Tanto tempo fa, quando la nostra gente e gli animali e gli uccelli vivevano tutti assieme, perfino con la gente bianca, Coyote si distingueva già allora per la sua bravura a cacciarsi nei guai, ma anche – in un modo o nell’altro – a venirne fuori.
Non c’era un solo accampamento che non andasse a visitare, errabondo qual era e sempre in cerca di una qualche avventura, e quando si fermava al campo di Orso, aveva l’abitudine di andare di notte nei campi dell’uomo bianco e di rubare le spighe di grano.
Un giorno però l’uomo bianco, proprietario della fattoria, scoprì quello che Coyote aveva fatto. Allora strisciò sul terreno per rintracciare le sue impronte, poi convocò tutti gli uomini bianchi a consiglio e con loro prese la decisione di fabbricare un fantoccio di pece, proprio come se fosse un uomo, e di metterlo sul sentiero battuto da Coyote.
Sicché, quando quella notte Coyote tornò per rubare di nuovo il grano, vide una figura d’uomo che era là ritta in piedi davanti a lui.
Pensando che si trattasse d’una persona, disse: «Occhi grigi – egli parlava sempre come un Apache Chiricahua – mettiti da parte e lasciami passare. Voglio solo un po’ di grano. E ci riuscirò, te lo dico io».
L’uomo di pece rimase immobile dov’era.
«Se non ti sposti – disse Coyote – ti darò un pugno in faccia. Ovunque vado su questa terra, se colpisco un uomo con un pugno, l’uccido».
L’uomo di pece non si mosse neppure.
«Benissimo, allora ti colpirò». Coyote allungò un pugno, ma il pugno gli si conficcò saldamente nella pece, fino al gomito.
«Che fai? – gridò Coyote. – Perché mi hai preso la mano? Lasciala andare o prenderai un altro pugno. Se colpisco un uomo con quello, gli faccio perdere tutte le facoltà mentali!».
Ed ecco, Coyote picchiò con l’altro pugno ed anche l’altro braccio gli rimase conficcato nella pece. Ora stava ritto sulle zampe posteriori.
«Se continui a trattenermi, ti darò un calcio e ti metterò fuori combattimento», disse e, subito, lasciò andare un calcio potente e la zampa entrò nella pece e vi restò appiccicata.
«Bada – disse allora al fantoccio – che quest’altra zampa tira calci assai più potenti! Lasciami andare!». E poiché il fantoccio non lo mollava, Coyote gli diede un calcio e così pure l’altra zampa si conficcò nella pece.
Ora tutt’e quattro le zampe di Coyote erano saldamente nella pece; soltanto la coda era libera. Sicché disse: «Se ti frusto con la coda, ti taglierà in due! Perciò, stammi a sentire, è meglio se mi lasci andare».
Ma l’uomo di pece rimase fermo. Coyote sferzò la pece con la coda e anche quella gli rimase appiccicata.
Aveva a quel punto soltanto la testa libera e stava ancora parlando con quello. Ancora, sempre più furioso, gli domandava: «Perché mi trattieni in questo modo? Ti darò un morso sul collo e ti ucciderò, perciò faresti meglio a lasciarmi andare». E poiché la pece non faceva niente, Coyote la morsicò e rimase con la bocca incollata e non riuscì a toglierla via.
Al mattino, il fattore mise una catena intorno al collo di Coyote, lo tirò fuori dalla pece e lo portò a casa.
«Questo è il tipo che mi derubato», disse alla sua famiglia.
I bianchi tennero una riunione per discutere che cosa dovevano fare di Coyote. Decisero di metterlo in un bricco d’acqua bollente e di scottarlo, perciò misero l’acqua a scaldare e legarono intanto Coyote sul lato della casa.
Dopo un po’ Coyote vide Volpe Grigia che stava venendo, oziando intorno al recinto della fattoria, in cerca di qualcosa da rubare all’uomo bianco.
Coyote la chiamò: «Cugina mia – disse – ci sono moltissime cose che stanno cuocendo per me in quella pentola», benché naturalmente il bricco stesse solo scaldando l’acqua in cui dovevano bollirlo.
Per convincere Volpe Grigia, aggiunse: «Ci sono patate, caffè, pane e ogni genere di cibo per me. Presto sarà pronto, e la gente bianca sta per portarmelo. Tu e io possiamo mangiarlo assieme, ma prima devi farmi un favore. Puoi metterti questa catena intorno al collo mentre vado a pisciare dietro quel cespuglio?».
Volpe acconsentì e, tirando via la catena da Coyote, se la mise lei intorno al collo. Coyote, appena fu fuori di vista dietro il cespuglio, se la squagliò.
Dopo un po’ l’acqua era pronta e bollente, e gli uomini bianchi vennero da Volpe Grigia: «Sembra rimpicciolito – disse uno di loro. – Che cos’è capitato? Dev’essersi ristretto, suppongo».
L’alzarono e la gettarono nella pentola. Subito l’acqua bollente la spelò, lasciandola rosso viva e senza peli. Le tolsero la catena e la gettarono sotto un albero, dove rimase immobile fino a sera.
Quando si fece scuro, si risvegliò e s’incamminò. E sia pure malconcia, Volpe Grigia riuscì comunque a giungere fino al campo di Orso e, stremata, con un filo di voce gli domandò: «Hai visto per caso Coyote?».
Orso rispose che Coyote era solito andare a bere a mezzanotte a una certa sorgente sopra il campo di Orso. Così Volpe Grigia corse alla sorgente e si appostò dietro un cespuglio.
Ed ecco, a mezzanotte in punto, Coyote venne come al solito alla sorgente, ma quando mise la testa nell’acqua per bere, Volpe Grigia gli saltò addosso: «Ora ti ucciderò e ti mangerò», disse.
La luna stava brillando in cielo e rifletteva il suo volto giù nell’acqua; e Coyote, indicando il suo riflesso, replicò: «Sciocca, non parlare in quel modo, mentre noi possiamo mangiare entrambi quella deliziosa focaccia cotta nella cenere, che sta laggiù sul fondo dell’acqua. Tutto quello che dobbiamo fare è di bere tutta l’acqua, poi possiamo tirare fuori la focaccia e fare festa».
Entrambi si misero allora a bere avidamente l’acqua, ma ben presto Coyote fece soltanto finta di bere.
Volpe Grigia bevve moltissimo e, quando fu piena, cominciò a raffreddarsi e a patire il freddo.
Allora Coyote prontamente le disse: «Cugina mia, degli uomini bianchi hanno abbandonato un accampamento quaggiù. Tu, non muoverti di qui, ché io vado a cercare qualche vecchio straccio, casomai una coperta imbottita, per avvolgerti. Aspettami!».
E così Coyote partì, e come fu fuori di vista, corse via.
In quanto a Volpe Grigia, essa sta ancora lì. Sta ancora aspettando Coyote.