C’era una volta un indio, sposato e padre di vari figli che erano ormai adulti, tranne l’ultimogenito che si chiamava Asaré.
Un giorno, mentre l’uomo era a caccia, i fratelli mandarono il loro beniamino a cercare la madre per indurla a venire nella casa degli uomini a tagliar loro i capelli e a dipingerli, almeno così dissero.
Quando ella giunse, la violarono a turno.
Denunciati da Asaré, i colpevoli ricevono dal padre una dura punizione.
Per vendicarsi, essi appiccano il fuoco alla capanna. I genitori si tramutano in sparvieri, della specie che predilige volare nel fumo dei focolari, e riescono a fuggire attraverso l’apertura del tetto.
Ormai soli al mondo, i figli decidono di partire per terre molto lontane.
Durante il viaggio Asaré soffre la sete, che l’acqua delle noci di tucum rotte dai fratelli non basta a saziare.
Un fratello si dà allora a scavare la terra col suo spiedo, e ne sgorga una tale quantità d’acqua che, nonostante gli incoraggiamenti dei fratelli, Asaré non riesce a berla tutta.
L’acqua forma una falda, che poco a poco dà origine all’oceano.
Frattanto, Asaré si ricorda di aver lasciato sull’altra riva una freccia pregiata. Attraversa allora a nuoto l’acqua, recupera la freccia e ritorna ancora a nuoto, quando nel bel mezzo del fiume si trova di fronte un coccodrillo, nato da una moltitudine di lucertole che egli stesso aveva ucciso durante il viaggio e che poi sono state trasportate dalla piena delle acque.
Asaré prega il coccodrillo di condurlo sino all’altra riva e, siccome quello si rifiuta, lo insulta e si beffa del suo brutto naso.
Nel frattempo, i fratelli scorgono la freccia che galleggia alla deriva e ne deducono che Asaré è annegato. Si rimettono dunque in cammino.
Asaré raggiunge la riva, incalzato dal suo persecutore. Si rifugia nel bosco, e vede dei picchi intenti a tagliuzzare la corteccia degli alberi per mangiare gli insetti che vi si trovano. Dietro sua richiesta, gli uccelli lo nascondono sotto un mucchio di cortecce e sviano il coccodrillo su una falsa pista.
Passato il pericolo, Asaré riprende la propria corsa, attraversa un secondo fiume dove incontra un altro coccodrillo, con le stesse conseguenze.
Egli può sfuggirli grazie alle pernici che stanno dissotterrando delle arachidi e che acconsentono a nasconderlo sotto la paglia.
La stessa cosa si ripete in occasione della traversata di un terzo fiume, ma questa volta Asaré si nasconde sotto le scorze dei baccelli di jatoba che alcune scimmie stanno mangiando.
Chiacchierona per natura, per poco una di esse non tradisce il segreto; una compagna le impone il silenzio colpendola alle labbra.
Infine Asaré arriva dallo zio Moffetta, che aspetta il coccodrillo a piè fermo e lo inonda del suo fluido nauseabondo.
Il coccodrillo muore asfissiato. Moffetta convoca i piccoli inhambù che trasportano il cadavere sino al fiume e lo gettano nell’acqua.
Asaré si stabilisce nella casa dello zio.
Quando si era formato l’oceano, i fratelli di Asaré avevano subito voluto farvi il bagno. E ancor oggi, verso la fine della stagione delle piogge, da occidente si ode il rumore che essi fanno sguazzando nell’acqua.
Poco dopo li si vede apparire in cielo, puliti e rinnovati, sotto le parvenze delle sette stelle Sururú, le Pleiadi.
(estratto da Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto)