Come ha mostrato Keplero nel suo Mysterium cosmographicum, il cubo era la figura geometrica di Saturno: è questo il motivo dell’insistente presenza di pietre cubiche e di arche cubiche.
Ovunque, la potenza che mette sull’avviso «Noè» incitandolo a costruire l’arca è Saturno, nella persona di Yahweh, di Enki, di Tane, ecc.
Il canestro usato come tappo da Sigu era evidentemente una versione ridotta del cubo visto attraverso la fantasia di popolazioni indigene intrecciatrici di canestri.
Ciò porta alla conclusione che l’arca di Noè in origine contribuisse in modo ben preciso a far cessare il diluvio. Una conclusione interessante e inaspettata, per gli studiosi della Bibbia.
Uno dei grandi motivi del mito è quello dell’albero meraviglioso, così spesso descritto come alto fino al cielo. Di alberi simili ce ne sono molti: il frassino Yggdrasill nell’Edda, la quercia che oscura il mondo nel Kalevala, la quercia-mondo ammantata di stelle di Ferecide, l’Albero della Vita nell’Eden. Inoltre, questo albero viene sovente abbattuto.
L’altro motivo è quello della pietra di fondazione che talvolta si trasforma in arca cubica.
Occorre una certa pazienza per affrontare la pietra cubica che si trova in mezzo al mare, sotto la quale dimora un misterioso personaggio le cui sembianze vanno da quelle di un pesce miracoloso – a volte addirittura una balena – a quelle di un «fuoco verde», il «re di tutti i fuochi», il «fuoco centrale», fino a quello del Diavolo in persona.
Le fonti principali per quest’ultimo sono le formule magiche finlandesi e russe, «superstizioni» («avanzi») che sono frammenti paleolitici duri come selci, racchiusi nella più morbida struttura dello strato di deposito storico: il materiale magico è refrattario alla modificazione appunto perché resiste all’erosione da parte del buon senso.

Queste formule magiche, ad esempio, vennero inglobate in un contesto cristiano a mano a mano che le singole popolazioni si convertirono, ma rimangono come testimonianze di una comprensione del cosmo assai diversa.
Ad es., i runot finlandesi sull’origine dell’acqua affermano che «tutti i fiumi vengono dal Giordano, nel quale rifluiscono tutti i fiumi» e ancora che «l’acqua ha la sua origine nel vortice del sacro fiume – è l’acqua ove si bagna Gesù, le lacrime di Dio».
Le formule scandinave, dal canto loro, dicono che Cristo «ostruì il Giordano» o «Mare di Noè», cosa che a sua volta collima col Pastore di Erma, dove Cristo viene paragonato a una «montagna cubica».
Con questi precedenti non sembrerà strano che la Croce diventi «l’albero nuovo», segnacolo di nuovi incroci, e per constatarlo non occorrerà spingersi fino in Russia.
Nei famosi affreschi aretini di Piero della Francesca che illustrano l’«Invenzione della Vera Croce» abbiamo innanzitutto la morte di Adamo adagiato ai piedi dell’albero; da questo albero verrà il legno col quale sarà fatta la Croce; infine sant’Elena, madre di Costantino, vede la Croce in sogno e fa dissotterrare il legno destinato a divenire la più santa delle reliquie.
Piero non dipinse nulla che non appartenesse alla più schietta tradizione medioevale. E questo è, si potrebbe dire, terreno delicato […].

La ricerca di Mansikka sulle formule magiche russe contiene una notevole quantità di dati sulle creature sottomarine. Dal momento che il materiale si trova frammisto alla prepotente interpretatio cristiana dell’autore, è quasi impossibile mettere le mani sui fatti nudi e crudi; tuttavia si può affermare almeno questo:
In mezzo al «Mare azzurro» (oppure: «in mezzo alla terra intera») si trovava (a) un’isola, detta solitamente Bujan, dalla stessa radice di «boa», che è il «centro del potere celeste» e sulla quale c’è un albero, oppure una pietra, o un albero sopra una pietra, o anche a volte la croce o la stessa «Montagna di Sion»; altrimenti vi si trova (b) la «Pietra d’altare bianca», una pietra «di fuoco» che poggia sull’ombelico del mare senza essere sostenuta da un’isola; sotto questa pietra c’era «un fuoco verde, il re di tutti i fuochi» ovvero «un fuoco eterno, inestinguibile» che «deve essere procurato da sotto la pietra» (non ci viene detto a che scopo ci si debba procurare il fuoco da quel luogo, il testo dice solo «per bruciare»).
A volte si dice che questa pietra – anche se si tratta di una pietra «santa», della «Pietra d’altare» o addirittura del «Trono di Cristo» – era la «dimora del Diavolo in persona». In altre formule si sottolinea che questo fuoco «ustiona e brucia il potere decaduto e impuro del Diavolo».
Fintantoché questo fuoco inestinguibile rimarrà sotto la pietra non ci sarà nessun pericolo; c’è anche una formula tedesca che dice: «Nel giardino di Cristo c’è un pozzo, nel pozzo c’è una pietra, sotto la pietra giace il serpente d’oro»…
(Santillana-von Dechend, Il mulino di Amleto)