paura di me che se ne sta nel centro del villaggio. Non c’è speranza; devo smetterla di pensare a lei».
Mentre rimuginava queste cose, vide qualcuno venire attraverso il bosco. Coi suoi acuti occhi di gufo la riconobbe, benché non potesse quasi crederci. Il cuore cominciò a battergli molto forte.

L’orgogliosa ragazza andava dritta ai piedi del grosso albero. Ignara della presenza del marito, si sedette e disse tra sé: «Quanto è bello essere di nuovo nella foresta senza provare paura. Quanto mi sento felice!».
Poi udì dei suoni dolci che presto si trasformarono in una meravigliosa canzone magica, seducente, ammaliante. Si abbandonò al suono del flauto: «Non ho mai saputo resistere a chi suonava questa meravigliosa musica», pensò.

Allora, all’improvviso, il grande gufo cornuto si calò pian piano su di lei, l’afferrò gentilmente con gli enormi artigli e la condusse al villaggio dei gufi. Là vissero come marito e moglie, e alla lunga la ragazza altezzosa si abituò a essere la sposa del grande gufo cornuto.
Le donne devono abituarsi sempre ai loro mariti, non importa chi essi siano.