Hillman – Anima ed Eros

surreal-Anima-Eros

Nel cercare di mettere a nudo un’idea precisa e definita di Anima, dovremo stare attenti a non lasciarci fuorviare dai tratti descrittivi, quali che siano, che le vengono oggi attribuiti.
I primi da mettere in discussione sono i tratti erotici. Sull’archetipo di Anima, si sono venuti a depositare contenuti e sentimenti erotici; ma le appartengono poi necessariamente? […]

In contrasto con la profondità storica di Anima, Eros è eternamente giovane, non ha storia e addirittura spazza via la storia o se ne crea una sua, la sua «love-story». E mentre Anima si ritrae verso l’isolamento meditativo (il ritiro dell’anima), Eros cerca sempre nuove unioni.
Anche dove Jung parla di «quattro stadi dell’erotismo» e correla i quattro stadi della fenomenologia erotica con quattro stadi dell’Anima (Eva, Elena, Maria, Sofia), queste immagini femminili non sono l’eros, bensì gli oggetti del suo desiderio (pathos).
Abbiamo cioè una pulsione che ha una proiezione corrispondente, un fine a cui mira, un graal in cui raccogliere il suo sangue.

Le figure dell’Anima descritte da Jung possono rappresentare questi contenitori ed essere correlate ciascuna con una qualità di eros, ma non per questo sono l’eros. Non sono le lui-lei-colombeamanti, ma le amate; sono un riflesso dell’amore: gli strumenti attraverso i quali eros può vedere se stesso.
Quando il nostro desiderio viene rispecchiato da una compagna di scuola o da una suora infermiera, attraverso la specificità dell’immagine dell’anima riusciamo a conoscere qualcosa di più preciso sulla qualità del nostro desiderio.
Ma il desiderio non è la compagna di scuola, non è l’infermiera. Queste immagini sono ritratti dell’anima mediante i quali l’eros viene attratto dentro il campo psichico e può essere osservato come evento psichico. […]

Le fenomenologie tradizionali della nozione di anima, comprese le ampie descrizioni lunari di Anima in Jung, non presentano tratti marcatamente erotici. Esse non identificano Anima con eros né attribuiscono il principio dell’eros all’anima.
Inoltre, mentre Anima fin dall’epoca classica si riferisce a una funzione interna strettamente connessa con la vita umana e col suo destino, l’eros è un daimon, sta al di fuori e compie incursioni nella vita e nel destino.

Noi ci innamoriamo e ci disinnamoriamo continuamente, per opera sua siamo trascinati e redenti, oppure dannati, ma ciò su cui l’amore opera non è l’amore, bensì l’anima.
L’anima è il bersaglio della freccia, il combustibile del fuoco, il labirinto in cui l’eros intreccia la sua danza.
Vorrei sottolineare a questo proposito l’idea di struttura: Anima come struttura archetipica della coscienza.
In quanto tale, essa fornisce un modo d’essere nel mondo, un modo di comportarsi, di percepire, di sentire, che possiede una sua organizzazione specifica e che conferisce agli eventi l’importanza e il senso non già dell’amore, bensì dell’anima.
Premesso questo, che altro possiamo dire di questa struttura? Quali sono i tratti che la differenziano, se non sono di origine erotica?

Dalì-malinconia
Dalì – Malinconia

Anima è rivolta all’interno (e perciò «chiusa» e, nelle metafore religiose e poetiche dell’anima, «verginale»), è piena di dedizione e tuttavia volubile, è generosa e generativa, e tuttavia riservata (timida, vergognosa, ritrosa, pura, velata, tutte qualità presenti nelle ninfe vergini e in dee come Maria e Artemide).
A questa interiorità attiene un movimento verso il basso e in profondità (caverne, abissi, tombe), che nella fenomenologia di Core-Persefone la connette col regno degli inferi.

