Cusano – Perché sapere è ignorare

Noi vediamo che in tutte le cose sussiste, per dono divino, un desiderio naturale di essere nel modo migliore che la condizione della loro natura consente, e vediamo che esse si adoperano a questo fine e dispongono degli strumenti adatti.
Ad esse è connaturata una facoltà di giudizio che risponde al loro proposito di conoscere, Cusanoaffinché la loro aspirazione non sia vana e ciascuna possa raggiungere la quiete della propria natura nel centro del proprio equilibrio.
Se fosse altrimenti, ciò accadrebbe sicuramente per accidente, come quando la malattia trae in inganno il gusto, o l’opinione svia la ragione.
Diciamo, pertanto, che l’intelletto sano e libero conosce quel vero che senza posa desidera raggiungere indagando e perlustrando tutte le cose con il procedimento discorsivo che gli è proprio, e lo stringe in un amoroso abbraccio, non dubitando che sia verissimo ciò da cui nessuna mente sana può dissentire.

Tutti quelli che cercano la verità giudicano ciò che è incerto paragonandolo e mettendolo in proporzione con ciò che è certo.
Ogni ricerca è, dunque, comparativa in quanto impiega come mezzo la proporzione. Il giudizio conoscitivo è facile quando ciò che si indaga può essere messo a confronto con ciò che è certo mediante una riduzione proporzionale approssimata.
Quando, però, abbiamo bisogno di molti medi, nascono difficoltà e fatica, come sappiamo dalle matematiche nelle quali è facile ricondurre ai princìpi primi, di per sé notissimi, le prime proposizioni, mentre è più difficile ricondurvi le ultime, che possono essere ricondotte ai princìpi primi solo per mezzo delle prime.

Ogni ricerca consiste, pertanto, in una proporzione comparativa, facile o difficile; perciò l’infinito come infinito, sfuggendo a ogni proporzione, è ignoto.
Ma poiché la proporzione esprime la convenienza e, insieme, l’alterità in un’unica cosa, essa non può intendersi senza il numero. Il numero, infatti, include tutte le cose che maestro-ciucciohanno proporzione fra di loro. Il numero, quindi, che produce la proporzione non sta solo nella quantità, ma in tutte le determinazioni che possono convenire o differire in un modo qualsiasi, sostanziale o accidentale. Per questo, forse, Pitagora affermava che tutte le cose sono costituite e comprese per mezzo dei numeri.

Ma la precisione delle combinazioni nelle cose corporee e l’adattamento proporzionato del noto all’ignoto, supera la ragione umana, sicché Socrate credette di sapere solo di non sapere, mentre il sapientissimo Salomone sosteneva che tutte le cose sono difficili e inesprimibili nel linguaggio. E un altro saggio dotato di spirito divino, ha detto che la sapienza e il luogo dell’intelligenza si celano agli occhi dei viventi.
Se è così, e se, come afferma il profondissimo Aristotele nella Filosofia Prima [= Metafisica], anche nelle cose per natura più evidenti, ci imbattiamo in difficoltà come uccelli notturni che tentano di vedere il sole – allora, se il nostro desiderio non è vano, ciò che desideriamo è sapere di non sapere.

Se potremo giungere a tanto, avremo raggiunto la dotta ignoranza.
Nessun’altra dottrina più perfetta può sopraggiungere all’uomo (anche al più diligente) oltre quella di scoprire di essere dottissimo nella sua propria ignoranza: e tanto più uno sarà dotto, quanto più si saprà ignorante.

(Nicola Cusano, La dotta ignoranza)