Un uomo della provincia che oggi si chiama Hopei si guadagnava la vita addomesticando serpenti e insegnando loro alcuni trucchi.
Una volta egli allevò e addestrò due serpenti neri; il più grosso lo chiamò Gran Nero; il più piccolo, Fratello Nero, che aveva delle macchioline rosse sulla fronte, era molto svelto nell’apprendere i trucchi. Le sue torsioni e i suoi avvolgimenti erano perfetti, e l’uomo dei serpenti lo apprezzava più di ogni altro serpente che avesse mai avuto.
Dopo un anno, Gran Nero morì. L’uomo dei serpenti decise di rimpiazzarlo, ma non ne aveva ancora trovato il tempo, quando una sera gli accadde di cercar riparo in un tempio di montagna.
Alle prime luci dell’alba si svegliò, aprì il cesto dei serpenti e vide che Fratello Nero era scomparso. Chiamandolo disperatamente, si mise a cercarlo nella luce ancora incerta, ma non ne trovò neppure la traccia.
In passato, ogni volta che l’uomo dei serpenti si era trovato ad attraversare un boschetto o una foresta, si era fermato e aveva lasciato libero Fratello Nero, perché potesse divertirsi un poco all’aperto. Fratello Nero era sempre ritornato; così, l’uomo dei serpenti aveva buoni motivi per sperare che tornasse anche questa volta.
Sedette dunque ad aspettarlo; ma quando il sole fu alto nel cielo, perse la speranza e riprese il cammino.
Si era già allontanato di parecchi metri dal tempio, quando udì un fruscio nel folto del boschetto. Stupito, si fermò e tornò sui suoi passi, quand’ecco vide Fratello Nero!
L’uomo dei serpenti provò tanta gioia, come se avesse recuperato un gioiello di inestimabile valore. Alla svolta della strada si fermò a riposare e anche il serpente si fermò. Quando l’uomo guardò di nuovo, vide un serpentello che seguiva Fratello Nero.
«Credevo di averti perduto – disse l’uomo dei serpenti accarezzando Fratello Nero. – Vuoi forse presentarmi il tuo piccolo amico?». Poi tirò fuori del cibo, per Fratello Nero e per il suo compagno.
Il serpentello si arrotolò, troppo selvatico e timido per mangiare; allora Fratello Nero lo imboccò premurosamente, servendolo per primo come si fa con gli ospiti.
L’uomo dei serpenti diede altro cibo al serpentello, che questa volta mangiò da sé. Finito il pasto, il piccolo serpente seguì Fratello Nero nella cesta.
Quando il nuovo venuto cominciò a imparare i trucchi, si vide che li eseguiva alla perfezione, proprio come Fratello Nero; così, l’uomo dei serpenti lo battezzò Piccolo Nero. Egli fece le sue esibizioni per tutto il paese e ne ricavò un gran guadagno.
Di regola, gli uomini che addestrano serpenti sono costretti a liberarsene appena superano i sessanta centimetri di lunghezza, poiché pesano troppo per essere trasportati a mano. Ma Fratello Nero era così domestico, che l’uomo dei serpenti lo tenne con sé anche quando fu cresciuto oltre il limite consueto. Tuttavia, dopo un altro paio d’anni, quando il serpente ebbe raggiunto i novanta centimetri di lunghezza e occupava da solo tutto il cesto, l’uomo dei serpenti decise che era tempo di lasciarlo andare.
Un giorno, giunto sulle colline orientali della regione che oggi si chiama Tsinan, presentò a Fratello Nero un pasto speciale, poi gli diede la sua benedizione e lo liberò.
Il serpente si allontanò per un tratto, poi tornò indietro e si arrotolò attorno al cesto. L’uomo dei serpenti lo cacciò via.
«Vattene – disse. – Nessuna festa dura per sempre, ed è necessario che anche gli amici migliori se ne vadano. Ritirati nella valle e vedrai che presto diventerai un drago divino. Non vorrai rimanere per sempre dentro una cesta!».
