Maidu – La donna che andò a caccia di farfalle

Una donna tolowa uscì un giorno a raccogliere cibo, portando con sé anche il suo bimbo. Per poter lavorare, aveva fissato la punta dell’asse della culla al terreno e lasciato il bimbo solo.
Una grande farfalla le volò vicino e lei cominciò a inseguirla e a cacciarla per molto donna-tolowatempo: ogni volta però che stava lì lì per acciuffarla, la mancava d’un soffio.
Pensò: «Forse non corro abbastanza veloce a causa di questa cosa pesante», e gettò via il vestito di pelle di daino. Ma neanche così alleggerita riusciva ad acchiappare la farfalla. Alla fine, si denudò tutta quanta gettando via anche la gonna, e si lanciò all’inseguimento della farfalla, finché non calò la notte e, stanca, si coricò sotto un albero e si addormentò.

Quando al mattino si svegliò, trovò coricato accanto a lei un uomo.
«Mi hai seguito fin qui – le disse l’uomo – e forse ti piacerebbe seguirmi per sempre. Ma sappi che per questo dovrai passare attraverso un gran numero di individui del mio popolo».
Del tutto dimentica ormai del suo bimbo, la donna si alzò e seguì l’uomo farfalla.
Giunsero presto in un’ampia valle, il cui lato meridionale era pieno di farfalle. Quando i due raggiunsero l’orlo della valle, l’uomo disse: «Nessun essere umano è mai riuscito ad attraversare questa valle. Ma tu sarai salva, se non mi perderai di vista. Seguimi da presso».

Viaggiarono per molto tempo.
«Continua a tenerti stretta a me, non lasciarti andare!», diceva di continuo l’uomo farfalla.
Quando arrivarono a metà della valle, altre farfalle sciamarono in gran numero intorno a loro. Volavano in ogni direzione, tutto attorno alla testa della coppia e sui loro visi, perché volevano avere per loro la donna tolowa.
Lei le osservò a lungo, tenendosi stretta al suo nuovo marito. Ma alla fine, incapace di resistere, lo lasciò andare e si allungò per acciuffare un’altra farfalla.

La mancò, e allora cercò di afferrarne un’altra, e un’altra ancora, ma sempre senza riuscirvi, e così vagò per sempre nella valle, intontita e perduta.
Morì là, e l’uomo farfalla che lei aveva perduto proseguì attraverso la valle sino alla sua dimora. Ed oggi, quando la gente parla dei tempi antichi, dice che quella donna perse il suo amante, e cercò di prenderne altri ma li perse tutti, ed alla fine diventò pazza e morì.

***

Laptev-farfalla

Una «madre» in cerca di cibo (in senso proprio: alimentare) si lascia distrarre dalle farfalle, ovvero da un altro cibo (in senso figurato: erotico). Ma questa «caccia figurata» la farà soltanto «impazzire».
Diverrà una pessima «madre» (si scorderà completamente del «figlio») e, insieme, una «seduttrice» incontinente (non si appagherà dello «sposo» a cui pure ha dato la caccia, per così dire, con tutta se stessa). Non riuscirà, con tutta la passione che pure ci mette, ad attraversare fin in fondo la Valle (dei Falsi Amanti).
«Nessun essere umano ci riesce», dice la Farfalla. Nessuno rimane «fedele» al primo Richiamo che gli giunse in illo tempore dalla Valle (dei Seduttori Sedotti). Perché nella Valle non si entra che dalla Porta del Tradimento, e una «madre» perciò vi entra solo tradendo il «figlio».

La «madre» tradisce il «figlio», l’abbandona al suo destino, non si cura più di alimentarlo, dacché ha visto sfarfallarle intorno un certo qual «corteggiatore» vestito dei colori più smaglianti e variopinti che Madre Natura potesse dargli.
Non abbiamo dunque a che fare con la solita «ragazza folle di miele» (il miele è ambiguamente un cibo in senso proprio e in senso figurato), ma – il caso è ben più grave donna-farfalle– si tratta qui di una «ragazza folle di farfalle» (le farfalle, a differenza del miele, non si mangiano, non sono commestibili che in senso figurato: sono alimento della sola immaginazione).
E dunque chi «sfamerà» lei e il figlio di cui si è perfino dimenticata? Chi potrà soccorrerla, se farfalla dopo farfalla non troverà mai il Nutritore di cui manca per giungere a essere appagata?

Un caso grave come questo, il pensiero indigeno – magari, voi direte per pura semplificazione – è solito archiviarlo alla voce «donne che pretendono di assumere un ruolo maschile»: per esempio, vanno a caccia, quando poi l’unica caccia che sanno praticare è quella a uno «sposo». L’unica però che, in fondo, si possono permettere è quella a uno «sposo» che nutra madre e figli. Possono cioè cacciare un cacciatore, sedurre sì ma un nutritore (è quello che fa la «ragazza folle di miele», e perciò «folle» ma non al punto d’impazzire come qui la nostra «eroina»), ma non possono permettersi il lusso di dare la caccia alle «farfalle». A quanto vi è di più aleatorio: il lusso di dare ascolto al Possibile della loro immaginazione, proprio come fanno i maschietti.

