Non aveva molto camminato, che Lancillotto incontrò due gruppi di cavalieri, gli uni vestiti d’armi nere, gli altri di armi bianche, che combattevano. Egli corse alla riscossa del partito nero, che era il più debole, e cominciò a far meraviglie d’armi contro i cavalieri bianchi, di modo che tutti gli avrebbero assegnato il premio del torneo. E tuttavia non riusciva ad abbattere alcuno di quelli contro cui si volgeva; vanamente li colpiva: essi, come fossero di legno, non sembravano avvertire i colpi: così che, alla fine, egli si trovò stanco al punto da non poter più sopportare il peso delle armi né sollevare la spada.
Allora i cavalieri bianchi s’impadronirono di lui e lo tennero prigioniero tutta la notte; poi, quando il giorno fu chiaro e bello, lo lasciarono andare.
Lancillotto si allontanò, pensando tristemente d’aver perduto persino il potere del corpo, poiché s’era visto prigioniero, lui che non era mai intervenuto in un torneo senza riportare l’onore. E cavalcò sì dolente che non sapeva quasi più quel che faceva, fino all’ora nona, quando sentì il cavallo fermarsi: ai suoi piedi scorreva un fiume largo e impetuoso. Guardò: si trovava in un profondo vallone, incassato tra due rocce a picco.
Si preparava a tornare sui suoi passi, quando un cavaliere nero uscì all’improvviso dall’onda e venne a uccidergli il destriero. Allora Lancillotto avanzò fino alla riva del fiume, e lì s’arrestò: davanti, l’acqua invalicabile; a destra e a sinistra, rocce inaccessibili; dietro, la foresta deserta dove cento volte sarebbe morto di fame.
Si levò le armi, si stese al suolo, le braccia in croce, il capo volto verso oriente, e si mise a pregare, risoluto ad attendere in quel luogo che Nostro Signore gli inviasse soccorso.
Disarmato, disteso in croce sulla riva del fiume che non poteva traversare, Lancillotto pregò Nostro Signore finché la notte si fu mescolata al giorno, poi finché il sole fece svanire la rugiada.
In quel momento, una navicella che navigava senza vele né remi venne a prendere terra davanti a lui: allora, egli riprese le armi e vi montò, facendosi il segno della croce.
Appena vi ebbe messo piede, avvertì tutti i migliori profumi del mondo, la sua fame fu saziata, il cuore inondato dalla gioia più dolce: di ciò, rese subito grazie a Dio. Poi si volse e scoprì, su un letto molto ricco, una pulzella morta da cui provenivano i profumi. […]
Un mese e più navigò sulla navicella, e se qualcuno chiede di cosa visse durante tutto quel tempo, il racconto risponderà che vi vegliò Colui che fece sgorgare l’acqua dalla roccia per dissetare il popolo d’Israele: ogni mattina, mentre Lancillotto finiva di recitare le orazioni, quando aveva pregato Dio di inviargli il pane come il padre al figlio, subito si sentiva colmo della grazia di Nostro Signore e gli sembrava d’essere sazio di tutte le buone carni del mondo.
Una volta che la navicella costeggiava una foresta, egli udì un gran rumore di rami spezzati e di foglie calpestate, e vide un cavaliere che galoppava sotto gli alberi alla velocità a cui il cavallo poteva andare. Da sola la navicella prese terra, e il cavaliere vi montò dopo aver tolto la sella, le briglie e cacciato il destriero. E quando si tolse l’elmo per segnarsi, Lancillotto riconobbe Galaad.
Corse dal figlio a braccia tese, ed essi si abbracciarono e l’acqua del cuore salì loro agli occhi.
Navigarono insieme per più di mezzo anno, toccarono isole straniere e insieme compirono meravigliose avventure per la grazia dello Spirito Santo. Ma questo racconto del Graal non ne dice nulla: infatti, se volesse riportare ogni cosa come avvenne, non finirebbe più.
Dopo Pasqua, accadde che la navicella s’avvicinasse a una lingua di terra su cui attendeva un cavaliere coperto d’armi bianche, che teneva per il morso un destriero più bianco dei fiorellini d’aprile.
«Galaad – esclamò – siete stato abbastanza a lungo in compagnia di vostro padre. Andate adesso alla vostra avventura».
Allora Galaad baciò Lancillotto piangendo: «Bello e dolce signore – gli disse – non so se vi rivedrò mai. Vi raccomando a Nostro Signore: che Egli vi conservi al Suo servizio!».
Scese dalla navicella, montò sul destriero bianco e, dando di sprone, se ne andò a briglia sciolta, diritto come quadrello di balestra.