Fratello Nero strisciò via di nuovo e l’uomo dei serpenti rimase a guardarlo per lungo tempo. Ma ancora una volta il serpente ritornò; e quando l’uomo dei serpenti cercò di scacciarlo a pedate, rifiutò d’andarsene e prese a battere la testa contro il cesto.
Piccolo Nero, all’interno, cominciò ad agitarsi. L’uomo dei serpenti pensò che Fratello Nero volesse dire addio a Piccolo Nero; aprì la cesta e Piccolo Nero venne fuori e si attorcigliò attorno a Fratello Nero.
Le loro linguette guizzavano come se stessero parlando fra di loro; poi i due serpenti si allontanarono insieme, tranquilli e spensierati.
L’uomo pensò che Piccolo Nero non sarebbe più ritornato; ma dopo un po’ di tempo lo vide avvicinarsi ondulando fra l’erba con una certa aria imbronciata e strisciare di nuovo dentro il cesto.
L’uomo dei serpenti non trovò mai più un esemplare perfetto come Fratello Nero; e col passare del tempo anche Piccolo Nero diventò troppo grosso e scomodo da trasportare.
L’uomo comprò un altro serpente, che era già abbastanza addomesticato, ma non certo pari a Piccolo Nero, che a quel tempo aveva lo spessore del braccio di un bambino.
Fratello Nero, intanto, viveva sulle colline; si era allungato molto e la sua circonferenza era ormai pari a quella di una ciotola. Ben presto cominciò a dar la caccia alla gente. I viaggiatori si mettevano sull’avviso l’un l’altro e nessuno osava più entrare nel territorio del serpente.
Un giorno, mentre l’uomo dei serpenti stava attraversando le colline, un grosso rettile gli si avventò contro. L’uomo fuggì terrorizzato. Il serpente lo inseguì ed era sul punto di raggiungerlo quando l’uomo, voltandosi, riconobbe le macchioline rosse sulla fronte.
«Fratello Nero! Fratello Nero!», gridò, deponendo il suo bagaglio.
Subito il serpente si fermò, drizzò la testa e dopo lunghi istanti d’immobilità si avvolse tutto intorno all’uomo, come era solito fare quando lavoravano insieme.
L’uomo si rese conto che il serpente non intendeva fargli male, ma era ormai così grosso e pesante che lo fece cadere a terra. Allora lo pregò di liberarlo dalla sua stretta e il serpente, srotolatosi da lui, andò a bussare alla cesta. L’uomo comprese il desiderio di Fratello Nero e fece venir fuori Piccolo Nero.
Appena i due serpenti si riconobbero, si attorcigliarono strettamente l’uno all’altro, e dopo essere rimasti così per un bel po’ di tempo si sciolsero.
L’uomo diede la sua benedizione a Piccolo Nero.
«Da un pezzo – disse – avevo deciso di lasciarti andare. Ora hai un compagno, dunque va’!». E a Fratello Nero disse: «Fosti tu a portarmi Piccolo Nero; ora puoi riprenderlo con te. Ma senti ancora una parola: su queste colline hai cibo in abbondanza; non importunare più i viaggiatori e non attirare su di te la punizione del cielo».
I due serpenti chinarono la testa, come per dimostrare che accettavano la predica; poi si drizzarono e si avviarono, il più anziano davanti, il più giovane dietro. Dove passavano, i ramoscelli si spezzavano sotto il loro peso.
L’uomo dei serpenti rimase a guardarli finché non furono scomparsi alla sua vista, poi riprese il cammino. Nessuno seppe mai dove se ne andarono Fratello Nero e Piccolo Nero, ma i viaggiatori non furono più importunati.
Il serpente, creatura priva della parola, dimostra lealtà e affetto verso l’amico. E apprende, inoltre, con facilità.
Quanto sorprende, per contrasto, colui che ha sembianze umane, eppure non esita a gettare via un’antica amicizia o rinnega un principe che ha favorito la sua famiglia per generazioni; colui che getta sassi a un infelice caduto nel pozzo, o si fa nemico di chi gli diede buoni consigli.
(P’u Sung-Ling, Liao-Chai)