Anche se questo e l’altro mondo fossero il paradiso,
preferirei godere la vista della mia anima.
La mia anima nuda profuma più del giardino dell’Eden,
e io sono favorito da una buona congiunzione astrale.
Ho però questo paradiso ma nessun amico intimo,
un cuore colmo di segreti ma nessuno a cui confidarli.
Tutto ciò che scorgo nel mio intimo è soltanto un velo,
e perciò mio solo compagno fidato è ogni volta un libro.
Nel profondo del mio cuore c’è un solo dolore:
è quello che dà vita a queste mie parole.
Che io parli poco o tanto, a che cercare un interlocutore
se è a me stesso che devo parlare?
Ho teso al mondo intero una mano soccorrevole,
ma nessun amico è venuto a confortare me.
Se un amico sembra nutrire simpatia per me,
non lo fa lealmente, ma solo per ingannarmi.
Guarda l’aurora: ha nel sole il suo compagno,
ma il sole presto si leva e l’abbandona.
Come potevo io negli occhi degli uomini trovare,
per quanto fioco brillasse, un solo raggio di fedeltà?
Ma poiché neanche in me c’è un solo atomo di fedeltà,
non è lecito che io la cerchi presso gli altri.
Anche se questo e l’altro mondo fossero il paradiso,
non godo che della vista della mia anima solitaria.
(Farîdoddîn ‘Attâr, Il poema celeste)