Mundurucu – Origine dei soli d’estate e d’inverno

Un Indio chiamato Karuetaruyben era così brutto che la moglie respingeva i suoi approcci e lo tradiva.
Un giorno, dopo una pesca collettiva al veleno, era rimasto da solo in riva all’acqua per surreal-uomo-soleriflettere tristemente sulla sua sorte, quand’ecco sopraggiungere il Sole e la sua sposa, la Luna.
Erano molto pelosi, la loro voce somigliava a quella del tapiro, e l’Indio solitario li vide gettare nel fiume le teste e le lische dei pesci, che subito risuscitavano.

Le due divinità pregarono Karuetaruyben di raccontare loro la sua storia. Per appurare se egli diceva il vero, il Sole ordinò alla moglie di sedurlo: Karuetaruyben era non solo brutto, ma anche impotente, e il suo pene disperatamente molle …
Allora il Sole trasformò magicamente Karuetaruyben in un embrione, che collocò nell’utero della propria moglie. Tre giorni dopo, questa diede alla luce un bambino che il Sole allevò e al quale concesse una grande bellezza.
Quando l’operazione fu terminata, gli regalò una cesta piena di pesci e gli disse di tornare al suo villaggio e di sposare un’altra donna abbandonando quella che l’aveva deriso.

L’eroe aveva un cognato di belle fattezze che si chiamava Uakurampé. Questi rimase stupefatto per la trasformazione del marito di sua sorella e non gli diede pace finché non conobbe il suo segreto per imitarlo.
Ma quando la Luna cercò di sedurlo, Uakurampé ebbe con lei dei rapporti normali. Per punirlo, il Sole lo fece rinascere brutto e gobbo [o, secondo un’altra versione, lo rese sgraziato tirandogli il naso, le orecchie e «altre parti del corpo»]. Dopo di che, lo rimandò a sua moglie senza dargli del pesce.
A seconda delle versioni, la donna dovette accettare questo brutto marito, o non volle più saperne.

«È colpa tua – suonò Karuetaruyben sul suo flauto – sei stato troppo curioso della vagina di tua madre …».
I due eroi divennero rispettivamente il sole splendente della stagione asciutta e quello, sbiadito e triste, della stagione delle piogge.

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lontre-scogli

Ci sono numerosissime prove che il pensiero indigeno commuta volentieri la luna e le lontre nella stessa posizione.
Le lontre, a quel che si apprende in un altro racconto dei Mundurucu, hanno la funzione di riportare a proporzioni più modeste il pene dell’eroe che è stato allungato da una rana durante il coito. Nel nostro mito sono il Sole e la Luna che, nel ruolo di signori dei pesci, fanno regredire sino allo stadio infantile un uomo il cui pene resta flaccido nonostante tutti gli stimoli.

Tutto avviene come se la storia di Haburi si limitasse a consolidare questi due racconti dando loro un’espressione metaforica: affinché egli divenga più rapidamente il proprio amante, la rana accelera magicamente la crescita del bambino Haburi e, quindi, ne allunga il pene. Toccherà poi alle lontre «far tornare bambino» l’eroe, restituendogli la sua infanzia dimenticata e riconducendolo a sentimenti più filiali.
Ora, anche le lontre sono delle signore del pesce […]

Nonostante la diversità delle specie chiamate in causa, certe credenze relative alle lontre persistono nelle regioni più lontane del Nuovo Mondo, dall’Alaska e dalla Columbia britannica alla costa atlantica del Nordamerica e, verso sud, alla regione guayanese lontra-paintpassando per il Messico.
Ogni volta adattate a specie locali, se non addirittura a generi, queste credenze devono essere molto antiche. Ma può darsi che alcune osservazioni empiriche abbiano conferito loro, qua e là, una nuova vitalità.
Che si tratti di lontre marine o terrestri, si rimane colpiti dal fatto che non solo i miti, ma anche i naturalisti, attribuiscono a questi animali usanze di una estrema delicatezza.

