Abu l-Abbâs al-Mubarrad racconta:
Una volta mi recai ad al-Barîd con una comitiva per affari; passammo accanto al Monastero di Eraclio e ci fermammo alla sua ombra. Un tale si avvicinò a noi e ci disse: «Nel monastero ci sono dei pazzi, ed uno di loro parla come un sapiente: se lo vedeste, le sue parole vi farebbero meravigliare».
Ci alzammo tutti, entrammo nel monastero, e vedemmo un tale seduto in una stanza, sopra un tappetino di cuoio; aveva la testa nuda e il suo sguardo era fisso sul muro. Lo salutammo, ci rese il saluto senza guardarci.
Disse allora un tale: «Recitategli dei versi, perché quando sente declamare poesie, allora parla».
Io recitai questi versi:
O tu, il migliore degli uomini nati da Eva,
senza cui il mondo non sarebbe né bello né buono!
Colui al quale Iddio mostra la tua faccia, consegue
senza invecchiare né incanutire la vita eterna!
Udendo queste parole, il pazzo si voltò verso di noi e recitò questi versi:
Dio sa bene che io sono profondamente afflitto,
e non è in mio potere comunicare le mie sofferenze!
Ho due anime: l’una si trova in un paese
e la seconda, chissà dove, in un altro;
credo che alla presente l’anima mia lontana
somigli e compatisca quel che patisco io!
Poi ci disse: «Ho detto bene o ho detto male?».
Rispondemmo: «Benissimo, non male!».
Allungò la mano verso un sasso che aveva accanto e lo afferrò; noi fuggimmo, temendo che ce lo volesse tirare, invece cominciò a darsi con quel sasso forti colpi, dicendo: «Non temete! Avvicinatevi pure a me e ascoltate una cosa che vi voglio raccontare».
Ci avvicinammo, e recitò questi versi:
Quando, poco prima dell’alba, fatti inginocchiare
i loro fulvi cammelli, la issarono sulla sella
e le cavalcature partirono con l’amor mio,
i miei occhi, dalla prigione, la mirarono,
e nel mio tormento, mentre scorrevano le lacrime,
gridai: Cammelliere, fermati!
Lascia che io prenda congedo da lei!
Lasciarla e salutarla segnano il mio ultimo giorno!
Io tengo fede al giuramento, al suo amore
non sono venuto meno; oh, se sapessi
che cosa ella ha fatto del giuramento suo!
Poi mi guardò e disse: «Tu lo sai che cosa ha fatto?».
Risposi: «Sì. È morta, che Iddio abbia misericordia di lei!».
Il suo viso allora si alterò, balzò in piedi e mi disse: «Come fai a sapere che è morta?».
Risposi: «Se fosse viva non ti avrebbe abbandonato in questo modo!».
Disse: «Per Dio, dici il vero! Ma allora neppur’io voglio vivere dopo di lei…».
Fu scosso da un tremito e cadde con la faccia per terra.
Accorremmo per rialzarlo e lo trovammo morto, che Dio altissimo abbia misericordia di lui! Il suo caso ci stupì, e profondamente addolorati provvedemmo alla sua sepoltura.
Quando tornammo a Baghdad, andai dal califfo al-Mutawakkil, che vide le tracce di lacrime sul mio viso e domandò: «Che hai?».
Gli raccontai la storia, che lo rattristò, e mi chiese: «Per che motivo gli hai risposto in quel modo? Per Dio, se non sapessi che tu ne hai provato dolore, te ne castigherei!».
E il califfo pianse la morte di quel pazzo per tutta la giornata.
(Le mille e una notte)