Per rendere conto del passaggio dalla natura alla cultura, i Gé ricorrono a due serie mitiche strettamente parallele. Nel primo caso la cultura comincia con il furto del fuoco al giaguaro; nel secondo caso con l’introduzione delle piante coltivate.
Ma ovunque l’origine della vita breve è collegata all’avvento della vita civilizzata, la quale è concepita essenzialmente come cultura quando si tratta dell’origine del fuoco, essenzialmente come società quando si tratta delle piante coltivate.
Infine, a seconda dei gruppi, l’apparizione della vita breve è collegata sia all’origine del fuoco e della cultura (Apinayé), sia a quella delle piante coltivate e della società (altri Gé); nella Guayana e nel Chaco, essa è inoltre collegata all’origine dell’acqua e alla (distruzione della) società. […]
Abbiamo ammesso reiteratamente, in modo più o meno esplicito, che il pensiero mitico sudamericano distingue due tipi di acqua: un’acqua creatrice, di origine celeste, e un’acqua distruttrice, di origine terrestre. Analogamente, ci sarebbero due tipi di fuoco: uno celeste e distruttore, l’altro terrestre e creatore, che è il fuoco di cucina.
In realtà le cose sono più complesse, ma prima è opportuno approfondire il senso dell’opposizione fondamentale, ossia quella dell’acqua e del fuoco. […]
Forzando minimamente i testi, si potrebbe dire che l’eroe timorato porta agli uomini una vita delimitata, mentre l’eroe sfrontato porta loro una promessa di risurrezione.
Questa opposizione fra vita prolungata e vita abbreviata da una parte, morte e risurrezione dell’altra, sembra isomorfa a quella che scorgiamo fra miti che ora sono soltanto miti sull’origine della cucina (≡ fuoco) o delle piante coltivate (≡ acqua), ora, correlativamente, miti sull’origine del fuoco e dell’acqua.
Cominciamo con lo stabilire, per mezzo di un lemma, che nel pensiero indigeno esiste una relazione come:
fuoco = acqua (-1)
Uno dei più diffusi miti sudamericani, la cui presenza nei Gé è stata accertata, ha come tema una sfida che si lanciarono sia i gemelli mitici Sole e Luna, sia il formichiere e il giaguaro, a proposito dei relativi regimi alimentari.
A seconda delle versioni, questi regimi consistono rispettivamente in frutti maturi e in frutti acerbi, in carne (cibo crudo) e in formiche (cibo putrido), in cibo animale e in cibo vegetale, ecc.:
(Sole : Luna; formichiere : giaguaro)
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(putrido : crudo; maturo : acerbo; vegetale : animale …)
A parte questa differenza, il grande formichiere e il giaguaro potrebbero essere definiti intercambiabili. Il folclore brasiliano è ricco di racconti che pongono sullo stesso piano i due più potenti animali del «sertão»: uno per il morso delle sue zanne, l’altro per la stretta delle sue zampe anteriori.
Così, si racconta che nella savana il giaguaro sconfigga sempre il formichiere, mentre nella foresta succede il contrario: il formichiere si rizza appoggiandosi a un tronco con la coda, e soffoca il giaguaro fra le sue zampe.
Ogni animale asserisce dunque di mangiare il cibo più «forte»: per risolvere il conflitto, essi decidono di defecare con gli occhi chiusi, in modo da confrontare poi i loro escrementi.
Il formichiere afferma di avere delle difficoltà nell’eseguire la prova stabilita, e approfitta del ritardo per cambiare furtivamente i suoi escrementi con quelli del giaguaro.
Ne nasce una lite, durante la quale il formichiere strappa gli occhi al giaguaro.
La versione Kayua di questo racconto è particolarmente istruttiva, in quanto collega la rivalità del giaguaro e del formichiere al tema del giaguaro signore del fuoco, che sin dall’inizio serve da filo conduttore delle nostre ricerche.
Secondo l’informatore che la raccontò a Schaden, la connessione è ancora più forte di quanto appaia immediatamente, giacché, se avesse recuperato il fuoco rubato dagli animali, il giaguaro se ne sarebbe servito per incendiare la terra. La perdita che il giaguaro subisce dei suoi occhi originari («dove brillava il riflesso del sole») suggella l’ammonimento rivolto all’umanità contro questo pericolo: ormai anche gli occhi del giaguaro sono «pura agua», nient’altro che acqua …
Come si deve allora interpretare la connessione fra il gioco degli escrementi e il gioco degli occhi?
Abbiamo detto che, fatta eccezione per i loro regimi alimentari antitetici, il giaguaro e il formichiere sono permutabili. Orbene, sotto il profilo della permutabilità, fra gli escrementi e gli occhi c’è un’antitesi per così dire anatomica: gli escrementi costituiscono una parte del corpo eminentemente permutabile, dal momento che esistono solo per abbandonarlo, mentre gli occhi sono inamovibili. Il mito pone dunque simultaneamente:
a) fuoco = acqua (-1)
b) giaguaro = formichiere (-1)
c) escrementi = occhi (-1)
Se gli escrementi, ma non gli occhi, sono interscambiabili, ne risulta che lo scambio degli occhi (a differenza dello scambio degli escrementi) non può consistere in un mutamento di proprietario, con invarianza delle parti del corpo, ma in mutamento di parti del corpo, con invarianza del proprietario.
In altri termini, nel primo caso il giaguaro e il formichiere scambiano i loro escrementi; nel secondo il giaguaro scambia con se stesso i propri occhi: perde i suoi occhi di fuoco, che si confacevano alla sua natura di signore del fuoco; e, poiché ha perduto il fuoco, esso li sostituisce con occhi d’acqua, che è il contrario del fuoco.
(Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto)