Non c’è nessuna città della Grecia, tranne Micene, che abbia riunito sul suo suolo e nella sua cerchia tante leggende eroiche quante Tebe. E nessun Eroe fu tanto onorato presso gli dèi e dagli uomini quanto Cadmo, dal quale prese nome la rocca Cadmea.
Egli appartiene alla quinta generazione dei re primitivi, fondatori di paesi e di stirpi, discendenti dalle nozze di Zeus sotto spoglie di toro con Io sotto spoglie di giovenca. Si contavano con ammirazione i vincoli che legavano Cadmo agli dèi. Suo progenitore era Zeus, Poseidone era suo nonno, Ares e Afrodite suoi suoceri. Sua figlia Semele divenne madre di Dioniso e fu assunta in cielo insieme al figlio. Anche un’altra delle sue figlie divenne dea: Ino, tramutata in Leucotea, la «dea bianca». […]
Tutto ciò creò intorno a Cadmo un complicato intreccio di storie genealogiche. Esse furono certamente opera di genealogisti tebani che gli volevano assicurare una posizione eminente nel mondo degli dèi governato da Zeus. Lo si faceva discendere da una stirpe nella quale Zeus aveva celebrato due volte nozze taurine.
La prima volta con Io. Essa era, come si sa dalle leggende degli dèi, figlia di Inaco, il dio fluviale di Argo. Così anch’essa proveniva dalla regione nella quale dovevano sorgere Micene e le altre città fortificate dell’Argolide.
Sospinta senza posa da un luogo all’altro sotto spoglie di giovenca, essa fuggì dal fiume paterno verso il Nilo. Lì a Zeus ella partorì Epafo, progenitore della schiatta di Danao e delle Danaidi.
A questa stirpe, secondo i genealogisti, apparteneva anche Cadmo. Seguendo le orme di una giovenca, egli sarebbe arrivato in Beozia e lì avrebbe fondato la città di Tebe.
Alla stessa stirpe si faceva appartenere anche la bella Europa che Zeus, sotto forma di toro, rapì e portò, secondo la più nota tradizione, a Creta, secondo un’altra meno nota, in Beozia.
Sia seguendo le orme di Europa, sia seguendo quelle di una comune giovenca, Cadmo appare, in veste di pastore, in questa complicata storia di doppie nozze taurine, che forma gli antecedenti della nascita di Dioniso, il dio venerato sotto forma di toro e come figlio di toro.
Così Cadmo appare anche nella storia dei Titani. A quei tempi non era ancora per nulla assicurata la signoria di Zeus sul mondo degli dèi. Il drago Tifeo gli aveva tolto i tendini e li aveva nascosti in una caverna.
In questa storia Cadmo appare come un pastorello. Con la sua zampogna incantò il drago, gli ritolse i tendini nascosti e li restituì a Zeus. […]
Come quella di un vaccaro dei tempi primitivi che segue le orme di una giovenca, che non è però una giovenca comune, ma la sposa di un dio e che porta l’emblema della luna, così la figura di Cadmo, nella cui casa di Tebe doveva nascere Dioniso, giunge a noi dall’Oriente.
Rimane oscuro – veniva certamente tenuto velato – se fu egli stesso a generare un fanciullo divino. Nella cerchia dei Cabiri, che celebravano il loro culto segreto nell’isola di Samotracia, ma anche a Tebe, uno degli dèi veniva chiamato Cadmilo, il «piccolo Cadmo». Questi non era altri che Ermes in quella forma nella quale gli Ateniesi lo rappresentavano spesso, in accordo con la storia dei misteri di Samotracia, cioè come Ermes itifallico. […]
La storia delle peregrinazioni di Cadmo interessava vari paesi. Agenore, che gli veniva attribuito come padre, pronipote di Io e, secondo il suo nome, «condottiero degli uomini», regnava sulla Fenicia. I suoi figli si chiamavano Cadmo, Fenice e Cilice; la figlia Europa. Secondo narratori più antichi Europa era piuttosto figlia di Fenice, e Cadmo era forse anche in questo caso un suo fratello.
Dopo il ratto di Europa, il padre mandò i figli alla ricerca della figlia rapita. Non avrebbero potuto ritornare prima di aver ritrovato la sorella.
