Baudrillard – Il coltello di Zhuang-zi

Esempio perfetto di analisi, e della sua prodigiosa operatività quando essa supera la visione piena, sostanziale, opaca, dell’oggetto («all’inizio vedevo solo il bue»), la visione anatomica del corpo come edificio pieno, divisibile a piacimento, di ossa, di carne e di silhouette-donnaorgani, unificato dalla rappresentazione esteriore, e sul quale lavora il cuoco mediocre, il quale non fa che tagliare con la forza – per giungere a riconoscere l’articolazione del vuoto, della struttura di vuoti in cui si articola il corpo («guido il coltello nei grandi vuoti»).

Il coltello di Zhuang-zi non è un pieno che attraversa un pieno, è esso stesso un vuoto («il filo del coltello non ha spessore») che si articola su un vuoto («nei vuoti, c’è spazio più che sufficiente per il coltello»).
Il coltello che opera in tal modo al livello dello spirito analitico, non lavora sullo spazio che riempie il bue, quello attestato dai sensi, dagli occhi, ma secondo l’organizzazione logica interna del ritmo e degli intervalli. Se esso non si consuma, è perché non si dà uno spessore d’osso o di carne, una sostanza da vincere – è differenza pura che opera su una differenza – qui per disarticolare il corpo, operazione pratica, ma di cui si vede benissimo che si basa su un’economia simbolica che non è né quella di una conoscenza «oggettiva», né quella d’un rapporto di forze, ma quella di una struttura di scambio: il coltello e il corpo si scambiano, il coltello articola la mancanza di questo corpo, e con ciò stesso lo decostruisce secondo il proprio ritmo. […]

Mentre il discorso pieno, quello del cuoco mediocre, non fa che incidere anatomicamente in un’evidenza materiale, il coltello di Zhuang-zi non opera sul corpo: lo risolve, vi circola attentamente e con aria sognante («mi concentro, poi smetto di guardare, procedo molto lentamente»), vi avanza anagrammaticamente – non avanza cioè da un termine all’altro, da un organo all’altro giustapposti, collegati come le parole al filo d’una sintassi funzionale: così fanno il cuoco mediocre e il linguaggio della significazione.

Qui il filo del senso è diverso: esso scarta il corpo manifesto e segue il corpo sotto il corpo, come fa l’anagramma secondo il suo modello di dispersione e di risoluzione d’un termine, di un corpus princeps il cui segreto è l’articolazione diversa che corre sotto il discorso e tratteggia qualcosa – un nome, una formula – la cui assenza assilla il testo.
Questa formula del corpo, che sfida il corpo anatomico, il coltello la descrive e la risolve, fidandosi dell’efficacia del segno, della sua efficacia simbolica, della sua attitudine a scambiare vuoto con vuoto, e di questi vuoti a riscrivere lo spartito – riascoltandone il ritmo, che da sé si fa e si disfa in un incessante lavoro di risoluzione anagrammatica.

(Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte)