Il Mago aveva fatto il mondo, eppure aveva la sensazione di aver dimenticato qualcosa. «Che cosa potrà mai essere? – si domandò. – Che cosa ho potuto dimenticare?».
A un tratto si ricordò che voleva che su questa terra vi fossero esseri simili a lui, e non già animali. «Sì, ma come farò a farli?», pensò.
Si mise di nuovo all’opera e costruì con le sue mani un forno, quindi prese dell’argilla e la plasmò fino a farle prendere le sue sembianze.
Ora accadde che Coyote, nel momento in cui il Mago – che era il Creatore dell’Uomo – si trovava fuori a raccogliere legna da ardere e gironzolava per la strada che era solito fare. Approfittando della sua assenza, Coyote in fretta e furia cambiò la forma di quell’immagine.
Sicché, quando il Creatore dell’Uomo accese il fuoco nel forno, senza farci caso mise a cuocere l’immagine sfigurata da Coyote.
Dopo un po’ il Mago disse: «Ora dev’essere pronto». Prese l’immagine cotta e vi soffiò su, e quella cominciò a vivere.
«Perché non ti reggi in piedi? – disse il Creatore dell’Uomo. – Che cosa c’è di sbagliato in te?».
La creatura abbaiò e mosse la coda.
«Accipicchia! – esclamò il Mago. – Coyote mi ha ingannato. Coyote ha mutato la mia immagine in un animale simile a lui!».
Coyote, avendolo udito, replicò: «Ebbene, che cosa c’è di sbagliato in tutto questo? perché non posso avere una bella creatura che mi piaccia?».
«Accipicchia, va bene, benissimo – rispose il Mago. – Ma la prossima volta non t’impicciare».
Ed ecco perché noi abbiamo il cane: fu opera di Coyote.
Il Creatore dell’Uomo si rimise dunque all’opera. «Dovranno farsi compagnia l’un l’altro – pensò. – Non dovrei farne uno solo». E plasmò alcuni esseri umani che erano assai simili a lui, e identici l’un l’altro in ogni parte.
«Che cosa ho sbagliato ora?», si domandò il Creatore dell’Uomo. Poi se ne accorse. «Acciderba, non funziona. Così non potranno proliferare».
Sicché, tirò un po’ tra le gambe di un’immagine dicendo: «Ah, va molto meglio». Con l’unghia del dito fece poi un taglio nell’altra immagine e mise un po’ di piacevole desiderio in un certo posto.
«Ah, ora sì che va bene. Ora saranno in grado di fare tutto ciò che è necessario». E li mise nel forno a cuocere.
«Ora sono pronti», disse dopo un po’ Coyote.
E così il Creatore dell’Uomo li tirò fuori e diede loro la vita.
«Oh, accidenti, che c’è di sbagliato? – disse. – Non sono abbastanza cotti, e non sono abbastanza scuri. Non appartengono a questo luogo; appartengono a un qualche luogo di là dal mare». E così dicendo lanciò una torva occhiata a Coyote: «Perché mi hai detto che erano pronti? Non posso usarli così».
E così il Mago tentò ancora, facendone altri due come i precedenti e mettendoli nel forno. Dopo un po’ disse: «Penso che siano pronti ora».
«No, non sono ancora pronti – disse Coyote. – Non vorrai mica tirarli fuori troppo chiari ancora una volta. Lasciali stare ancora un po’ a cuocere!».
«Bene, giusto», replicò il Creatore dell’Uomo. Attese ancora un po’, e quindi li tirò fuori. «Oh, accipicchia, dov’è che ho sbagliato ancora? Sono troppo cotti. Sono bruciati e diventati troppo scuri».
Li mise da parte, dicendo tra sé e sé: «Non qui, non ora, ma forse mi potranno servire altrove, in un’altra occasione, forse al di là del mare. Non qui, né ora, perché essi non appartengono a questo luogo».
Per la quarta volta il Creatore dell’Uomo mise le sue immagini nel forno.
«Ora non interferire – disse a Coyote. – Mi hai dato dei cattivi consigli. Lasciami solo».
Questa volta il Mago non diede ascolto a Coyote, e decise lui il momento giusto per tirarli fuori dal forno. Quando gli sembrarono cotti al punto giusto, diede loro la vita, e i due esseri camminarono, parlarono, risero e fecero all’amore. Non erano scotti né troppo scotti.
«Questi sì che appartengono a questo luogo», disse Creatore dell’Uomo, e li usò per popolare questa terra. Il Creatore dell’Uomo li trovò belli.
È in questo modo che furono fatti gli indiani Pueblo.