Così cominciarono le peregrinazioni di Cadmo, che lo portarono dapprima nel paese dei Traci. Di questa parte delle sue peregrinazioni si narrava specialmente nell’isola di Samotracia, dove si parlava la stessa lingua della Tracia. Secondo alcuni, fu qui che egli rinunciò alla ricerca di Europa, secondo altri qui trovò un’altra Europa.
Non è detto come si debba interpretare ciò. È detto però che quest’altra Europa si chiamava Armonia, ed era destinata a divenire sposa di Cadmo. Secondo i Samotraci essa sarebbe stata generata da Zeus. Sicché, come Zeus aveva rapito Europa, così Cadmo rapì Armonia. Forse perciò si disse che in Samotracia egli aveva trovato un’altra Europa. Era partito in cerca della sorella, e aveva trovato la sposa.
Si affermava pure che le prime nozze terrene, alle quali parteciparono gli dèi e alle quali essi portarono i loro doni, fossero state celebrate qui, sull’isola dei misteri. Si narrava anche come l’amore era cominciato. Cadmo si sarebbe fatto iniziare nei misteri e, durante la cerimonia, avrebbe notato, tra le ragazze, Armonia.
Storia graziosa, ma certamente non molto antica, esempio, se non imitazione, di una storia ancora più nota: anche Filippo di Macedonia aveva visto durante i misteri della Samotracia per la prima volta la giovane Olimpia, che doveva diventare la madre di Alessandro Magno.
Soltanto dopo le sue nozze con Armonia, in Samotracia, Cadmo avrebbe ricevuto il responso dell’oracolo di Delfi. La risposta ci viene trasmessa in versi. Essa suonava all’incirca così:
Rifletti alle mie parole, Cadmo, figlio di Agenore! Alzati di buon mattino e lascia la sede dell’oracolo, vestito come di consueto e armato soltanto di una lancia da caccia. Prendi la via attraverso il paese dei Flegrei e della Focide fino a che arrivi dal pastore dell’armento del mortale Pelagon.
Quando ci sarai giunto, scegli tra le vacche muggenti quella che ha su tutti e due i fianchi un disegno bianco di luna piena. Prendila per tua guida sulla via che dovrai percorrere.
Ti do ancora un’indicazione che non dovrai dimenticare: dove la vacca si inginocchierà e poserà per la prima volta la testa cornuta sul terreno, in quel punto dovrai sacrificarla alla terra immersa nell’oscurità. Dopo averla sacrificata giustamente e puramente, fonda sulla collina più alta una città dalle vie larghe e manda agli Inferi il terribile custode del dio della guerra.
Così nel futuro sarai famoso tra gli uomini ed avrai come moglie un’immortale, o fortunato Cadmo!
Non si può asserire che questo responso dell’oracolo fosse molto antico, ma i versi furono certamente composti sulla base di un vecchio racconto.
Cadmo trovò la vacca che cercava, con l’emblema della luna, presso un pastore nato dall’argilla – poiché il nome Pelagon veniva inteso, pare, pelogonos – e la comperò. Il paese dove la vacca lo guidò fu chiamato allora «paese della vacca», Boiotia, Beozia. La vacca si lasciò sospingere per tutto il paese e, dove cadde sfinita dalla stanchezza, si adagiò sul fianco destro.
Anche questo fatto era stato predetto. Allora Cadmo preparò il sacrificio. Mandò alcuni dei suoi compagni a cercare una sorgente di nome Areia o «sorgente di Ares», sopra la quale abitava, in una caverna, un terribile drago. Era questo un rampollo del dio della guerra; gli apparteneva la collina, sulla quale sarebbe sorta poco tempo dopo Cadmea, l’Acropoli della futura Tebe.
Ora Cadmo stava per affrontare l’azione che egli soltanto avrebbe potuto compiere, sia che egli fosse davvero uno straniero, sia che – come alcuni pretendevano di sapere – egli fosse il figlio di un uomo primordiale del luogo, Ogige, germogliato dalla terra, al quale più tardi i genealogisti attribuirono come padre l’Eroe del paese, Beoto.
