Kayua – La sfida del giaguaro e del formichiere

Una volta, approfittando di una sua assenza, il coniglio e il rospo rubarono il fuoco al giaguaro. La cicala che aveva assistito al furto, si affrettò a informare il giaguaro che, il giaguaro-grugnofuoco, i ladri l’avevano portato sull’altra sponda del fiume.
Il giaguaro, disperato, scoppiò a piangere, e non c’era verso di consolarlo della grave perdita (il fuoco gli era stato rubato per sempre), sennonché si trovò a passare di lì per caso un formichiere, che vedendolo così afflitto, invece di dargli conforto, lo stuzzicò.

«Tu piangi – gli disse – solo perché, in fondo, sai che senza il fuoco non sarai più capace di mangiare la carne cruda: sarebbe un cibo troppo forte per il tuo palato!».
Irritato da queste sue parole, il giaguaro gli obiettò: «Senti un po’ chi parla! che ne puoi sapere tu di cibi forti, tu che ti nutri di larve e di formiche?».

La discussione durò per un bel po’, finché i due non si accordarono di passare dalle parole ai fatti, e di verificare dagli escrementi la forza della loro dieta.
«Basta con le chiacchiere! – disse il giaguaro. – Ora, noi due ci mettiamo a defecare, e così l’uno vedrà coi suoi occhi che cosa è stato capace di mangiare l’altro!».
E così si appostarono, ciascuno presso il suo cespuglio, per produrre la prova delle loro vanterie alimentari.

Il formichiere, sapendo che così il giaguaro l’avrebbe smascherato, disse di essere afflitto da un po’ di stitichezza, e che lui, per defecare, ci avrebbe messo più tempo.
«Abbi pazienza e aspettami!», disse al giaguaro che, essendosi già svuotato, lo sollecitava in continuazione: «dai! dai! dai!».
In realtà, il formichiere aveva trovato questa scusa solo per distrarlo. Parlava, ma nel frattempo, senza farsi vedere, stava a scambiare le sue feci con quelle del giaguaro. E formichierequando ebbe fatto lo scambio, sbucando dalla boscaglia, con aria trionfale disse al giaguaro: «Ecco, guarda coi tuoi occhi!», e gli indicò gli escrementi che gli aveva sottratto.

Per rifarsi, il giaguaro gli propose allora un altro gioco.
«Giochiamo – disse – a chi è capace di lanciare più in alto i propri occhi fuori dalle orbite!».
«D’accordo», rispose il formichiere, e subito scaraventò in cielo i propri occhi, che dopo un po’ ricaddero al loro posto.
Ma quando fu il giaguaro a lanciarli in aria, gli occhi gli rimasero appesi in cima a un albero.

No, non era la sua giornata! Dopo il fuoco, il giaguaro aveva ora perso pure gli occhi. Se prima piangeva, ora non aveva neanche più gli occhi per piangere!
Il formichiere ne ebbe compassione, e gli disse: «Amico, aspetta! corro in cerca di un guaritore».
E, così detto, s’inoltrò nella foresta, e quando finalmente incontrò l’uccello macuco, così a lui parlò: «Io e il mio amico stavamo giocando a un gioco di destrezza, a chi più in aria era capace di lanciare i suoi occhi. Ma ricadendo gli occhi del mio amico sono rimasti appesi a un albero. Vuoi essere così buono da rifare gli occhi al giaguaro?».
L’uccello macuco glieli rifece: gli fece degli occhi d’acqua e disse: «con questi il tuo amico giaguaro potrà vedere nell’oscurità».

Da allora il giaguaro esce solamente di notte.
Ha perduto il fuoco, e mangia carne cruda.
Poiché gli è debitore, non attacca mai l’uccello macuco.

(estratto da Lévi-Strauss, Il crudo e il cotto)