A proposito della lontra sudamericana, Ihering osserva che le ripugna mangiare la testa e le lische dei pesci grossi, ed esiste un mito guayanese che spiega perché la lontra rifiuta le zampe dei granchi.
Dal canto suo, la lontra dei mari artici è caratterizzata da una grandissima sensibilità olfattiva e da una intolleranza a ogni lordura, anche piccola, che comprometterebbe le qualità di isolante termico della sua pelliccia.
Si deve forse cercare in questa direzione l’origine della suscettibilità agli odori che gli Indiani delle due Americhe attribuiscono alle lontre […]

Un mito tacana racconta che la lontra, signora dei pesci, favorì dei pescatori sfortunati rivelando loro l’esistenza di una pietra magica sepolta sotto i suoi escrementi, che emanavano un gran puzzo. Per fare una buona pesca, gli Indios avrebbero dovuto leccare questa pietra e strofinarla su tutto il corpo.
Agli uomini che non devono essere disgustati dagli escrementi fetidi della lontra si oppone, nella mitologia tacana, il popolo sotterraneo dei nani privi di ano che non defecano mai (si nutrono esclusivamente di liquidi, e soprattutto di acqua), e che sono prodigiosamente disgustati dal loro primo visitatore umano quando lo vedono fare i suoi bisogni.
Questi nani privi di ano sono un popolo di tatú che vivono sottoterra, così come le lontre vivono sott’acqua.

Altrove le lontre sono oggetto di credenze analoghe.
I Trumai raccontano che una volta le lontre erano animali privi di ano e che evacuavano lontra-imbalsamatacon la bocca – mito, questo, che rinvia a un racconto bororo sull’origine del tabacco: gli uomini che non esalavano il fumo del tabacco (personaggi otturati in alto anziché in basso) furono trasformati in lontre, animali che, come precisa il mito, hanno occhi piccolissimi, dunque egualmente otturati e privi di apertura verso l’esterno.

Unendo ora tutte queste indicazioni, possiamo individuare i contorni di una sistematica in cui le lontre occuperebbero un posto speciale nella serie mitica dei personaggi bucati o otturati, in alto o in basso, davanti o dietro, e la cui infermità positiva o negativa interessa ora l’ano o la vagina, ora la bocca, gli occhi, le narici o le orecchie.
Se le lontre nella storia di Haburi aborriscono attualmente le deiezioni umane, forse è perché una volta erano otturate ed erano prive di funzioni escretorie.

Questa connessione negativa, accertata empiricamente, fra le lontre e il sudiciume, non entra per così dire «nuda e cruda» nel racconto, ma vi è assunta dentro un gioco di combinazioni che opera autonomamente e che si vale del diritto di commutare diversamente i termini di un sistema di opposizioni.
Ecco perché, da otturata, la lontra si trasforma in bucata in un mito waiwai, dove i gemelli, ancora soli al mondo, tentano di copulare con una lontra per oculos. Sdegnato, l’animale afferma di non essere una donna e ordina loro di pescare le donne (congruenti, quindi, con dei pesci), che a quell’epoca hanno delle vagine dentate da cui i due fratelli dovranno liberarle affinché esse non siano più impenetrabili o, in altri termini, impossibili da bucare.

Otturata in basso tra i Trumai, in alto tra i Bororo, bucata in alto tra i Waiwai, grazie a una quarta trasformazione la lontra diviene bucante tra gli Yabarana, e per il basso: «I nostri informatori si ricordavano che la lontra era responsabile delle mestruazioni, ma non potevano dare spiegazioni» (Wilbert).
Non c’è dubbio che una ricerca metodica attraverso la mitologia sudamericana surreal-donne-pescirivelerebbe altre combinazioni o, rimanendo identiche le combinazioni, permetterebbe di definire diversamente l’«alto» e il «basso», il «dietro» e il «davanti». […]

L’episodio delle lontre nel mito di Haburi va letto alla luce di un altro racconto ancora dei Mundurucu in cui si narra di un cacciatore che si lascia sedurre da una rana cunauaru trasformata in una donna giovane e bella ma che, al momento dell’orgasmo, riacquista la sua forma di batrace e allunga il pene del suo amante che essa tiene stretto nella vagina. Quando infine viene liberato, il malcapitato implora le lontre che, col pretesto di curarlo, gli procurano un inconveniente contrario: riducono il suo pene a dimensioni ridicole.

Questa storia esprime dunque in senso proprio quella che nel racconto di Haburi prende senso figurato: da una parte la vecchia rana dota Haburi di un organo e di appetiti sproporzionati alla sua vera età; dall’altra le lontre ristabiliscono la situazione, e fanno anzi di più, quando riportano la coscienza dell’eroe alla sua prima infanzia, nel corso di quella che può essere considerata come la prima cura psicoanalitica della storia.
(Senza dimenticare, all’altra estremità del Nuovo Mondo, la funzione didattica della lontra in occasione dell’iniziazione dello sciamano, funzione illustrata dall’unione delle lingue dell’uomo e dell’animale raffigurata su numerosi sonagli haida).

Ed eccoci di ritorno al nostro mito mundurucu.
Anzitutto, il Sole e la Luna vi compaiono come signori pelosi della pesca, congruenti, sotto questo aspetto, con le lontre, e come esse rispettosi delle teste e delle lische di pesce che le lontre si guardano dal mangiare, e che il Sole e la Luna fanno rivivere.
In secondo luogo, essi riconoscono l’eroe non già dal fetore dei suoi escrementi come Haburi, ma grazie a un altro inconveniente fisiologico: la sua impotenza, testimoniata da un pene che rimane piccolo e molle nonostante tutte le sollecitazioni.

sonagli-haida

Rispetto alla storia di Haburi, osserviamo dunque qui una doppia modificazione del codice organico: nella categoria anatomica del basso, l’anteriore sostituisce il posteriore e le funzioni di riproduzione soppiantano quelle di escrezione; d’altra parte, rispetto al racconto in cui le lontre accorciano un pene allungato troppo dalla rana, qui il pene dell’eroe che rimane corto in presenza di una sedicente amante (che presto è trasformata in madre, in contrasto con la rana di Haburi che è una sedicente madre ben presto trasformata in amante) sarà allungato ragionevolmente dal Sole, a differenza di quanto accadrà al secondo eroe dello stesso mito, il cui pene, ragionevolmente lungo all’inizio, diventerà troppo lungo alla fine (è perlomeno quanto lascia supporre il testo di una variante del mito).

L’omogeneità di questo gruppo di miti è confortata dai nomi dell’eroe.
Karuetaruyben significa «il maschio d’ara rosso con gli occhi sanguigni», ma l’eroe si chiama anche Bekit-tare-bé, «il bambino maschio che cresce in fretta» in ragione della sua crescita provocata magicamente, che crea un rapporto supplementare tra lui e Haburi.
Un mito della Bolivia orientale, di cui sono note parecchie varianti, appartiene manifestamente allo stesso gruppo:

Tacana – L’amante della luna

La piantagione di cotone di una donna era saccheggiata ogni notte. Il marito sorprese le ladre: erano due sorelle celesti, la Luna e la Stella del mattino.
surreal-sole-vitiL’uomo s’innamorò della prima, che era molto bella, ma che lo respinse consigliandogli di tentare invece con la sorella. Infine cedette, ma raccomandò all’uomo di intrecciare una grande gerla prima di copulare con lei.
Durante il coito, il pene dell’uomo si allungò enormemente. Divenne così grande che il suo proprietario dovette collocarlo nella gerla, dove il membro si avvolse su se stesso come un serpente e sporse anzi dalla parte superiore.

Con questo carico, l’uomo tornò al villaggio e raccontò l’accaduto.
Di notte il suo pene uscì dalla gerla e si mise a vagabondare in cerca di donne, con le quali copulava. Avevano tutti molta paura, e un Indio, la cui figlia era stata attaccata, rimase di guardia.
Quando vide il pene penetrare nella sua capanna, ne mozzò l’estremità, che si trasformò in serpente. L’uomo dal lungo pene morì, e il serpente divenne la madre delle termiti che udiamo fischiare anche oggi.
In altre versioni, il pene è mozzato dal suo proprietario, dalla Luna o dalle donne attaccate.

Esiste quindi un rapporto di correlazione e di opposizione fra la coppia lontra/rana e altre coppie analoghe: sole/luna, sole d’estate/sole d’inverno, stella del mattino/luna.

(Lévi-Strauss, Dal miele alle ceneri)