… il cavaliere sodo dormiva
tra le cortine del letto nel freddo mattino.
Ma per amore la donna non si lasciava dormire,
né lasciava sopire il proposito suo
ch’era fisso nel cuore, e s’alzò presto, da lui si recò
con un gaio mantello che a terra giungeva,
foderato di pelliccia rasata.
Non aveva cappuccio sul capo, ma nobili gemme
ornavano la reticella in nodi di venti;
nudi il viso bello e la gola,
il seno scoperto e la schiena.
Viene dentro la stanza, chiude la porta,
apre la finestra e chiama il cavaliere,
lo motteggia allegra con nobili parole
così:
«Come puoi, cavaliere, dormire?
Così chiaro è il mattino».
Dormiva egli irrequieto,
ma poi la sentì.
Nel sonno pesante di sogni borbottava colui
travagliato da gravi pensieri:
come il destino doveva dargli il suo fato
alla verde cappella, quando avrebbe incontrato
quell’uomo e il colpo subìto senza far motto.
Ma quando la bella arrivò, riprese coscienza,
uscì dal sonno e presto rispose.
Sorrise dolce la donna, si piegò
sul bel viso baciandolo.
Egli le fece cortese accoglienza,
splendente la vede, nel suo vestito sì bella,
perfetta di tratti, di carnagione,
la gioia ardente il cuore gli scalda.
Con dolci sorrisi cortesi scivolano nell’allegria:
tutto era felicità che scoppiava tra loro,
e gioia.
Dissero molte parole,
v’era diletto infinito.
Grande pericolo tra loro, se Maria
non avesse ricordato il suo cavaliere.
Lo incalzava la nobile principessa così,
lo spingeva sul filo, ché necessità gli imponeva
di accettare il suo amore o rifiutarla sprezzante.
Per la sua cortesia temeva di mostrarsi villano,
e più ancora per il male che a sé avrebbe fatto
se avesse peccato tradendo il signore del luogo.
«Dio non voglia – disse – non deve accadere».
E con piccole risa affettuose eludeva
i discorsi d’amore che venivano dalla bocca di lei.
Diceva la donna: «Biasimo vi meritate
se non amate l’anima che accanto vi sta,
ferita nel cuore più che altra nel mondo,
a meno che abbiate un’amata più cara,
che vi piace di più,
cui avete dato la vostra parola,
legata a lei così forte
che non potete discioglierla: questo ora credo.
Ditemi questo sincero, vi prego: non nascondete,
per tutto l’amor sulla terra, la verità
con inganno».
Disse il cavaliere: «Per san Giovanni –
e gentile sorrise –
in fede, amata non ho
né per ora ne voglio».
«Quest’è parola peggiore di tutte – disse la donna. –
Ho risposta sincera che mi addolora.
Baciami ora con cortesia e via andrò.
Su questa terra, come chi molto ama,
non posso che piangere».
Si chinò sospirando, lo baciò amabilmente,
poi da lui si separa e in piedi gli dice:
«Ora che ci separiamo, caro, fammi questo favore,
dammi in dono qualcosa, solo il tuo guanto,
ch’io possa pensarti, lenire il dolore».
«Ora certo – Gawain rispose – vorrei avere qui
la cosa più cara che ho al mondo per amor tuo,
ché avete meritato ricompensa più grande
di quel che io possa offrire.
Ma darvi un pegno d’amore poco sarebbe,
non si confà al vostro onore
aver come dono di Gawain un guanto.
E io sono qui in missione per terre straniere,
non ho servi con borse e cose preziose.
Per il tuo amore m’incresce, signora:
deve ognuno fare secondo che può, non prendertela
a male».
«Ebbene, cavaliere cortese –
disse la bella signora –
se nulla ho da voi,
abbiate voi qualcosa da me».
Gli offrì d’oro rosso un anello prezioso
con una pietra luminosa stretta nel castone
che mandava raggi come il sole brillanti.
E vi assicuro che molto valeva.
