Hillman – Il traditore non spiega mai le sue ragioni

Accantoniamo un attimo il problema del significato che il tradimento ha per il figlio, colui che viene tradito, per tornare a un’altra delle nostre domande iniziali: che cosa può significare il tradimento per il padre?
Che cosa significasse per Dio lasciare morire il proprio figlio sulla croce, non ci viene Abramo-Isaccodetto; e nemmeno che cosa significasse per Abramo condurre Isacco al sacrificio. Tuttavia Dio e Abramo compirono queste azioni. Furono capaci di tradire, così come lo fu Giacobbe, che entrò in possesso dell’eredità paterna tradendo il fratello.
Che la capacità di tradire attenga alla condizione di padre?
Proviamo a riflettere su questa domanda.

Il padre della nostra storiella non si limita a mostrare la sua umana imperfezione, cioè non si limita a non afferrare il figlio. Qui non si tratta semplicemente di una debolezza o di un errore. Egli decide coscientemente di lasciar cadere il figlio e di procurargli un dolore e una umiliazione. Manifesta la sua brutalità.
La medesima brutalità vediamo nel trattamento di Gesù dalla cattura alla crocifissione, e nei preparativi di Abramo. Altrettanto brutale è ciò che accade a Esaù e a Giobbe. La brutalità viene fuori di nuovo nella pelle di animale che Giacobbe indossa per tradire Esaù, e nelle belve immani che Dio enumera a Giobbe per giustificare i suoi tormenti. Nonché nel salmo 22 in precedenza citato.

L’immagine paterna – quella figura giusta, saggia e clemente – si rifiuta di intervenire in alcun modo per lenire le sofferenze che il padre stesso ha provocato. Inoltre, il padre rifiuta di rendere conto di sé.
Il rifiuto di spiegare significa che la spiegazione deve venire, semmai, dalla parte offesa. E del reso chi, dopo essere stato tradito, sarebbe in condizione di ascoltare le spiegazioni dell’altro?
Questo, a mio avviso, è lo stimolo creativo presente nel tradimento: è l’individuo tradito a dover trovare il modo di risorgere, a dover fare un passo avanti dandosi da sé un’interpretazione dell’accaduto. Ma l’esperienza del tradimento può essere creativa solo a patto che egli [il tradito] non cada nei pericoli che abbiamo descritto e vi rimanga fissato.

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Nella nostra storiella, tuttavia, il padre dà una spiegazione. Si tratta dopo tutto di una favola con la morale, e il gesto del padre è educativo, una forma di iniziazione, mentre nei racconti archetipici e nella vita quotidiana il tradimento non è spiegato all’altro dal traditore, perché avviene inconsciamente, attraverso il nostro autonomo lato sinistro.
Nonostante le spiegazioni, il comportamento del padre della nostra storiella rimane un comportamento brutale. L’uso cosciente della brutalità sembrerebbe un tratto comune alle figure paterne. Il padre ingiusto riflette l’iniquità della vita. Rimanendo insensibile al grido di aiuto e al bisogno dell’altro, arrivando ad ammettere che la sua promessa è fallibile, il padre riconosce che il potere della parola può essere trasceso dalle forze della vita.

Tale consapevolezza dei propri limiti maschili e tale durezza di cuore indicano un alto grado di differenziazione del debole lato sinistro.
Differenziazione del lato sinistro significa capacità di reggere la tensione senza intervenire, di sbagliare senza cercare di rappezzare la situazione, di lasciare che siano gli eventi a determinare i princìpi.
Significa anche essere riusciti a superare in qualche misura quel senso di «coda di paglia» che ci trattiene dal compiere fino in fondo in piena coscienza certe azioni brutali ma necessarie. (Quando parlo di brutalità cosciente, non intendo né la brutalità perversa surreal-morte-uccellie intenzionale mirante a provocare la rovina dell’altro, né la brutalità sentimentale che vediamo a volte nella letteratura e nei film e nel codice del soldato).

La coda di paglia e il cuore tenero rendono l’azione «schizofrenica», e Anima non è in grado di reggere. Invece il cuore duro del padre non trasmette ingiunzioni opposte. Non è crudele con una mano e pietoso con l’altra. Non tradisce il figlio per poi prenderlo in braccio dicendo: «Povero piccolo, fa più male a me che a te, sai?».
Nell’analisi, come in tutte le posizioni di fiducia, si determinano a volte situazioni che richiedono un’azione coscientemente brutale, un tradimento della fiducia dell’altro.

Rompiamo una promessa, non ci siamo quando l’altro ha bisogno di noi, deludiamo le sue aspettative, ce ne alieniamo l’affetto, riveliamo un segreto. E né spieghiamo il nostro intervento, né stacchiamo l’altro dalla sua croce e nemmeno lo aiutiamo a rialzarsi in fondo alle scale.
Queste sono brutalità, e noi tutti ne compiamo, più o meno consapevolmente. E dobbiamo assumercene la responsabilità e portarle fino in fondo, altrimenti Anima toglierà spessore ai nostri atti, rendendoli sbadati e crudeli.

Una siffatta durezza di cuore è indicativa dell’avvenuta integrazione della brutalità, e ci avvicina con ciò alla natura, la quale non dà spiegazioni di se stessa. Le spiegazioni bisogna estorcergliele.
Una tale disponibilità ad assumerci il ruolo di traditore ci avvicina alla condizione animale, non tanto schiavi di un Dio morale/Diavolo immorale, quanto servitori di una natura che è amorale.

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E con ciò siamo tornati al nostro tema dell’integrazione di Anima, dove il cuore freddo e le labbra sigillate rimandano a Eva e al serpente, la cui saggezza è pure vicina alla proditorietà della natura. Il che mi induce a domandarmi se l’integrazione di Anima non possa manifestarsi, oltre che nei vari modi che ci aspettiamo (vitalità, relazionalità, amore, immaginazione, sottigliezza e così via), anche nel diventare simili alla natura, dunque meno affidabili, tendenti come l’acqua a riversarsi nei punti di minore resistenza, a rigirare le risposte secondo il vento, a parlare con lingua biforcuta: insomma, ambiguità cosciente anziché ambivalenza inconscia.

A quanto pare, il savio, il maestro, per poter essere lo psicopompo che guida le anime attraverso la confusione del creato, dove ogni roccia cela un pericolo e i sentieri non sono dritti, mostra un’astuzia ermetica e una freddezza che è impersonale come la natura stessa.
Concludendo, la nostra risposta alla domanda: «Che cosa significa il tradimento per il padre?» è la seguente: la capacità di tradire gli altri è affine alla capacità di guidare gli altri.
Una paternità compiuta le possiede entrambe.

Nella misura in cui il fine al quale mira la guida psicologica è l’autonomia e l’autosufficienza dell’altro, questi dovrà prima o poi essere condotto, o lasciato, a quello che è il suo vero livello, vale a dire senza più aiuto umano, a fare esperienza del tradimento dentro di sé, dove egli è solo.

… non c’è scampo, per far esperienza di ciò che li sorregge quando non sono più in grado di sorreggersi da sé, essi devono essere soli. Soltanto questa esperienza può fornir loro un fondamento indistruttibile.
(Jung, Psicologia e alchimia)

(Hillman, Puer aeternus)