Ceccardino – Eri là, avvolta in una nube

Verdirosi-nuvola

… eri là, avvolta in una nube sottile …
senza spazio, senz’aria né sopra né sotto, senza respiro, senza soffio –
ora so che, per vederti là dove sei, per vederti così come sei, «ridente e fuggitiva»,
ora so che bisognava che io là mi trattenessi contro me stesso
e come preso da un’africana brama d’essere sbranato
mi rendessi a te, a dissolvermi con te in quella nube australe,
a divenirvi anch’io sottile quanto te
vapore inesistente

ora che sono tornato a vivere tra i giaguari
soltanto ora so quello che avrei dovuto sapere allora:
che bisognava che mi astenessi dal fiatare per non rompere l’incantesimo
e che mi scongiurassi – perché «là», nella nuvola, non c’è giuramento,
nella leggerezza della nube non c’è parola, né sì né no, neanche un non lo so,
che non sia bestemmia alla vita
vile tradimento alle spalle del suo scorrere taciturno

dovevo dunque tacere, semplicemente fare scena muta
perché là, nella nuvola, solo il silenzio è d’oro!
là, nella nuvola si tace, si è tutti un solo Buddha
distratto da questo basso mondo del blablablà

murale-ragazza-fiori

dovevo tacere, ostinatamente tacere
e tacendo ascoltare una per una le civetterie della tua luce
senza perdermi però in quel Fiume Ansioso
in quell’ansa di mondo dove tutto finisce
per essere fuori di sé
risucchiato nel decimo corno di Oceano,
il più oscuro
il più avvelenato
il più seducente
il più smanioso di vendetta

ma tu eri là, su un’onda – seducente e vendicativa
eri sulla schiuma di quell’onda avvelenata
dove le mie parole erano tentate di annegarsi,
e l’avrebbero forse fatto questo peccato di parlarti
se onda potesse dare esistenza ad altro che a un’onda

invece tu divinamente ondeggiante
eri «là», sei sempre stata «là»,
non prendermi in giro, tu non sei mai venuta a casa mia
tu abiti «là», amore mio – in quella nube sottile
senza spazio, senza respiro, senza estensione di corpo, senza realtà,
immacolata traccia di un piede che non è mai sceso in terra

per vederla, quella traccia che non c’è,
dovevo trattenere il respiro
contro me stesso

dovevo farlo per la nuvola
dovevo farlo per la pioggia di domani
dovevo e ancora devo tacerti, amore mio
contro me stesso

per darti quel poco di esistenza
che non ti è mai esistita
se non nella Nuvola dei miei miraggi

(Ceccardino, La settima Novena)