Farîdoddîn ‘Attâr – Salomone e la formica

Salomone, mentre badava ai suoi affari, passò accanto a una fila di formiche. Tutte gli si avvicinarono e lo riverirono. In un’ora ne passarono più di mille.
Una formica fu più rapida nel suo ossequio, indaffarata com’era a togliere un mucchietto formica-caricodi terra di fronte al suo nido. Veloce come il vento portava via a uno a uno i granelli di polvere, per spazzare via quella collinetta.

Salomone la chiamò e le disse: «Ehi, formica, non vedi che sei priva di forza! Anche se la tua vita fosse lunga come quella di Noè, e se pure avessi la pazienza di Giobbe, non riusciresti a compiere la tua impresa. Questo lavoro non si addice a esseri come te, e la collinetta di terra non sparirà certo per opera tua».

La formica prese a parlare e disse: «Sire, con la risolutezza si può procedere su questa via. Non guardare la mia struttura e la mia costituzione, ma piuttosto pensa alla perfezione della mia fermezza. C’è una formica, per me ora irraggiungibile, che mi ha trascinato nella trappola del suo amore, e mi ha detto: “Se togli di qui questo mucchietto di terra e liberi la strada, io eliminerò l’ostacolo della nostra separazione e siederò accanto a te”. Così ora, mentre obbedisco a questo proposito, non penso che a portar via questa terra. E se la vita mi lascerà mentre sopporto questo sforzo, almeno non avrò mentito, né ingannato».

(Farîdoddîn ‘Attâr, Il poema celeste)