Perché questa «lussuria immaginale» immaginata al femminile, secondo il pensiero indigeno – lo so, avete ragione: questo pensiero semplifica quel che noi ci sforziamo di complicare – letta con le lenti del pensiero indigeno, è votata a quella speciale «follia» tutta femminile che presso noialtri, non so quanto sbrigativamente, è detta «isteria»: solo le donne hanno l’utero. Solo loro intrattengono una relazione con ciò che portano, anzi con ciò che, sin da ragazze, immaginano che porteranno in grembo.
Fecondare, concepire, partorire è una «potenza» tutta e sola femminile. Nel maschio essa è soltanto «metaforica»: genera e feconda, concepisce e partorisce solo idee e concetti, immagini e forme.

Ma che succede quando la Femmina, invece d’ingravidarsi dei richiami che le giungono dal suo proprio Utero, pretende di andare a caccia di farfalle – come fanno i maschi?
donna-farfalla-ciecaLo so, lo sento: questa domanda ci irrita – sembra andare di traverso a ogni nostro «femminismo» (sic, la brodaglia!). Come? vogliamo ancora «separare» i sessi? ancora proibire alle femminucce quel che è lecito ai maschietti?

Ma tu sta’ a sentire, e prova ad afferrare a volo a che razza di «separazione» alluda il Racconto … (la citazione da Lacan, La psicoanalisi e il suo insegnamento, in parentesi quadre i nostri scarabocchi):

… uomo o donna che sia, può non aver altro da presentare all’altro reale, se non quest’altro immaginario [nient’altro presentare all’altra «farfalla», se non quest’altra «farfalla»] in cui non ha riconosciuto il suo essere [la nostra eroina non sa di essere lei la «farfalla» a cui svolazzano intorno i corteggiatori, in cui lei crede di avvistare altrettante «farfalle»].
Come può allora raggiungere il suo oggetto? – Con uno scambio di posti tra i suoi cavalieri, diremmo: affidando quindi alla dama la dimostrazione del passo dell’isterico.

Giacché quest’altro reale, essa non può trovarlo che del suo stesso sesso, perché è in quell’aldilà [in quella Valle] che essa invoca ciò che le può dare corpo, non avendo saputo prendere corpo aldiquà.
In mancanza di risposta da quest’altro, essa gli notificherà un mandato di cattura facendolo acciuffare grazie agli uffici di un uomo di paglia, sostituto dell’altro immaginario in cui essa si è meno alienata di quanto non le sia rimasta davanti in sospeso.

[Poiché le farfalle le sfuggono, la nostra eroina ne giungerà a catturarne una solo grazie a una sua debolezza: catturerà quella che più facilmente, come la paglia, prende fuoco – quella che più facilmente si lascia sedurre dal suo essere farfalla, senza che però le dia il tempo e il modo di comprendere che è lei la farfalla a cui si sta dando la caccia: è quello che lei, a ogni costo!, non vuole sapere! Per essere «maschio» e come i «maschi» poter dare la caccia alle farfalle, bisogna che lei non sappia d’essere l’oggetto della loro caccia! Saperlo sarebbe come riaprire l’antica ferita, la ferita di quando si è alienata al suo essere farfalla (la cosa la faceva soffrire troppo). Saperlo la costringerebbe a fare i conti con l’Immagine che le farfalle le nascondono. Se vedesse che non sono farfalle, ma cacciatori della sua farfalla, quell’Immagine le tornerebbe a essere, se possibile, ancor più dolorosamente insostenibile].

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È così che l’isterica si rigira negli omaggi rivolti ad un’altra [farfalla], e offre la donna in cui adora il proprio mistero [nascosto nella forma che agli sguardi dei maschi pare essere quella della Farfalla] – la offre all’uomo di cui assume il ruolo senza però poterne godere.
In cerca senza sosta di che cos’è essere una donna, essa non può fare altro che ingannare il proprio desiderio, perché questo desiderio è il desiderio dell’altro, non avendo soddisfatto all’identificazione narcisistica che l’avrebbe preparata a soddisfare l’uno e l’altro in posizione di oggetto.

[Paradossalmente, è proprio questo suo rifiuto a riconoscersi «in posizione di oggetto», a riconoscersi cioè come l’altro del desiderio altrui, che le impedisce di «godere» del proprio desiderio. E ancor più paradossalmente, è proprio là dove ha fallito, e cioè in quella identificazione narcisistica che l’avrebbe preparata a fare la parte della farfalla, è proprio là che lei più si sbaglia: crede di essere Narciso, mentre a differenza di Narciso, fa di tutto per non vedersi allo specchio: scoprirebbe, ahimé, di essere donna, non maschio. Scoprirebbe che alla donna che si nega all’essere farfalla a cui i maschi danno la caccia, è un lungo duro cammino che resta da fare. Impazzirà, se non verrà a capo dell’incontinenza della sua pretesa di un desiderio «senza oggetti», di un desiderio di cui vuole e sa essere sempre e solo il soggetto, e per questo lo priva di «godimento»].