Rifiutò il cavaliere, pronto dicendo:
«Non voglio, per Dio, alcun dono:
non ne ho nessuno da offrire,
non ne accetto nessuno».
Glielo porgeva insistente la donna, ma lui
rifiutava e giurava che non l’avrebbe mai preso.
E quella, dolente al diniego, gli disse:
«Se respingete l’anello
perché sembra troppo prezioso,
né volete essermi troppo obbligato,
vi darò la cintura, che è dono da meno».
Presto afferra una fascia fissata alla vita,
annodata sulla veste sotto il manto splendente.
Era di seta verde e d’oro finita
con ricami e ornamenti solo sui bordi.
Questa offrì al cavaliere, implorando gentile
che l’accettasse, seppure di poco valore.
Ed egli diceva che mai per nessuna ragione
avrebbe toccato né oro né tesoro prima che Dio
gli facesse la grazia
di compire l’avventura intrapresa.
«Vi prego perciò di non dispiacervi,
lasciate l’offerta, ché mai accettarla
potrò.
A voi sono molto obbligato
per la vostra bontà
e sempre nel bene e nel male
sarò vostro servo fedele».
«Rifiutate questa seta – disse allora la donna –
perché è povera in sé? Così sembra.
È piccola invero, e vale ancor meno.
Ma chi sapesse le proprietà che vi sono intessute,
forse le darebbe valore più grande.
Colui che si cinge di questa verde cintura
fintanto che stretta la porta alla vita
non c’è sotto il cielo chi abbatterlo possa,
con nessuna astuzia può essere ucciso».
Allora pensò il cavaliere, gli venne nel cuore,
che un gioiello sarebbe per il pericolo
che gli era assegnato,
quando alla verde cappella venisse
a ricever la sorte.
Per fuggire la morte sarebbe astuzia eccellente.
Fu paziente allora, lasciò ch’ella parlasse:
gli offriva la cintura la donna insistente.
Ed egli accettò: gliela diede lei volentieri,
lo pregò per suo amore di non rivelarlo,
di nasconderlo lealmente al signore.
Consente il cavaliere
che al mondo nessuno mai debba sapere alcunché
tranne loro.
Molto la ringraziò
col cuore e l’animo suo.
E lei per la terza volta
ha baciato il cavaliere tenace.
La donna prende commiato, lo lascia,
ché più gioia da lui non poteva ottenere.
Quando fu andata s’alza sir Gawain,
s’abbiglia di nobile veste, ripone
il laccio d’amore che la dama gli ha dato,
lo nasconde con cura dove possa poi ritrovarlo.
Presto si reca nella cappella,
avvicina un prete in privato:
lo pregò d’ascoltare la sua confessione,
insegnargli come salvare l’anima sua
quando avesse lasciato la terra.
Si confessò appieno, mostrò i suoi peccati,
i maggiori e i minori, e implora perdono,
chiede al prete l’assoluzione.
Quello lo ascolta e puro lo fece
come se il Giudizio fosse stato fissato
per il mattino seguente.
Poi Gawain tanto si rallegra con le nobili dame,
con belle carole e gioie infinite
come mai prima d’allora: fino alla notte scura
felice.
Ciascuno si dilettava di lui
dicendo: «Mai ha mostrato
da quando è venuto
tanta allegria».
Si stia il cavaliere in quel rifugio,
gli arrida l’amore!
Ancora è il signore nei campi
a proseguire il suo gioco.
Ha ucciso la volpe a lungo inseguita.
Quando, la briccona cercando,
balzò oltre una siepe
dove i cani udiva inseguirla veloci,
giunse correndo Renard tra i figli cespugli
e tutta la muta compatta ai calcagni.
Il signore scorse la volpe e cauto l’attese,
sguainò la spada brillante, la colpì.
Balzò quella di lato, pronta a ritrarsi,
ma un cane l’attacca prima che riesca,
e proprio ai piedi del cavallo
su di essa si gettano tutti,
me la turbano con terribile chiasso.
Smonta il signore veloce e l’afferra,
la strappa alla bocca dei cani,
la tiene alta sul capo, lancia un richiamo.