La navicella navigò per un mese ancora. Alla trentesima notte, prese terra presso un castello bello e molto forte, e Lancillotto udì una Voce: «Per volontà di Dio – diceva – scendi ed entra in quel castello: vi troverai parte di quel che cerchi».
Il tempo era mite e sereno, e la luna risplendeva, bella e chiara, di modo che Lancillotto vide bene che la porta della fortezza era aperta; ma s’accorse che era guardata da due leoni e sguainò la spada per combatterli. Subito apparve una mano fiammeggiante, che lo colpì rudemente al braccio, e di nuovo la Voce disse: «Uomo di poca fede, perché confidi sì poco nel tuo Creatore? Credi forse d’aver più soccorso dalle tue armi che da Lui?».
Per il colpo che aveva ricevuto, Lancillotto rimase qualche tempo stordito, tanto da non sapere più se fosse notte o giorno, ma ritornato in sé ringraziò Nostro Signore d’essersi degnato di rimproverarlo. Poi infoderò la spada, si segnò e si diresse verso i leoni che si misero seduti e non fecero neanche cenno di toccarlo.
Varcata così la porta, riconobbe il Castello Avventuroso. Seguì la grande strada senza veder nessuno, entrò nel palazzo che sembrava vuoto, traversò la sala silenziosa in cui il chiaro di luna si spandeva senza un suono dalle vetrate, e fu arrestato da una porta chiusa, dietro la quale una voce cantava la gloria di Dio con tanta dolcezza che ben si sentiva che non apparteneva a uomo mortale.
Là, egli s’inginocchiò, supplicando Gesù Cristo di mostrargli l’oggetto della sua cerca, come la Voce gli aveva promesso.
Allora, da sola, la porta si aprì. E ne uscì un chiarore sì grande che si sarebbe creduto che il sole intero fosse in quella camera e dardeggiasse coi suoi raggi. E quando Lancillotto si fu ripreso dal primo stupore, scorse il Santo Graal su una tavola d’argento, ricoperto da una seta vermiglia, circondato di angeli che portavano gli uni incensieri, gli altri ceri, altri la croce o ornamenti d’altare, e che servivano un uomo vestito come un prete, che sembrava dir messa ed elevare l’ostia.
A questa vista, Lancillotto si mise in piedi e volle passare la soglia, ma subito un colpo di vento lo investì, infuocato come un braciere ardente: tutto disparve ai suoi occhi ed egli cadde come morto.
L’indomani, le genti del castello lo trovarono davanti alla porta, inerte e muto come una zolla di terra. Lo portarono su un letto molto ricco in cui rimase per ventiquattro giorni in un sonno ipnotico, senza mangiare, senza bere, senza muoversi, senza pronunciare parola, ché sappiate che Nostro Signore volle che egli perdesse il potere sul proprio corpo e sulle proprie membra per tanti giorni quanti anni era stato al servizio del Nemico.
Infine, si svegliò verso mezzogiorno, vide il cilicio che pendeva da un’asta e volle riprenderlo, facendo mostra di gran duolo per averlo lasciato.
Ma re Pelles, il Ricco Pescatore che era là, gli disse: «Bel signore, potete lasciare il cilicio, ché la vostra cerca è terminata. Voi non saprete della verità del Santo Graal più di quello che avete visto».
Tuttavia, Lancillotto indossò di nuovo il cilicio, e sopra si mise un abito di lino e uno di scarlatto che gli furono portati; poi domandò notizie della figlia di re Pelles da cui aveva avuto il figlio Galaad.
Quando seppe che era morta, provò un grandissimo dolore nel cuore. Eppure, venuta l’ora del desinare, quando vide la colomba bianca volare per la sala, portando nel becco l’incensiere d’oro; poi apparire il Santo Graal, sospeso in aria sotto il velo di lino, e passare davanti alle tavole da cui sembravano uscire le portate più deliziose; e trovò davanti a sé tante buone carni quante ve ne erano davanti ai cavalieri del castello: allora seppe che Dio l’aveva favorito con la Sua grazia, e il suo dolore s’addolcì.
Lancillotto sedette allora a mangiare a fianco di re Pelles […] e, finito il pasto, annunciò che doveva ritornare nel regno di Logres, da dove era partito da più di un anno.
Rivestì le armi, prese congedo dal re; poi, montato su un buon destriero che gli avevano dato, s’allontanò tristemente. E quando ebbe camminato un tratto d’arco e si fu voltato per scorgere un’ultima volta il Castello Avventuroso del Graal, non vide che una nuda pianura.
(La ricerca del Santo Graal, 11; 23-25)