Il nome di Europa figura nella serie delle figlie di Oceano e di Teti, accanto ad altre spose di Zeus, e significa «colei che ha gli occhi ampi» o «il volto largo».
La storia che di lei si raccontava, aveva inizio in un paese orientale, la Fenicia, per continuare però con le nozze e con la discendenza di Europa in terra cretese. Si trattava di storie cretesi passate nella mitologia greca e che perciò, almeno brevemente, devono essere raccontate.
I narratori non erano d’accordo se Europa era la figlia o la sorella di quel re Fenice che aveva dato il nome alla Fenicia. La madre si chiamava Telefassa, «la lungi-splendente», o Argiope, «dal volto bianco». Il volto della madre e quello della figlia erano dunque come il volto della luna, mentre la parola phoinix allude al colore rossastro del sole.
Si raccontava che Zeus aveva visto Europa, mentre stava cogliendo dei fiori sulla riva del mare. Le si era avvicinato sotto le sembianze di un toro e l’aveva rapita.
Quel toro non era certamente un animale comune. In un dipinto vascolare esso aveva tre colori diversi. Secondo i poeti, il suo alito aveva il profumo dello zafferano. Doveva emanare un fascino particolare, se Europa si sedette volentieri sul suo dorso e si lasciò portare attraverso il mare.
I nostri pittori vascolari raffigurano Europa sul dorso del toro come una vera dea: con le ali o con un pesce in mano o con un fiore. Spesso la vediamo con tralci di vite, come se l’incanto di Zeus fosse stato in quel tempo identico a quello del dio-toro Dioniso.
A volte invece essa aveva in mano un cerchio, forse la sua collana che, si diceva, fosse il regalo di nozze di Zeus, confezionato da Efesto.
Così essi erano arrivati a Creta. Anche la grotta Dittea era ritenuta luogo delle nozze [era forse la più antica «grotta degli amanti»].
Nei pressi della città di Gortina si mostrava però un platano, sotto le cui fronde Zeus si sarebbe congiunto con Europa non più nella forma di un toro, bensì in quella di un’aquila.
Si parlava però anche di altri doni fatti da Zeus alla sua sposa; cioè di una lancia che colpiva qualunque bersaglio, e di esseri favolosi incaricati di custodire Europa. Uno di questi era un cane di bronzo. A Creta, del resto, si parlava anche di un cane d’oro, che avrebbe custodito prima la capra [nutrice] del bambino Zeus, e poi il suo santuario.
L’altro essere prodigioso era Talo, un gigante di bronzo che faceva il giro intorno all’isola tre volte al giorno o tre volte all’anno. Egli scagliava pietre contro gli stranieri. Tutto il suo corpo era di metallo e aveva un solo punto vulnerabile, un malleolo, o una venuzza che dal collo arrivava fino al malleolo ed era chiusa da un chiodo di metallo. Nella lingua degli antichi cretesi, che non parlavano ancora il greco, il suo nome significava «il sole», ed era il nome portato anche da Zeus quale Zeus Tallaios. Nella vicenda di Europa, per Zeus bisogna probabilmente intendere il dio cretese del sole.
Era questo dio che appariva anche nella forma di un toro o più precisamente era forse il dio cretese del cielo, sotto il suo aspetto più oscuro, quale dio del cielo notturno; poiché si raccontava ancora che Europa si fosse sposa a Creta con un re Asterion o Asterios, vale a dire col «re delle stelle».
Il dio-toro dei Cretesi portava questo nome non soltanto come padre di quei re che Europa partorì a Zeus, ma anche come figlio taurino della stessa famiglia, come si sentirà tra poco.

Si faceva il nome di tre figli di Zeus e di Europa; uno era il re licio Sarpedonte che era arrivato nell’Asia Minore da Creta. Le storie cretesi raccontavano qualcosa di più degli altri due figli: di Minosse, il saggio re terreno e legislatore di Creta, e del giusto Radamanto che regnava sulle Isole dei Beati.
Nella storia della famiglia di Minosse ritornano le nozze con un toro. Minosse aveva come sposa Pasifae, «colei che illumina tutto», figlia di Elio e di Perseide, il cui nome è un appellativo della dea lunare.
Si raccontava che Pasifae si fosse innamorata di un toro meravigliosamente bello e luminoso che un dio – Zeus o Poseidone – aveva mandato a Creta. Il toro veniva certamente dal mare, e perciò si chiamava Poseidon. Naturalmente si affermava che anche questo toro fosse stato Zeus.
Per gli antichi Cretesi, il toro era certamente una forma di apparizione del loro dio supremo. Secondo invece i nostri racconti più famosi, Pasifae si era innamorata di un toro vero e proprio.
Essa incaricò l’abile artefice Dedalo di fabbricarle una vacca artificiale, in cui si nascose. Il toro si lasciò ingannare e generò con la regina il Minotauro, il «toro di Minos» chiamato Asterio, un bambino con una testa di toro, che doveva essere tenuto nascosto.
Egli crebbe nel labirinto, una costruzione piena di meandri, inventata appositamente da Dedalo, finché non fu ucciso dall’ateniese Teseo – altro racconto delle leggende eroiche. […]
Secondo un’altra storia, la progenitrice Europa andò dalla Fenica in Beozia, e non a Creta. Zeus colà creò per lei una grotta, affinché nessuno, nemmeno gli dèi sapessero dove era nascosta la sua amante.
Il re Fenice mandò allora il fratello di Europa, Cadmo, a cercare la sorella. E questi, seguendo una mucca, segnata su entrambi i fianchi con una luna piena, fondò la città di Tebe.
In ogni caso, questa è la storia della vacca lunare vagante, la cui eroina, in un altro racconto, era chiamata Io, altra amante di Zeus. Essa era stata trasformata da Era in una vacca e veniva custodita da Argo dai molti occhi. Tuttavia Zeus l’amò in forma di toro.
Era la fece allora inseguire da un tafano, dalla regione greca di Argo fino in Egitto. Colà Io partorì a Zeus il figlio Epafo, che si affermava non fosse altro che il toro divino egizio Api.
Si affermava pure che Io fosse identica alla Iside egizia e che questa grande dea si fosse trasformata in una giovenca di tre colori, ora bianca, ora rossa, ora color della violetta (ion), parola che in greco suona simile a Io.
Tutto ciò sfiora i margini della mitologia greca, mentre il ratto di Europa richiama il ratto di Persefone.
(Kerényi, Gli dèi e gli eroi della Grecia, 1)