Gli abbaiano contro i cani, feroci.
S’affrettano a lui i cacciatori, coi corni
il raduno suonando finché non lo vedono.
Quando la compagnia fu riunita,
tutti quelli che avevano un corno
suonarono assieme, gli altri gridarono.
Era il suono più allegro del mondo,
l’alto clamore levato per l’anima
di Renard.
Compensano i cani,
le teste accarezzano e grattano.
Poi prendono Renard,
del pelo lo spogliano.
S’avviano a casa – era quasi la notte –
forte suonando nei corni potenti.
Il signore è infine smontato al castello che ama,
trova il fuoco nel focolare e lì accanto
sir Gawain il buono tutto felice
che tra le donne godeva della loro amicizia.
Una veste portava azzurra fino al terreno,
un mantello ben fatto, morbido, foderato di pelo,
e il cappuccio uguale gli scendeva alla spalla:
orlati ambedue di ermellino.
M’incontra quest’uomo in mezzo alla sala,
lo saluta festoso, cortese gli dice:
«Adempirò i patti per primo
che volentieri fissammo senza risparmio di vino».
Abbraccia il cavaliere e lo bacia tre volte
con tutto il vigore e il piacere che può.
«Per Cristo – dice l’altro – avete fortuna
nell’ottener mercanzia come questa,
se il prezzo era buono».
Ribatte rapido quello: «Non importa del prezzo,
ché in pubblico pago l’affare che ho fatto».
«Per Maria – ribatte il signore – io sono da meno,
tutto il giorno il cacciato e nulla ne ho avuto
se non questa squallida pelle di volpe,
se la porti il Demonio!
Ed è povera cosa per pagare il tesoro prezioso
che m’avete donato: tre baci
così belli».
«Basta – dice sir Gawain –
vi ringrazio, per la Croce».
E come la volpe fu uccisa
gli disse quello lì in piedi.
D’allegria e menestrelli e cibo in gran copia
si presero allora il migliore diletto,
e sorrisi di donne e discorsi scherzosi.
Gawain e il signore quanto potevano eran felici,
ma la compagnia non era né pazza né ebbra.
Scherzarono a lungo il signore e la corte,
finché giunse il momento di separarsi
e tutti finalmente andarono a letto.
Allora umilmente prende commiato dal signore
il cavaliere, lo ringrazia cortese:
«Per il soggiorno che ho avuto splendido qui,
l’onore a questa festa, l’Alto Re vi compensi!
A voi mi do, se vi piace, come servo,
in cambio d’un uomo,
perché devo, sapete, partire domani,
se mi date chi, come avete promesso, m’insegni
la strada per la verde cappella
ove Dio vorrà che io riceva
il giorno di Capodanno il decreto del fato».
«In verità – rispose il signore – volentieri
tutto quel che ho promesso farò».
Gli assegna un servo a mostrargli la via
e guidarlo sui colli ché non avesse ritardo,
passasse al più presto tra i boschi
e le fratte.
Ringraziò Gawain il signore
che così l’onorava;
poi dalle nobili dame
s’accomiatò il cavaliere.
Dice loro parole dolenti e le bacia,
le ringrazia più volte di cuore,
e pronte ricambiavano quelle,
lo raccomandavano a Cristo con mesti sospiri.
Si separa quindi cortese dalla compagnia,
tutti quelli che incontra ringrazia
per i loro servigi e la gioia
e le cure nel compiacerlo mostrate.
E ognuno era triste a separarsi da lui,
come sempre avessero in onore vissuto
con quel cavaliere.
Con servi e con lumi fu condotto al suo letto
e lì coricato per prender riposo.
Se dormisse profondo dire non oso,
ché molti aveva per il mattino seguente
pensieri.
Lasciamo che giaccia in silenzio,
quel che cerca ha quasi raggiunto.
Se quieti un poco sarete,
vi dirò ciò che fecero.
(Sir Gawain e il Cavaliere Verde, 1731-1997)