Nel paese di Ch’i, nella Cina orientale, c’era un uomo che aveva tali difficoltà nel ricordare le cose che a volte, camminando, si dimenticava di fermarsi e, se stava a letto, si scordava di alzarsi.
Sua moglie, sempre più preoccupata, un giorno gli disse: «Tutti affermano che Ai Tzu possiede scienza e abilità per curare i disturbi più inveterati. Perché non vai da lui e non ti affidi alle sue cure?».
L’uomo acconsentì. Montò a cavallo, prese arco e frecce per difendersi lungo la strada, e partì. Ben presto però, avvertendo un forte mal di pancia, smontò da cavallo per liberarsi a lato della strada. Le frecce, le piantò nel terreno, e il cavallo lo legò a un albero.
Quando ebbe finito, l’uomo guardò alla sua sinistra e vide le frecce. «Sono cadute proprio qui vicino! – disse. – Chissà da dove sono venute, queste frecce vaganti. Una di esse avrebbe potuto colpirmi!». Guardò poi alla sua destra e vide il cavallo: «Ho preso paura – pensò – ma ho guadagnato un cavallo!».
Nel tentativo di afferrare le briglie, ecco che calpestò i propri escrementi. Allora, battendo il piede con rabbia, disse: «Ho messo il piede negli escrementi di un cane e mi sono sporcato le scarpe. Che vergogna!». Voltò il cavallo nella direzione dalla quale era venuto e menò il frustino.
Quando fu di ritorno a casa, smontò e prese a camminare avanti e indietro davanti alla porta principale.
«Chi può abitare qui? – si domandò. – Vuoi vedere che è la casa di Ai Tzu?».
Sua moglie lo vide, capì che la memoria l’aveva tradito di nuovo e lo rimproverò.
L’uomo disse con amarezza: «Brava donna, non credo che ci siamo mai conosciuti. Perché mi parlare con tanta asprezza?».
(Lo Cho, Canone di medicina interna dell’Imperatore Giallo)