Heidegger – La chiacchiera

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Telemaco Signorini – Chiacchiericci a Riomaggiore

Il termine «chiacchiera» non ha qui alcun significato «spregiativo». Esso non fa che designare terminologicamente un fenomeno positivo che costituisce il modo d’essere della comprensione e interpretazione dell’Esserci quotidiano.
Perlopiù il discorso si esprime, e si è già sempre espresso, a parole. È linguaggio. E ciò che è espresso presuppone sempre la comprensione e l’interpretazione. Il linguaggio, in quanto espressione, porta con sé inscritta una interpretazione della comprensione dell’Esserci.
Questa situazione interpretativa non è qualcosa che si presenta occasionalmente alla portata del discorso, come non lo è il linguaggio: il suo essere è conforme all’Esserci. L’Esserci, innanzi tutto ed entro certi limiti, è completamente rimesso a questa interpretazione inscritta [nel linguaggio], che regola e ripartisce le possibilità della comprensione media e della relativa situazione emotiva. […]

Il discorso è comunicazione. La tendenza del suo discorrere è a coinvolgere nel senso del suo scorrere coloro che lo sentono, a renderli partecipi dell’attenzione a ciò di cui il discorso discorre.
E poiché il linguaggio espresso porta con sé anche la sua stessa comprensione «media», il discorso comunicante può essere compreso anche senza che colui che ascolta si collochi nella comprensione originaria di ciò sopra cui il discorso discorre.
Sburelin-orecchioPiù che di comprendere ciò di cui si discorre, ci si preoccupa di ascoltare ciò che il discorso dice come tale. L’oggetto della comprensione diviene il discorso, il «su che cosa» lo è solo approssimativamente e superficialmente. Si intendono le stesse cose, perché ciò che è detto è compreso da tutti nella stessa approssimazione media.

Il sentire e il comprendere sono anticipatamente già vincolati a ciò che il discorso dice. La comunicazione non «partecipa» il rapporto originario all’essere di ciò di cui si discorre; l’«essere assieme» si realizza nel «discorrere assieme» e nel prendersi cura di ciò che il discorso dice.
Ciò che conta è che si discorra.
L’«essere stato detto», l’enunciato, la parola, si fanno garanti dell’esattezza e della conformità alle cose del discorso e della sua comprensione.
E poiché il discorso ha perso, o non ha mai raggiunto, il rapporto originario con ciò di cui il discorso discorre, ciò che esso partecipa non è l’originaria appropriazione di questo «ciò», ma la diffusione e la ripetizione del discorso.

Ciò che è stato detto, si diffonde in cerchie sempre più larghe e ne trae autorità. Le cose stanno così perché così si dice.
La chiacchiera si costituisce in questa diffusione e in questa ripetizione del discorso, nelle quali l’incertezza iniziale in fatto di fondamento si aggrava fino a diventare infondatezza. Essa trascende il campo della semplice ripetizione verbale, per invadere quello della scrittura sotto forma di «scrivere pur di scrivere». In questo caso, la ripetizione del discorso non si fonda sul sentito dire, ma trae alimento da ciò che si è letto.
La capacità media di comprensione del lettore non sarà mai in grado di decidere se qualcosa è stato creato e conquistato con originalità o se è frutto di semplice ripetizione. La comprensione media non sentirà mai neppure il bisogno di una distinzione di questo genere, visto che essa comprende già tutto.

caos-mucchioLa totale infondatezza della chiacchiera non è un impedimento per la sua diffusione pubblica, ma un fattore determinante.
La chiacchiera è la possibilità di comprendere tutto senza alcuna appropriazione preliminare della cosa da comprendere. La chiacchiera garantisce già in partenza dal pericolo di fallire in questa appropriazione. La chiacchiera, che è alla portata di tutti, non solo esime da una comprensione autentica, ma diffonde una comprensione indifferente, per la quale non esiste più nulla di incerto. […]

La chiacchiera non è il risultato di un inganno voluto. Essa non ha il modo d’essere della consapevolezza. Le basta dire e ridire perché si determini il capovolgimento di un buco aperto in un buco otturato. Infatti, ciò che è detto viene senz’altro assunto come «dicente qualcosa»: basta aprire la bocca per chiacchierare.
La chiacchiera, rifiutandosi di risalire al fondamento di ciò che è detto, è sempre e recisamente un procedimento di chiusura.

Questa chiusura è ulteriormente aggravata dal fatto che la chiacchiera, con la sua presunzione di possedere sin dall’inizio la comprensione di ciò di cui parla, impedisce ogni riesame e ogni nuova discussione, svalutandoli o ritardandoli in modo caratteristico.

(Heidegger, Essere e Tempo, § 35)