Artaud – A proposito della pazzia di van Gogh

Parliamo pure della buona salute mentale di van Gogh il quale, in tutta la sua vita, si è fatto cuocere solo una mano e non ha fatto altro, per il resto, che mozzarsi una volta l’orecchio sinistro,
in un mondo in cui si mangia ogni giorno vagina cotta in salsa verde o sesso di neonato flagellato e aizzato alla rabbia,
colto così com’è all’uscita dal sesso materno.

van-gogh-autoritrattoE questa non è un’immagine, ma un fatto abbondantemente e quotidianamente ripetuto e coltivato sulla terra intera.
Ed è così, per quanto delirante possa sembrare tale affermazione, che la vita presente si mantiene nella sua vecchia atmosfera di stupro, anarchia, disordine, delirio, sregolatezza, pazzia cronica, inerzia borghese, anomalia psichica (perché non l’uomo, ma il mondo è diventato un anormale), di voluta disonestà ed esimia tartuferia, di lurido disprezzo per tutto ciò che mostra di avere razza,
di rivendicazione di un confine fondato interamente sul compiersi di una primitiva ingiustizia,
di crimine organizzato, insomma.

Le cose vanno male perché la coscienza malata ha un interesse capitale in quest’epoca a non venir fuori dalla propria malattia.
È così che una società tarata ha inventato la psichiatria per difendersi dalle investigazioni di certe lucide menti superiori le cui facoltà divinatorie la infastidivano.

Gérard de Nerval non era pazzo, ma fu accusato di esserlo allo scopo di gettare il discredito su certe rivelazioni capitali che si accingeva a fare,
e oltre a essere accusato, fu anche picchiato in testa, fisicamente picchiato in testa una certa notte perché perdesse la memoria dei fatti mostruosi che stava per rivelare e che, sotto l’azione di questo colpo, passarono in lui sul piano sovrannaturale, poiché tutta la società, occultamente coalizzata contro la sua coscienza, fu a quel punto abbastanza forte da fargli dimenticare la loro realtà.

Van-Gogh-Notte-stellata-sul-Rodano

No, van Gogh non era pazzo, ma le sue pitture erano pece greca, bombe atomiche, la cui angolazione, confrontata con tutte le altre pitture che imperversavano in quell’epoca, sarebbe stata capace di turbare gravemente il conformismo larvale della borghesia del Secondo Impero e degli sbirri di Thiers, di Gambetta, di Félix Faure, come di quelli di Napoleone III.
Perché la pittura di van Gogh non attacca un certo conformismo di costumi, ma il conformismo stesso delle istituzioni. E anche la natura esterna, coi suoi climi, le maree e le tempeste equinoziali, non può ormai, dopo il passaggio di van Gogh in terra, mantenere la stessa gravitazione.

A maggior ragione, sul piano sociale, le istituzioni si disgregano e la medicina, che dichiara van Gogh pazzo, appare come un cadavere inutilizzabile e marcescente.
Di fronte alla lucidità di van Gogh che lavora, la psichiatria non è più che un consesso di gorilla loro stessi ossessionati e perseguitati, e che hanno, come palliativo agli stati più spaventosi dell’angoscia e del soffocamento umani, soltanto una terminologia ridicola,
degno prodotto dei loro cervelli tarati.
Non un solo psichiatra, infatti, che non sia notoriamente un erotomane. […]

Che cos’è un alienato autentico?
È un uomo che ha preferito diventare pazzo, nel senso in cui lo si intende socialmente, van Gogh-Ritratto-del-dottor-Gachetpiuttosto che venir meno a una certa idea superiore dell’onore umano.
È così che la società ha fatto strangolare nei suoi manicomi tutti quelli di cui ha voluto sbarazzarsi o da cui ha voluto proteggersi, in quanto avevano rifiutato di farsi suoi complici in certe emerite porcherie.
Perché un alienato è anche un uomo che la società non ha voluto ascoltare e al quale ha voluto impedire di proferire insopportabili verità.

Ma, in questo caso, l’internamento non è la sua unica arma, e l’assembramento concertato degli uomini possiede altri mezzi per venire a capo delle volontà che vuole spezzare.
Al di fuori dei piccoli affatturamenti degli stregoni di campagna, vi sono le grandi passate di affatturamenti globali ai quali tutta la coscienza in allarme partecipa periodicamente.
È così che in occasione di una guerra, di una rivoluzione, di uno sconvolgimento sociale ancora in germe, la coscienza unanime è interrogata e s’interroga, ed esprime anche il suo giudizio.

Può anche accaderle di essere eccitata e come fuori di sé a proposito di certi casi individuali clamorosi.
È così che ci sono stati affatturamenti unanimi a proposito di Baudelaire, di Edgar Allan Poe, di Gérard de Nerval, di Nietzsche, di Kierkegaard, di Hölderlin, di Coleridge,
e ce ne sono stati a proposito di van Gogh.
Questo può accadere durante il giorno, ma in genere accade, di preferenza, durante la notte.

È così che strane forze vengono sollecitate e portate nella volta astrale, in quella specie di cupola buia che costituisce, al di sopra di tutto il respiro umano, la velenosa aggressività dello spirito malvagio della maggior parte delle persone.
È così che quelle rare buone volontà lucide che hanno dovuto dibattersi sulla terra vedono se stesse, in certe ore del giorno o della notte, sprofondate a occhi aperti in certi van Gogh-autoritratto-orecchioautentici stati d’incubo, circondate dalla formidabile suzione, dalla formidabile oppressione tentacolare di una specie di magia civica che si vedrà presto apparire scopertamente nei costumi.

Di fronte a questa unanime porcheria, che ha da un lato il sesso e dall’altro ha, del resto, la messa, o altri riti psichici, come base o punto d’appoggio, non è delirio passeggiare di notte con dodici candele piantate su un cappello per dipingere un paesaggio dal vero;
infatti, come avrebbe potuto fare il povero van Gogh a farsi luce? come faceva notare opportunamente l’altro giorno il nostro amico, l’attore Roger Blin.

Quanto alla mano cotta, è puro e semplice eroismo,
quanto all’orecchio tagliato, è logica diretta,
e, lo ripeto,
un mondo che, giorno e notte, e sempre di più, mangia l’immangiabile,
per condurre la propria cattiva volontà ai propri fini,
deve, su questo punto, solo
chiudere il becco.

(Artaud, Van Gogh: Il suicidato della società)