… anima non era il nome usuale dell’anima vitale fino a dopo la morte
(Onians, Le origini delle idee europee)

Anima porta con sé la nostra morte: la nostra morte abita nell’anima.
Ancora una volta, connotazioni come queste sono lontane da ogni idea dell’Anima come principio dell’eros, specialmente oggi che eros è giunto a significare (e non solo ad opera di Freud) la libido, l’impulso di vita contrapposto alla morte.
Questa coscienza è condizionata dagli umori, idea che nella fenomenologia mitologica è stata rappresentata con immagini di atmosfere naturali (nuvole, onde, distese d’acqua).
La coscienza improntata ad Anima promuove un mimetismo protettivo, l’attaccamento a qualcos’altro o qualcun altro al quale fa da eco. Ed ecco le ninfe dei boschi, che ninfe-nebbieappartengono agli alberi, le anime che si librano sulle acque, che parlano dalle forre e dalle grotte o levano il loro canto dalle scogliere e dai gorghi; e infine, quanto mai vivido, il succubo.

Che si concepisca Anima in coppia con qualcos’altro è insito già nella sua fenomenologia. Per esempio, la pensiamo legata al corpo o allo spirito, o nel mistero del rapporto madre-figlia, o nelle varie unioni di maschile e femminile, o come compensazione della Persona, o in complicità con l’Ombra, o come guida del Sé.
In queste coppie, come nell’immaginario mitologico, Anima è il partner che riflette; è lei che introduce il momento della riflessione nel mezzo di ciò che è dato per natura. Essa costituisce il fattore psichico della natura, un’idea che nell’800 venne chiamata «animismo».

Noi avvertiamo questo momento di riflessione nelle emozioni contrastanti costellate dai fenomeni Anima: la fascinazione unita al pericolo, il reverente timore unito al desiderio, la sottomissione ad essa come destino unita alla diffidenza, l’intensa consapevolezza che in quella direzione sta la mia vita ma anche la mia morte.
Senza queste emozioni che fanno fremere l’anima, i luoghi naturali e le vicende umane a cui è associata Anima non avrebbero un senso. Ma, poiché la vita, il destino e la morte non possono diventarci «consci», ecco che con Anima viene costellata una coscienza della nostra fondamentale dimensione inconscia.

In altre parole, la coscienza di questa struttura archetipica non è mai molto distante dalla «incoscienza». Il suo attaccamento primario è con lo stato di natura, con tutto ciò che esiste e basta (la vita, la morte, il destino) e che può essere soltanto rispecchiato ma non mai separato dalla sua impenetrabile opacità.
Anima si mantiene sempre molto vicina a questo campo dell’inconscio naturale: perciò vola basso come la farfalla. […]

Nonostante queste distinzioni tra eros e psiche, e la caratterizzazione di psiche come distinta da eros, rimangono pur sempre, però, le cortigiane che visitano i nostri sogni e anima-farfallache, sembrando eminentemente erotiche, danno fondamento fenomenologico alla nozione di Anima come eros.
Qui è d’uopo ricordare che non tutto ciò che è femminile è necessariamente Anima, né tutto ciò che è Anima è necessariamente venusiano.
Di solito la fenomenologia di Venere nei sogni e nelle fantasie viene nobilitata con l’epiteto di «anima», il che da un lato accentua l’aspetto afrodisiaco della psiche e dall’altro sminuisce Venere in quanto tale.

La prostituta in un sogno è una prostituta, e può assumere significato e importanza psicologici più profondi (si veda la «grande prostituta», meretrix, dell’alchimia) come immagine archetipica autonoma, senza che occorra identificarla con Anima, la mia anima padrona e signora, psicopompo del Sé; a meno che, s’intende, non sia numinosa e porti in sé tutte le magiche e conturbanti bipolarità da cui si riconosce l’archetipo di Anima: sia cioè vecchia e giovane, diafana e fisica, cultura e natura, innocente e abietta, intima e occulta.
Facciamo torto alla complessità di Anima chiamando «immagine dell’Anima» ogni passeggiatrice che attraversa i nostri sogni; e commettiamo una negligenza nei confronti di Afrodite come struttura autentica della coscienza quando la psicologizziamo facendone una «figura Anima».

(Hillman, Anima)