Cadmo si trovava su un terreno su cui, prima della sua azione fondatrice, nessun popolo era nato; era come se egli vivesse al principio del mondo, nella solitudine primordiale. Doveva compiere l’azione tutto da solo. Come un dio sulla terra ancora non popolata se non da alcuni uomini primordiali, egli doveva scontrarsi col drago. […]
Cadmo compì la sua azione in modo del tutto corrispondente alle condizioni di vita primitiva, quando non c’erano ancora armi: fu con una pietra che Cadmo uccise il serpente e, seguendo il consiglio di Atena, ne avrebbe adoprato i denti come sementi. Anzi, la dea stessa li avrebbe seminati in sua vece. Tutto ciò sarebbe accaduto – così alcuni credevano – per volere e secondo i piani di Ares.
Il risultato della singolare azione non contraddisse per nulla l’intenzione del dio della guerra. Dal seme del drago sorsero cinque o più guerrieri armati, una schiera minacciosa per Cadmo che li aveva chiamati in vita, ed era solo. Essi però non lo notarono. Poiché erano nati da poco dalla terra, avevano appena aperto gli occhi. Allora l’Eroe gettò dei sassi contro di loro e i guerrieri si credettero assaliti l’uno dall’altro. Scoppiò quindi una lite, e si uccisero a vicenda. […]
Così, un uomo senza armi creò il nucleo di un popolo guerriero armato e corazzato. La sua opera di fondatore – fondatore di un mondo sulla collina tebana, sulla quale non regnava più il drago – fu completata dalle sue nozze con Armonia, figlia di Ares ed Afrodite.
Ciò risulta chiaramente, non dal nome Cadmo, nel quale si potrebbe sentire la parola kosmos che in greco significa ordine del mondo, ma dal nome della sposa sua, Armonia, e dalle nozze stesse che seguirono subito.
Soltanto coloro che volevano vedere la storia della fondazione di Tebe completamente nello spirito del dio delfico, inventarono che per penitenza Cadmo dovette servire Ares ancora un anno «grande», cioè otto anni comuni, analogamente ad Apollo che aveva dovuto così espiare la colpa di aver ucciso un drago.
Armonia era, come dice il suo nome, l’armonia stessa, la «unificatrice», una seconda Afrodite e nello stesso tempo figlia del dio della guerra. Ed essa si legò a Cadmo come nessun’altra dea si legò mai a un Eroe, non certamente la grande dea dell’amore. […]
Alle nozze di Armonia convennero tutti gli dèi; per amore di lei, essi lasciarono le dimore divine e le Muse onorarono la coppia degli sposi col loro canto, cerimonia rara nelle leggende degli Eroi.
Un matrimonio simile fu celebrato per la seconda volta sulla terra quando un’altra dea e un Eroe si sposarono, e precisamente Teti e Peleo. Lo stesso Zeus avrebbe banchettato alla tavola dove sedeva felice Cadmo. […]
Si sapeva anche quali doni nuziali le avevano portato gli dèi, e il dono datole da Cadmo e che doveva riuscire fatale ai posteri.
Tra essi c’erano un mantello e una collana, dono di Afrodite a Cadmo, opera di Efesto, pezzo corrispondente al dono di nozze che Europa aveva ricevuto da Zeus: segno anche questo dell’alto rango delle nozze, dalle quali però non doveva scaturire vera felicità. Quando Dioniso è vicino, è vicina anche la tragedia.
Da Cadmo e Armonia nacquero quattro figlie e un figlio: Semele doveva venir incenerita dal fulmine di Zeus; Agave, presa da tremenda pazzia, doveva dilaniare il corpo del proprio figlio, Penteo; Autonoe doveva raccogliere un giorno le ossa di suo figlio Atteone; Ino doveva gettarsi in mare col figlio Palemone.
Con Semele bruciò anche il palazzo di Cadmo, prima che egli sparisse con Armonia. All’unico figlio Polidoro, «dai molti doni», rimase la signoria su Tebe e la continuazione della dinastia con la fatale successione di Labdaco, Laio e Edipo. Quale che sia il ramo di questa «famiglia», finisce dunque sempre in tragedia.
(Kerényi, Gli dèi e gli eroi della Grecia, 2)