Dovrei quietarmi? Avvincere l’amore
che anela ardendo a più alte bellezze?
cantare un canto di cigno alla tomba
in cui con gioia ci chiudete vivi?
Risparmiatemi. L’onda della vita
avanza onnipotente, inevitabile,
impaziente, forzando il letto angusto,
per aver pace dove nacque, in mare.
La vigna spregia il fresco della valle,
e i giardini felici delle Esperidi
donano i frutti d’oro ai raggi ardenti
che trafiggono il cuore della terra.
Così mi addolcite l’anima che arde:
incatenandola a un’età di bronzo?
Solo la lotta, o stanchi, mi è salvezza,
e voi volete spegnere il mio ardore?
Non è la morte il destino della vita,
non vuole il sonno il Dio che c’infiamma,
né per il giogo è fatto il Dominante,
il Genio che ha origine nell’Etere:
viene di là; s’immerge nel lavacro
del secolo, e una Naiade felice
per qualche tempo invola il nuotatore,
poi presto leva il capo luminoso.
Lasciate il gusto di annientare il grande,
e delle gioie vostre non parlate.
Non piantate nei vostri vasi i cedri.
Non fate dello Spirito un mercenario.
Non arrestate il cavallo del sole,
alle stelle lasciate il viaggio eterno.
A me non consigliate senno e pace,
di me non fate un servo sottomesso.
Se voi non sopportate la bellezza,
fatele dunque guerra a viso aperto.
Un tempo la follia fu crocifissa,
oggi un mite buonsenso l’assassina.
Quanti mirabilmente costringeste
nella miseria, quante volte a riva
bloccaste il timoniere allegro e audace
pronto a salpare per il caldo oriente!
Invano. Non mi ferma l’età sterile,
il secolo in cui vivo è la mia sferza.
Anelo ai verdi campi della vita,
al cielo ardente delle ispirazioni.
O morti, seppellite i vostri morti.
Celebrate il mestiere e insultatemi.
Matura in me, come il mio cuore prega,
la Natura, la bella, la vivente.
(Hölderlin, Diotima)