Al principio del mondo il grande spirito Makunaima creò gli uccelli e gli animali e pose a regnare su di loro il proprio figlio Sigu.
Fece inoltre scaturire dalla terra un albero grande e davvero prodigioso, che produceva una specie di frutta diversa su ciascun ramo mentre intorno al tronco crescevano a profusione banane dolci, banane verdi, cassavi, mais e cereali di ogni tipo; intorno alle radici crescevano fitti gli ignami: in breve, tutte le piante che ora si coltivano sulla terra crescevano rigogliose e nella più grande abbondanza su o intorno o sotto quell’albero meraviglioso.
Per diffondere in tutto il mondo i benefici dell’albero, Sigu decide di abbatterlo e di piantarne talee e semi dappertutto, cosa che fece con l’aiuto di tutti gli animali e gli uccelli, tutti ad eccezione della scimmia bruna, che, essendo a un tempo pigra e dispettosa, si rifiutò di collaborare alla grande opera di trapianto.
Sicché, per tenerla buona, Sigu la mandò a prendere acqua al ruscello con un canestro a maglie larghe, prevedendo che tale compito avrebbe tenuto occupate per parecchio tempo le sue mal spese energie.
Nel frattempo, continuando nella faticosa impresa di abbattere l’albero miracoloso, scoprì che il ceppo era cavo e pieno d’acqua e vi nuotavano ogni sorta di pesci d’acqua dolce appena nati.
Sigu nella sua benevolenza decise di distribuirli in tutti i fiumi e i laghi del mondo, e su scala tanto vasta da far brulicare ogni acqua con ogni sorta di pesci.
Ma questo generoso proposito venne inaspettatamente frustrato, perché l’acqua della cavità, collegata com’era alla grande cisterna situata in un punto delle viscere della terra, incominciò a tracimare; e per fermare l’inondazione crescente Sigu coprì il ceppo con un canestro a maglie strette che ottenne l’effetto desiderato.
Disgraziatamente, la scimmia bruna, stanca del suo futile compito, fece ritorno di soppiatto e, incuriosita dal cesto capovolto, s’immaginò che nascondesse qualche ghiottoneria. Così lo sollevò pian piano e vi sbirciò sotto, e il diluvio si riversò fuori spazzando via la stessa scimmia e allagando tutto il paese.
Sigu, raccolti intorno a sé gli animali rimasti, li condusse sui punti più alti della regione, dove crescevano alte palme da cocco.
Fece salire uccelli e animali rampicanti sugli alberi più alti, e quanto agli animali che non sapevano arrampicarsi e non erano anfibi, li rinchiuse in una caverna dall’entrata strettissima, che sigillò con cera; diede poi agli animali che stavano dentro una lunghissima spina con cui bucare la cera per accertarsi quando l’acqua fosse defluita.
Dopo aver preso queste misure per la preservazione delle specie più indifese, salì con le altre creature sul palmizio e si rannicchiò tra i rami.
Nelle tenebre e nell’oscurità che seguirono, tutti patirono intensamente il freddo e la fame; gli altri sopportarono le loro sofferenze stoicamente, ma la scimmia urlatrice rossa espresse il suo tormento con grida così terribili che le si gonfiò la gola, e da allora le è rimasta dilatata; per lo stesso motivo ancor oggi essa ha in gola una specie di tamburo osseo.
Frattanto Sigu lasciava cadere di quando in quando i semi della palma nell’acqua, per misurarne la profondità dal tonfo. Man mano che l’acqua calava, l’intervallo di tempo tra il lancio del seme e il tonfo aumentava; infine, invece del tonfo, Sigu, teso in ascolto, udì il colpo sordo dei semi che cadevano sulla terra soffice.
Seppe allora che il diluvio si era ritirato, e insieme con gli animali si preparò a scendere. Ma l’uccello-trombettiere aveva una tal furia di venir giù che finì dritto filato in un formicaio e gli insetti affamati gli si attaccarono alle zampe rosicchiandole fino all’osso: ecco perché ancor oggi l’uccello-trombettiere ha zampe tanto sottili.
Di questo orribile esempio approfittarono gli altri animali, che scesero dall’albero con cautela e senza incidenti.
Sigu allora strofinò assieme due pezzi di legno per fare il fuoco, ma mentre produceva la prima scintilla, gli avvenne di guardare da un’altra parte e il tacchino selvatico, scambiando la scintilla per una lucciola, la trangugiò e se ne volò via.
La scintilla bucò il gozzo dell’ingordo volatile, ed ecco perché ancor oggi i tacchini hanno barbigli rossi sulla gola.
In quel mentre l’alligatore se ne stava lì da un lato e non faceva male a nessuno, ma, chissà perché, era un personaggio antipatico e tutti gli altri animali l’accusarono di aver rubato e inghiottito la scintilla.
Per ricuperare la scintilla dalle fauci dell’alligatore, Sigu gli strappò via la lingua, ed ecco perché ancor oggi gli alligatori sono praticamente privi di lingua.